«Le pale eoliche nel mare di Bosa uno sfregio a economia e paesaggio del nord ovest sardo»
Trentadue torri alte 355 metri: la comunità della Planargia si schiera contro il progetto Mistral. Le voci di politica e imprenditoriRappresentanti dell’amministrazione comunale e esponenti del mondo imprenditoriale a confronto sul mega progetto eolico Mistral, che -se autorizzato - porterebbe all’installazione di 32 pale alte 355 metri nel tratto di mare davanti alla costa di Bosa. Nella sede centrale dell’Unione Sarda gli imprenditori Giacomo Forte, Gianmichele Columbu, Elio Grigoletto, Daniel Pinna e l’assessore comunale al Turismo Francesco Mannu hanno risposto alle domande dei giornalisti Enrico Fresu, Michele Masala e Paolo Paolini.
Trentadue pale eoliche alte 355 metri davanti alle coste di Bosa: se il progetto Mistral fosse approvato come cambierebbero pesca, agricoltura, turismo e paesaggio?
Marco Francesco Mannu (assessore comunale al Turismo): «La Sardegna vende al mondo il suo paesaggio, è naturale che faccia un grande sforzo per tutelare le peculiarità ambientali. Questo parco eolico sarebbe un ostacolo definitivo allo sviluppo. Oggi la speculazione si ammanta del concetto green, la transizione ecologica è diventata qualcos’altro, stravolgendo l’idea di partenza. Le comunità energetiche che consentirebbero di produrre e consumare in loco con vantaggi per i cittadini cedono il passo a mostri come il Mistral che invece ha solo ricadute negative e devasta il paesaggio».
Daniel Pinna (imprenditore nautico): «Ho a cuore la Sardegna, le coste e il paesaggio, alcune strade con un panorama unico: quella tra Bosa e Alghero è una delle litoranee più vergini d’Europa. Tutto è stato conservato con cura e ora vogliono avviare la devastazione che allontanerebbe definitivamente i turisti. Compresi i velisti, preoccupati di dover attraversare una rete così fitta di pale eoliche, magari di notte: dove il diportista vede rischi non va, sceglie un altro posto. Mi duole perché abbiamo lavorato tanto con Stintino e Alghero per dare un senso a questa costa. Uno scempio del genere non è facile da spiegare a chi da sempre rispetta norme rigide in nome della tutela del paesaggio: siamo passati dal blocco totale nella fascia vicina al mare al via libera a impianti ciclopici. Ci sono interessi economici enormi, ma non è impossibile fermare le pale».
Gianmichele Columbu (viticoltore): «Io produco malvasia, uno dei dieci vini ossidativi al mondo, ovviamente è necessario un certo terroir che non può essere stravolto. Da agricoltore non sono contrario alla transizione energetica. Ovviamente i miei colleghi e io l’abbiamo immaginata in modo diverso, sostenibile, con mini e micro impianti che offrono un supporto vitale, magari per tirar su l’acqua da falde sempre più profonde. Nulla a che vedere con le torri enormi che vorrebbero erigere nel nostro mare».
Giacomo Forte (agente immobiliare): «Sono nato e cresciuto a Bosa, come tanti coetanei mi sono lamentato per anni della lentezza con cui procedeva lo sviluppo economico tra problemi, paletti, ostacoli burocratici anche per aprire una nuova finestra. Oggi vendo soprattutto seconde case, gli acquirenti sono spesso stranieri attratti dalle bellezze locali, dall’unicità della zona. Quanto durerà? Il vero tema è l’arroganza senza limiti di questa multinazionale che può e vuol fare ciò che le pare, spingendosi oltre l’immaginabile con una speculazione economica e finanziaria senza una briciola di sviluppo organico. In questo scontro siamo troppo piccoli, troppo poveri, troppo marginali, ti chiedi che senso ha restare qui, quale sarà il futuro? La nostra economia è legata al turismo, io vendo l’85 per cento degli immobili ai non residenti. Dal settore turistico dipende quello edilizio, che lavora alle ristrutturazioni. Se crolla l’industria delle vacanze viene giù anche il resto».
Elio Grigoletto (imprenditore): «La situazione di Bosa e della Planargia è unica nel contesto sardo, l’identità è stata preservata con lo sviluppo di un turismo saggio. Un intervento del genere modificherebbe la percezione che tutti hanno del territorio con conseguenze molto gravi. Immaginate luci e lucine che di notte segnalano le pale a navi e aerei: chi vorrebbe andare in vacanza in un paesaggio del genere? Il mio eventuale investimento per un nuovo hotel a Bosa? Sono positivo, rimane la forte preoccupazione ma spero di riuscirci».
Avete incontrato i rappresentanti delle aziende? Chi sono? Quali proposte vi hanno fatto?
Mannu: «Nessuno ha pensato di contattarci. La brutta notizia è che il Ministero ha rigettato la nostra richiesta di indizione pubblica, sbarrando la strada che avrebbe portato a un confronto diretto tra la popolazione e la multinazionale».
Pinna: «Sarebbe stato corretto incontrare i tecnici che hanno messo nero su bianco il progetto, per fare le valutazioni insieme. Mi risulta che in quella zona si peschino scampi e gamberi, ma evidentemente non interessa la posizione dei pescatori. L’80 per cento dei clienti che hanno le barche di un certo livello, dai dieci metri in sù, non sono sardi: scelgono di venire qui per l’unicità di Bosa: andranno da altre parti. Ci avessero detto, chessò, vi garantiamo gli spostamenti gratis, le bollette scontate, invece niente, nessun beneficio. Tra vent’anni cosa sarà di queste pale? Chi le smaltirà, chi le recupererà se cadranno a pezzi in mare?
Columbu: «Nessun contatto. Bosa è parte di una città diffusa, c’è una sinergia che abbraccia anche Alghero. Il nostro appeal è l’ambiente, il grifone, il nostro condor sardo. Se cambi i connotati, si spezza la magia. In un prossimo futuro non vorrei trovarmi a imbottigliare speranze, vorrei continuare a parlare di vino, legandolo alla sostenibilità che abbraccia ogni angolo del territorio».
Forte: «Non ho ricevuto richieste di incontro e mi sarei stupito del contrario. La sensazione è quella di una differenza abissale tra le dimensioni in campo: queste società sono giganti e noi, tutti noi, solo atomi. Fanno ciò che vogliono animati da un’insopportabile tracotanza».
Grigoletto: «Mi auguro che la comunità reagisca. Fermare questo progetto è un obiettivo che ci dobbiamo dare tutti. I politici delegati dai cittadini devono trovare soluzioni alternative per produrre la quota di energia che è stata assegnata alla Sardegna opponendosi con fermezza al Mistral».
Dove mettereste i nuovi impianti? Cosa pensate delle comunità energetiche?
Mannu: «I grandi parchi eolici? Penso alle zone industriali da bonificare, i tecnici diranno quali e perché. Come amministrazione comunale stiamo lavorando alla progettazione della comunità energetica».
Pinna: «Nelle tante zone compromesse dalle fabbriche che purtroppo sono state abbandonate».
Columbu: «Darei a queste aziende l’onere di bonificare le aree inquinate per poi installare gli impianti».
Forte: «La mente corre ai posti degradati da interventi che – come sarà per il Mistral – non hanno portato vantaggi duraturi. Vent’anni fa, quando si prospettavano le prime possibilità di produrre energia da fonti naturali, l’idea di fondo era affrancarsi da una rete pubblica costosa, non efficiente. Oggi parliamo d’altro, l’obiettivo è mutato: sotto la bandiera della transizione ecologica si nasconde la più abietta speculazione. Questa operazione ha un costo sociale enorme e porterà ricavi e profitti solo nelle tasche di chi fa l’investimento, mentre le comunità energetiche sono una possibilità concreta, anche se gli ostacoli burocratici sono sicuramente enormi rispetto alle facilitazioni garantite ai maxi progetti speculativi».
Grigoletto: «Gli esperti devono individuare i posti più adatti, magari in angoli già compromessi. Invece le comunità energetiche sono un’operazione interessante per produrre energia, è una strada da percorrere».
Come si può fare concretamente per bloccare il progetto?
Mannu: «Una norma europea stabilisce che gli impianti offshore non devono essere visibili da terra. In certi giorni di bel tempo da Bosa si possono osservare Capo Caccia che dista 24 miglia e l’isola di Mal di Ventre, lontana 18 miglia, figuriamoci l’impatto di queste pale così alte a 15 miglia. Dobbiamo batterci affinché la norma sia rispettata. Non bocciamo la produzione di energia da fonti rinnovabili, ma solo il primo, vero tentativo di distruggere la Sardegna e tutte le regioni italiane con progetti ambientalmente e paesaggisticamente insostenibili».
Pinna: «Le armi a disposizione le conosciamo: protestare pubblicamente e fare pressioni sui nostri rappresentanti per impedire questo scempio, magari lavorando con la facoltà di ingegneria di Cagliari che ha già fatto molti studi sul settore. I sardi devono mostrarsi uniti, almeno una volta, per andare verso le energie rinnovabili senza saccheggiare l’ambiente».
Columbu: «Il passare dei giorni gioca a nostro sfavore. Le proposte operative devono arrivare in tempi umani, prima che sia troppo tardi».
Forte: «Cosa fare? Sicuramente unirsi, oggi più che mai, è un presupposto che non si può trascurare».
Grigoletto: «Gli ambientalisti dove sono? Credo che sia necessaria la loro presenza, la loro voce si dovrebbe levare forte e chiara davanti al rischio enorme che corrono Bosa, la Planargia e tutta la Sardegna».
Enrico Fresu
Michele Masala
Paolo Paolini