Più del 90% delle strade e delle piazze sono dedicate ovunque a uomini: a Solarussa però si cambia.

Lo ha deciso il Comune, al lavoro già da diversi mesi per dare a diverse vie il nome di una donna.

A decidere le figure femminili sono stati i cittadini. Come del resto è accaduto per la piazza intitolata da pochissimo alla dottoressa Roberta Zedda, uccisa 22 anni nell'ambulatorio della guardia medica di via Garibaldi.

«Immortalare figure femminili nella memoria urbana non è un fatto banale né scontato - tiene a precisare il sindaco Mario Tendas - Da uno studio che abbiamo effettuato è risultato che soltanto il 5% dei toponimi, negli oltre 8mila comuni italiani, è dedicato alle donne. Un aspetto che ci deve fare riflettere affinché sia garantito un giusto riconoscimento alle donne che hanno contribuito, con il proprio lavoro, a migliorare la società, in tutti i campi. Ecco perché abbiamo deciso, nel nostro piccolo, di cambiare rotta».

I cittadini alcuni mesi fa sono stati invitati dal Comune a segnalare le loro proposte: «Noi abbiamo dato delle indicazioni - spiega Tendas - Poi abbiamo interpretato la volontà popolare».

Una via sarà intitolata alla dottoressa Adelasia Cocco: è stata la prima donna ad esercitare le funzioni di medica condotta in Italia, nel lontano 1914. Un'altra via ricorderà invece la storica ostetrica del paese che ha fatto nascere tantissimi bambini: si tratta di Giustina Cavazzuti. Una via sarà intitolata alla poetessa e scrittrice Alda Merini e un'altra alla neurologa Rita Levi Montalcini, insignita nel 1986 del premio Nobel per la medicina. Non poteva mancare la via dedicata a Manuela Loi, morta nella strage di via D'Amelio, la prima agente donna della Polizia di Stato a perdere la vita in servizio. I cittadini hanno deciso poi di intitolare una via alla pedagogista Maria Montessori e una a Nilde Iotti.

Ora una ditta specializzata è al lavoro per inserire i nuovi dati nel Gis, il sistema informativo in grado di associare dei dati alla loro posizione geografica. Poi verranno affisse le targhe.

© Riproduzione riservata