Trentasette nasse da pesca: è il bottino sequestrato dalla capitaneria di porto di Oristano. Erano posizionate illegalmente all’interno del campo boe di Mare Morto, area ad utilizzo esclusivo per l’ormeggio delle unità da diporto. Pochi giorni fa si è svolta un’importante attività di contrasto alla pesca illegale all’interno dell’Area marina protetta del Sinis coordinata dalla Capitaneria con il supporto tecnico-scientifico degli operatori dell’Amp.

Le nasse sequestrate, probabilmente in mare da diverso tempo, contenevano al loro interno diversi esemplari di pesci ancora vivi, che sono stati tempestivamente rimessi in mare e quindi salvati. Tra questi, si segnalano due murene, un grongo, diversi serrani e una decina di scorfani, cui si aggiungono numerosissimi bocconi. «L’intervento che ha permesso il sequestro degli attrezzi da pesca rientra nell’ambito delle azioni di tutela e di implementazione dell’attività di sorveglianza all’interno dell’Area Marina del Sinis, sottoscritte nel protocollo d’intesa tra l’ente comunale e le forze di polizia, nato al fine di potenziare il rapporto di collaborazione istituzionale per la prevenzione, ricerca e repressione delle violazioni – ha spiegato il sindaco Andrea Abis –. Hanno contributo nelle operazioni di recupero e stoccaggio a terra delle nasse anche i ragazzi impegnati nel progetto Sinis Sentinels, operativi sulla costa del Sinis per il progetto locale in collaborazione con Legambiente.

«La presenza di attrezzi da pesca, come le reti da posta, i palangari e le nasse abbandonati sui fondali costituisce un problema diffuso e attuale nei nostri mari - ha specificato l’assessora alla Pesca Alessandra Pinna -. Tali attrezzi se perduti o talvolta deliberatamente abbandonati, possono restare sui fondali o galleggiare, e ancora spostarsi con le correnti per anni interferendo con la biodiversità marina, danneggiando l’ecosistema e costituendo, inoltre, un pericolo  per la navigazione» . L’assessore all’Ambiente Carlo Carta spiega: «Si tratta di interventi periodici che  devono funzionare da deterrente per coloro i quali ignorano la regolamentazione di un’area che deve essere rispettata per potersi rigenerare». 

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