Come nasce il siluramento del comandante del carcere di massima sicurezza di Badu ‘e Carros? Tutto parte da venerdì scorso, quando una bufera si è abbattuta sulla casa circondariale nuorese.

Marco Raduano, 40 anni, pericolosissimo boss della mafia garganica condannato in via definitiva a 19 anni di carcere per vari reati e sotto processo anche per omicidio, fugge dal carcere utilizzando il più classico dei metodi. Un’evasione da film immortalata implacabilmente da un video virale in cui si vede il criminale calarsi dal muro di cinta con delle lenzuola annodate e prendere il largo.

Immediatamente scoppiano le polemiche sulla gestione di un carcere, quello nuorese, che aveva ospitato detenuti del calibro di Graziano Mesina, Renato Vallanzasca, Francis Turatello e Luciano Liggio e da cui nessuno è mai riuscito a evadere.

Polemiche acuite da quanto emerge nei giorni successivi. Una fuga pianificata da tempo, quella del boss detto “Pallone”, che ha sfruttato tutte le falle del sistema di sicurezza. Raduano riesce a procurarsi le chiavi per uscire dal reparto di massima sicurezza in cui è detenuto. Sa dove siano nascoste, e ha anche il tempo di sbagliare. Il boss viene immortalato dalle telecamere interne mentre preleva la prima chiave ma si accorge che è quella sbagliata, quindi ritorna, prende quella giusta e si lascia alle spalle il penultimo muro. Poi gli resta solo quello di cinta, che scavalca grazie a un rotolo di lenzuola lasciato probabilmente incustodito. Ci si accorgerà della sua fuga solo due ore dopo: nessun sistema d’allarme, nessuno a visionare le telecamere che hanno immortalato la rocambolesca evasione (altra falla).

La Procura di Nuoro e il Dipartimento Amministrazione Penitenziaria (Dap) aprono due inchieste, il Dap sollecita «accertamenti urgenti» al provveditore regionale della Sardegna. 

Mentre rinfocolano le polemiche e il caso diventa politico, oggetto di diverse interrogazioni parlamentari, i sindacati di Polizia penitenziaria difendono gli agenti finiti nel mirino delle inchieste e dell’opinione pubblica.

Il problema, spiegano, è la carenza di personale più volte denunciata in un carcere, quello di Badu ‘e Carros, che «non ha più requisiti per essere di massima sicurezza». Sia per l’organico insufficiente sia per carenze strutturali: «Il muro di cinta da anni aspetta i lavori di ristrutturazione e ha una sala regia operativa solo parzialmente, mancano l’intercinta, un’ulteriore recinzione esterna, e un impianto anti-scavalcamento».

Altro aspetto della fuga tutto da chiarire, i complici che certamente ha avuto il boss pugliese. Forse proprio della criminalità sarda, c’è chi ipotizza un’alleanza tra la mafia del Gargano e i criminali dell’Isola. Per questo si pensa che “Pallone” sia ancora in Sardegna, magari in una zona impervia di montagna, in uno di quei covi tradizionalmente usati dal banditismo sardo.

Fatto sta che oggi il Dap, in attesa dell’esito degli accertamenti urgenti che ha avviato, ha deciso di sostituire il comandante Francesco Dessì con Amerigo Fusco, che lunedì si trasferirà dal carcere milanese di Opera e prenderà servizio in Sardegna. Almeno per tre mesi al fine di «garantire il ripristino di adeguate condizioni di sicurezza ed efficienza operativa» che evidentemente, a giudizio del Dap, ad oggi non sono garantite.

(Unioneonline/L)

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