Sangue dappertutto, quei colpi di pistola e le urla, mentre fuori diluviava. «Stamattina a casa urlavano tutti, babbo e mamma urlavano».

È il drammatico flashback fatto dal 14enne sopravvissuto alla strage della sua famiglia mercoledì a Nuoro, mentre i soccorritori lo accompagnavano in ospedale dopo essere stato colpito di striscio alla nuca da un colpo di pistola sparato dal padre Roberto Gleboni.

In casa senza vita aveva appena lasciato la mamma Giuseppina Massetti, 43 anni, la sorella Martina, 25, mentre il fratellino Francesco, 10, era ferito gravemente e sarebbe poi morto in ospedale. Parole hanno dato forza alla tesi della lite nei momenti che hanno preceduto la tragedia. Ancora da capire il perché. È certo che Gleboni era convinto di uccidere: ha sempre mirato alla testa delle sue vittime scaricando un caricatore e mezzo della sua pistola 7.65.

È stato il ragazzino ferito ad aprire la porta di casa a carabinieri e polizia dopo la strage. Momenti tesissimi, perché in quegli attimi concitati, con Paolo Sanna, 69, ferito sul pianerottolo, gli agenti pensavano che Roberto Gleboni fosse ancora armato all'interno dell'appartamento. Anche Sanna, vittima per caso, è poi morto in ospedale.

Ieri sono stati sentiti dagli inquirenti diversi vicini di casa e parenti, per cercare di ricostruire ogni particolare possibile, anche il più insignificante. Si attendono i racconti dei testimoni più importanti: il figlio 14enne e la mamma di Roberto Gleboni, che non sono i soli miracolati nella strage. Anche il fratello di Roberto Gleboni, Antonio, si considera lui stesso un sopravvissuto: quella mattina era uscito presto dalla casa di via Pertini, salutando mamma Maria. «Avrebbe ucciso anche me».

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