Non era solo il protagonista del libro, ma ne era pure il coautore. Per questa ragione senza il suo esplicito consenso, l’opera Matteo Boe: il carcere, la vita, la libertà non poteva essere pubblicata. Lo ha deciso il giudice Bruno Malagoli del Tribunale di Cagliari, accogliendo il ricorso dell’ex carcerato e ordinando all’autrice Laura Secci e alle edizioni “Il Maestrale snc di Podda Giuseppe” di bloccare l’ulteriore commercializzazione, distribuzione o diffusione del volume, in qualunque forma, anche parziale.

Contro il libro l’ex detenuto – ora uomo libero dopo aver scontato la condanna per il sequestro di Farouk Kassam – aveva già instaurato un contenzioso giudiziario davanti al Tribunale di Nuoro, lamentando la violazione della propria corrispondenza e rivendicando il diritto all’oblio. Lo scorso anno, dopo un primo blocco della diffusione, i giudici nuoresi avevano annullato il provvedimento cautelare. Questa volta, Matteo Boe – difeso dagli avvocati Anna Rita Mureddu, Francesca De Abrosis e Francesco Careddu – ha chiesto al Tribunale di Cagliari di dichiarare il proprio diritto d’autore sull’opera, dunque anche il fatto che non potesse essere pubblicata senza un suo espresso consenso. La giornalista Laura Secci era assistita dai legali Gianni Pinna, Pina Franca Mastroni e Pietro Antonio Sanna, mentre la casa editrice “Il Maestrale” era tutelata dall’avvocato Paolo Raffaele Tuffu.

La genesi e il lavoro è stato effettuato quando Matteo Boe era detenuto in regime di massima sicurezza, con scambi epistolari con la giornalista. Ma analizzate tutte le carte, il giudice ha chiarito che «la posizione del Boe, in relazione allo stesso congegno letterario del romanzo, non possa affatto essere assimilata a quella di un “mero intervistato”, come pretenderebbero le parti resistenti, dovendo invece riconoscersi al ricorrente la veste di vero e proprio co-autore». Da qui, poi, la decisione sul blocco delle vendite del libro. «Deve concludersi che la pubblicazione censurata dal ricorrente – si legge nell’ordinanza - in assenza del suo consenso, non potesse legittimamente avvenire».

Francesco Pinna

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