Assalto al portavalori, per Saviano una pista che porta a Desulo. Il sindaco: «Accuse da tribunale dei social»
Il primo cittadino barbaricino: «Illazioni basate su una presunta inflessione dialettale che diventano gogna mediatica. Brutta e allarmante deriva, pronti a difenderci»Il servizio di Gianfranco Locci per il Tg di Videolina
Sarebbe una pista che porterebbe dritta a Desulo e Sassari quella della rapina da oltre 4 milioni di euro al portavalori sull’Aurelia. Ad affermarlo, in un lungo video pubblicato su YouTube, il giornalista e scrittore napoletano Roberto Saviano.
E Saviano lo evidenzia con un distinguo fra le bande che assaltano i blindati: «L’assalto è avvenuto da parte di una banda di rapinatori sardi - dice l’autore di Gomorra - lo sappiamo perché un video ha raccolto alcuni momenti dell’azione. E si sentono alcuni banditi con l’accento sardo”.
Per poi rilanciare: «I due grandi gruppi che in questo momento fanno gli assalto ai portavalori - dice Saviano - sono sardi e foggiani. Precisamente i cerignolani e dell’organizzatore Garganica e Sassari e Desulo, soprattutto, per le organizzazioni sarde».
Accuse, quelle del regista di Gomorra che risuonano come assurde nel centro barbaricino, con la pronta risposta del sindaco Gian Cristian Melis: «Un noto giornalista d'inchiesta, sedicente romanziere, ha iscritto Desulo e Sassari nel registro degli indagati sui social per la rapina ai portavalori in provincia di Livorno - ha commentato il primo cittadino su Facebook - l'accusa è affidata ad alcuni video, postati sui social. Attendiamo di conoscere gli elementi d'indagine a carico. Poi proveremo a difenderci».
Per Melis, quelle di Saviano sono affermazioni a vuoto: «Spiace - commenta il sindaco - che si voglia fare sensazione e cronaca sociale (con malcelata base razzista) basandosi su una presunta inflessione dialettale che sarebbe una prova di colpevolezza per i sardi, in specie per Desulesi e Sassaresi».
Ma è soffermandosi sulla «deriva che imperversa sui social» che Melis parla di «illazioni che diventano elementi d'accusa, il sospetto una prova su cui costruire una gogna mediatica per processare migliaia di persone perfettamente oneste. E soprattutto penalmente innocenti».
«Sto imparando a mie spese - conclude il sindaco desulese - che non conta ciò che si è ma ciò che altri pensano di te. Ma ancora peggio, ciò di cui ti si accusa davanti alla corte nemica riunita sui social. È una brutta deriva. E se coinvolge anche certa classe intellettuale (e politica) allora diventa allarmante».