L’8 gennaio del 1968, esattamente 56 anni fa, veniva catturato per la prima volta dalle forze dell’ordine Nino Cherchi, quelli che è stato definito “il numero due del banditismo sardo” dopo Graziano Mesina.

Nato nel 1941 a Orune, ha un curriculum criminale di tutto rispetto: omicidi, rapine, estorsioni, sequestri, conflitti a fuoco con le forze dell’ordine.

Finì in manette a Mamoiada, dove si era nascosto in una casa diroccata. «Nino Cherchi si è arreso davanti ai mitra spianati», titola L’Unione Sarda dell’epoca. Che descrive così l’arresto: «Aveva una pistola in pugno, ma all’intimazione degli agenti pronti a sparare l’ha lasciata cadere. In quell’istante la copertura dell’edificio è in parte crollata e i poliziotti hanno rischiato di precipitare nel vuoto. Una telefonata giunta a Nuoro ha permesso l’arresto del bandito. In carcere anche un muratore che ha avvertito il malvivente dell’arrivo delle forze dell’ordine. Ritrovato l’arsenale del fuorilegge».

Nino Cherchi (Archivio)
Nino Cherchi (Archivio)
NINO CHERCHI IN LICENZA PREMIO

Condannato per una serie di reati (non tutti quelli che gli venivano contestati inizialmente), nel 1979 ottiene la grazia dal presidente della Repubblica Sandro Pertini.

Nel 2010 torna al centro delle cronache dopo aver ucciso in un eccesso d’impeto due cittadini albanesi a Olbia. Viene condannato all’ergastolo, ma poi finirà ai domiciliari per motivi di salute.

(Unioneonline/L)

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