Tutto sotto copertura. Codici segreti, criptati, vietati a chiunque, come si addice alle missioni speciali. La sequenza è da sbarco pianificato, con tanto di lasciapassare militare, quello che non si discute. Figuriamoci se l’effige incollata sulla fusoliera è quella a stelle e strisce della più potente US Navy Army, la marina militare americana. Quando i giganti del cielo hanno intersecato la direttrice di Capo S.Elia non c’è voluto molto per comprendere che quel volo doveva restare silenziato come pochi. I transponder irraggiungibili, rilevatore satellitare vietato ai più, impossibile per i profani scoprire modello, provenienza e destinazione di quei tre fendenti a bassa quota sul cielo di Cagliari.

Niente acrobazie

Certamente non si trattava di una pattuglia acrobatica, nonostante i tre colossi dell’aria stessero sorvolando il fronte di via Roma, nel cuore del capoluogo, in assetto da squadriglia di nefasta memoria. In meno di quarantotto ore: atterraggio, decollo, atterraggio e nuovamente decollo. Gli unici spifferi dell’operazione sono militari, tutti interni al comando americano che sta gestendo i traffici di guerra nell’asse tra Gibilterra e Suez, tra la porta atlantica verso il Mediterraneo e la sponda opposta mediorientale, quella davanti alla Striscia di Gaza, a ridosso di Israele, sul confine con il Libano degli Hezbollah.

Scacchiere letale

Un corridoio che ora dopo ora rischia di diventare scacchiere letale di un conflitto globale, con la tensione che, minuto dopo minuto, diventa escalation. Che qualcosa si stia muovendo lo si percepisce da quell’atterraggio, tra martedì e giovedì scorso, in sequenza, pochi istanti uno dall’altro, di tre imponenti aereo cargo di stanza sulla più grande portaerei del mondo la USS Gerald R. Ford, la nave da guerra della Marina degli Stati Uniti che prende il nome dal trentottesimo Presidente americano.

Da civile a militare

Il piano di volo è chiaro: da Cipro, dove è dislocato il gigante dei mari targato Usa, a Cagliari. Non Decimomannu, ma Elmas, lo scalo civile del capoluogo sardo, di punto in bianco trasformato, senza alcun preavviso, in una “portaerei terrestre” della Marina Militare americana. Il passo è stato fulmineo, da aeroporto per turisti Ryanair in cerca di Sardegna illibata a base operativa per i Grumman C-2A, gli aerei che dal 1966 si “trasformano” in Caronte dei cieli per caricare e scaricare ogni genere di materiale dalle portaerei americane a terra e viceversa. I tracciati di volo ricostruiti nelle piattaforme satellitari militari segnano l’atterraggio dei tre velivoli a Elmas nella giornata di martedì, nemmeno 24 ore dopo Capodanno, per poi raggiungere la base militare americano-spagnola di Rota sull’Oceano Atlantico e poco dopo rientrare proprio su Cagliari e ripartire dopo ore verso lo scenario mediorientale. La domanda è un passo obbligato, a patto di non dare tutto per scontato, da archiviare nel cassetto dell’indifferenza: cosa ci facevano quei tre aerei cargo americani nella pista di Santa Gilla? E soprattutto per quale motivo analogo triplice volo è stato registrato dai radar militari anche il nove ottobre, esattamente due giorni dopo l’attacco di Hamas a Israele? Quesiti che, come vuole la prassi militare, non avranno nessuna risposta ufficiale. Gli americani, ma anche i vertici militari a tutti i livelli, sono abituati a non porsi troppi scrupoli nel trasformare di punto in bianco in scalo di guerra una pista solitamente dedita al traffico civile aereo. Peccato, però, che l’aeroporto di Cagliari non sia adagiato su un deserto o su un ghiacciaio dell’Antartide, ma sia a tutti gli effetti, e sino a prova contraria, uno scalo civile in un paese democratico a sovranità popolare e, non ancora, militare. Porsi e porre il quesito non solo è lecito ma in uno Stato liberale è doveroso, proprio per la funzione stessa di quello scalo e la vicinanza con quello militare di Decimomannu. I Grumman, del resto, sono aerei con una connotazione evidente, quella della funzione cargo.

Niente pane Carasau

Trasportano di tutto e di più, con urgenza e immediatezza. Non regali di Natale. Posto che l’occupazione militare della pista principale dello scalo sardo con quei tre aerei della “Ford” non potrà essere attribuita all’approvvigionamento di pane carasau e pecorino, birra o mirto, è evidente che quell’atterraggio simultaneo non può essere in alcun modo derubricato, come qualcuno delle fonti militari lascia trapelare, a scalo tecnico. Del resto, che senso avrebbe avuto non compiere quegli atterraggi in maniera, teoricamente, più discreta nel più appartato aeroporto militare di Decimomannu? La memoria storica, quella più recente, induce, però, a più di un sospetto. Non è la prima volta, infatti, che lo scalo di Elmas viene “inopportunamente” e “gravemente” trasformato in un aeroporto dedito a “traffici” intercontinentali di armi, guarda caso le stesse devastanti bombe che hanno sconvolto lo scacchiere mediorientale oggi in stato di guerra permanente.

Memoria nefasta

Lo sguardo del passato è tutto rivolto a quei cargo provenienti dall’Azerbaigian che per notti intere, nello scalo aereo cagliaritano, protetto solo da quattro pullman passeggeri schierati davanti alle micidiali bombe Mk, hanno caricato migliaia di proiettili da centinaia di chili l’uno, letali e distruttivi, destinati ai signori della guerra dell’Arabia Saudita e degli Emirati Arabi. Un’immagine che aveva fatto il giro del mondo per la sfrontatezza con la quale ci si era mossi in un aeroporto civile, ma soprattutto per il pieno coinvolgimento della Sardegna, attraverso le bombe prodotte dalla Rwm, la fabbrica tedesca di stanza a Domusnovas, usate poi per devastare le popolazioni dello Yemen. Un “traffico” bloccato dopo la sollevazione internazionale e la palese violazione delle norme italiane in materia di vendita di armi che impediscono rapporti commerciali con Stati in guerra, come erano i sauditi.

Sardegna, al servizio

Ora, però, il governo italiano avrebbe dato il via libera alla ripresa di quel commercio di bombe. Un dato è certo, gli Stati Uniti si sono posti a capo di una coalizione interventista nei confronti proprio dello Yemen, a protezione dei traffici commerciali in quello specchio acqueo. L’Italia, senza alcun deliberato parlamentare, ha aderito a quella chiamata americana. La portaerei Ford, i suoi aerei da guerra, non hanno perso tempo: Cagliari, la Sardegna, è già a pieno titolo al servizio dei piani americani nel Medio Oriente.

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