«L’agrivoltaico è una corsa all’oro devastante per campi e turismo di tutto il Medio Campidano»
Decine di progetti nel territorio. Alle domande hanno risposto i sindaci di Guspini, Giuseppe De Fanti, Villanovaforru, Maurizio Onnis, Barumini, Michele Zucca, e l’esponente del comitato No Mega centrale, Laura CadedduPer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Decine di impianti foto-agrivoltaici e centinaia di pale eoliche per un potenziale di 3,41 gigawatt, oltre la metà della produzione prevista dal Governo per la Sardegna. Perché c’è un grande interesse per il Medio Campidano?
Laura Cadeddu: «Ha un territorio pianeggiante, ideale per questo scopo e con costi decisamente abbordabili. Le società approfittano della crisi dell’agricoltura, siamo cavie nella sperimentazione dell’agrivoltaico su scala regionale. Non esistono dati certi, vogliono monitorare la produzione energetica associata a quella agricola, noi siamo il banco di prova». Giuseppe De Fanti: «Ciò che ha calamitato gli impianti agrivoltaici tra Guspini, Gonnosfanadiga, San Gavino e Pabillonis è l’intenzione di Terna di realizzare una cabina verso Montevecchio su una superficie di 12 ettari, una vera città elettrica. Abbiamo contestato il progetto, che poteva essere inserito nella zona industriale di Guspini invece che in un’area “vergine”. Vogliono occupare soprattutto terreni destinati alla pastorizia con impianti industriali, non agricoli».
Michele Zucca: «La scelta delle aree dipende da un’analisi delle società: vanno dove rende di più. I responsabili di una di queste imprese hanno ammesso candidamente di aver scelto la nostra zona sia per la facilità nell’acquisto dei terreni, sia perché hanno un unico proprietario e costano meno».
Maurizio Onnis: «Sul territorio di Villanovaforru di appena 11 chilometri quadrati in questo momento gravano tre progetti diversi che riguardano anche Sanluri e Sardara, 25-27 pale, dipende da cosa stabiliranno col Ministero. Gli emissari di una delle tre aziende coinvolte sono venuti in Municipio per il progetto di una pala da sistemare nello stesso punto in cui una società francese vuole impiantare un’altra torre eolica. Mi hanno detto tranquillamente: “Non è un problema, questa è una corsa all’oro e noi vogliamo partecipare”. L’unico criterio è la ricerca del profitto, smettiamo di chiamarla transizione energetica, questa è una nuova fase della rivoluzione industriale e, come in tutti gli stati di avanzamento dal Settecento a oggi, qualcuno ci deve guadagnare tanto e altri devono perderci. Quelli destinati a perdere siamo noi e non va bene».
I rischi per agricoltura, paesaggio e turismo?
Cadeddu: «Sul Guspinese gravitano progetti in grado di produrre 800 megawatt, sufficienti per soddisfare mezzo milione di persone. Sono tutti collocati ai piedi di scenari di particolare bellezza: i resti fenicio-punici di Neapolis, la catena dell’Arcuentu, i nuraghi. Anche dal punto di vista turistico ci sarebbe un deprezzamento del valore dei terreni in prossimità della fascia costiera, anche perché i turisti non vogliono camminare su specchi e pale. Vogliono trasformare l’agro in area industriale, uno scempio mentre non si blocca la produzione da fonti fossili».
De Fanti: «Il peggio è la distruzione del paesaggio, che è tale da migliaia di anni ma verrà stravolto in pochi mesi. Gli impianti agrivoltaici sono molto più impattanti di quelli fotovoltaici, perché sono più alti per ospitare sotto le colture. Tanti impianti uno contiguo all’altro avrebbero un effetto paesaggistico devastante, ma la valutazione di impatto ambientale viene fatta solo per ogni singolo impianto. Abbiamo circa duecento aziende agricole che, in queste condizioni, sarebbero fortemente incentivate a non proseguire l’attività».
Zucca: «Nel momento in cui si cerca di mettere i beni nuragici sotto l’ombrello dell’Unesco l’obiettivo diventa irraggiungibile se non si rispetta il territorio che circonda i siti archeologici. Ai visitatori della reggia di Barumini basterebbe sollevare lo sguardo per vedere chiaramente le pale sistemate solo a tre chilometri e duecento metri di distanza. Lo testimoniamo le fotosimulazioni che, nonostante l’impegno dei progettisti, mostrano le torri ben visibili da Su Nuraxi o dall’altopiano della Giara. L’altra conseguenza sarà l’abbandono delle terre da parte di chi oggi le coltiva».
Onnis: «Un esempio pratico: a Collinas, distante due chilometri da Villanovaforru, c’è un progetto di Sorgenia che prevede anche una pala eolica alta duecento metri a 750 metri dal nuraghe di Genna Maria, in lizza per diventare patrimonio dell’umanità. Un’aberrazione da tutti i punti di vista. Diamo via per tre o quattro un bene da cui si potrebbe ricavare cento. È la dimostrazione che i sardi, come popolo, non hanno la minima idea di cosa vogliono e dove vogliono andare. Per ventura storica questo governo regionale si trova a gestire la situazione, se ci fosse la giusta forza politica si dovrebbe mettere sul tavolo un progetto complessivo. Invece nelle condizioni in cui ci troviamo siamo alla mercé del primo che capita. Alla scrivania dei sindaci – senza alcun filtro – arrivano francesi, piemontesi e romani a dire “stiamo facendo questo e quello” e non puoi dire nulla».
Per le società che puntano sulle rinnovabili esistono regole diverse rispetto a cittadini e imprese?
Cadeddu: «Tutti i progetti che rientrano nel Pnrr e nel Pniec godono di procedure accelerate che hanno ristretto gli spazi di cittadini e Comuni. Hanno depotenziato anche la Soprintendenza ai beni archeologici che può opporsi ma il suo parere non è vincolante. Un aiuto lo avremmo se il piano paesaggistico regionale venisse esteso alle aree interne, ma sono vincoli che non tutti accettano. Alcuni beni ambientali non sono barattabili, se apriamo quella porta non riusciremo più a tornare indietro».
De Fanti: «Cittadini e imprese anche per pratiche di scarsa rilevanza devono seguire iter lunghi e complessi. Questi impianti con la scusa che sono per l’interesse comune saltano tutti i passaggi. Nell’agro, per dire, puoi costruire solo case a un piano, ma le pale sono alte centinaia di metri».
Zucca: «Non c’è più nessun effetto regolatore, è una corsa all’oro. Su Barumini gravano anche i vincoli legati al territorio della Giara, con limiti costruttivi superiori al normale, ogni passo deve avere la relazione paesaggistica favorevole. Perché gli impianti di rinnovabili possono farne a meno?».
Onnis: «Ho impiegato due anni e mezzo per la registrazione della comunità energetica al Gse nonostante fosse una pratica semplicissima. È una scelta politica precisa, si vogliono sostenere i progetti dei maxi impianti passando sopra l’interesse delle popolazioni locali».
Avete incontrato i rappresentanti delle società? Sono sardi? Cosa vi hanno offerto?
Cadeddu: «Non incontrano chi si batte contro i progetti».
De Fanti: «Solo alcuni. L’offerta più consistente che abbiamo ricevuto è la consulenza per creare una comunità energetica. In questi giorni siamo stati contattati dall’avvocato di un gruppo di queste società - in quel momento abbiamo scoperto che sono tutte collegate - che ci ha proposto la realizzazione di un parchetto comunale. Briciole rispetto a impianti che costano 100 milioni di euro. I procacciatori locali sono quelli che procurano le aree, quelli che spingono l’iniziativa sono professionisti che arrivano da fuori».
Zucca: «Abbiamo incontrato i rappresentanti dell’unico progetto, nonostante la bocciatura da parte del consiglio comunale. I rappresentanti della GRWind srl hanno proposto 500mila euro per i cinque Comuni coinvolti dalle 17 pale. La procedura è ancora in fase di valutazione di impatto ambientale».
Onnis: «Delle tre società che hanno mire su Villanovaforru, una non si è mai fatta sentire, l’altra aveva il volto di tre milanesi venuti in Municipio solo per comunicarmi che avrebbero messo le pale eoliche, e la terza era rappresentata da quattro sardi con cui ho litigato: “Non vi vergognate di svendere il vostro territorio”?».
L’identikit di chi vende i terreni?
Cadeddu: «Latifondisti che preferiscono cedere il diritto di superficie. Nell’agrivoltaico, però, ci deve essere un imprenditore agricolo che - forse molti non lo sanno - tra poco sarà sottoposto alla tassazione industriale. Lobby industriali e agricole per ora sono riuscite a bloccare questa svolta, ma cambierà».
De Fanti: «Imprenditori agricoli avanti con gli anni e professionisti di famiglie che possiedono terreni. Ricevono tremila euro a ettaro all’anno per trent’anni, se glieli daranno. Uno di loro mi ha detto: “Mi basta che paghino i primi due anni”. La cosa fastidiosa è che in tempi recenti alcuni si sono atteggiati a custodi del territorio e poi lo consegnano per trenta denari».
Zucca: «A Barumini ancora nessuna compravendita».
Onnis: «Agricoltore in attività o proprietario che non usa i terreni. Molti sopravvivono con i sussidi europei, ti spiegano: “Mi danno più soldi di quelli che guadagno con il lavoro”. C’è uno stimato professionista di Sanluri che ha affittato trenta ettari per vent’anni, si è fatto pagare la metà subito e il resto a rate».
Come si può bloccare l’assalto?
Cadeddu: «Con la programmazione. La Regione potrebbe ridiscutere il limite minimo di 6,2 gigawatt. La moratoria non risolverà il problema».
De Fanti: «Bisognerebbe mettere un limite alla quantità di energia da produrre. Rallentare per via giudiziaria le procedure è positivo, perché potrebbe venire fuori che con l’incertezza non è vantaggioso buttarsi in questa impresa. E poi imporre un tassazione vera perché la maggior parte dei soldi finisce all’estero, neppure in Italia».
Zucca: «La moratoria per quanto non risolutiva è un tampone. Nel frattempo la via giudiziaria può aiutare, noi abbiamo fatto ricorso contro l’impianto di Tuili e siamo riusciti a rallentare il percorso.
Onnis: «Bisogna avviare un confronto con lo Stato basandoci sull’articolo dello statuto che assegna alla Regione anche una competenza sulla produzione di energia».
Il blocco attraverso una legge urbanistica basata sulla competenza primaria della Regione?
Cadeddu: «La legge per il governo del territorio è importante, ma con tanti interessi in ballo è difficile farla arrivare in porto. E sulle aree idonee dico: attenti, quelle adatte all’eolico magari non lo saranno per geotermico, idroelettrico e tutti gli altri».
De Fanti: «In futuro magari sì, però mi sembra difficile che possa bloccare i procedimenti già autorizzati».
Zucca: «Potrebbe essere una soluzione ma è complessa».
Onnis: «Non sono abbastanza esperto per rispondere».
Mariella Careddu
Marcello Cocco
Paolo Paolini