La carenza di medici e di personale del comparto sanitario pubblico è “un'emergenza nazionale, non solo sarda”.

Lo ha detto il presidente della Regione Christian Solinas: “Se è vero che il blocco del turn over deciso dai precedenti governi regionali ha dilatato a dismisura le carenze degli organici negli ospedali e nei servizi territoriali dell'Isola, è vero che anche altri fattori, comuni a tutte le Regioni Italiane, hanno concorso ad accentuare il problema e hanno posto le basi per un aggravamento ulteriore della situazione”.

Per anni, ha sottolineato Solinas, “si è ignorato il problema del progressivo impoverimento degli organici, nascondendo la polvere sotto il tappeto senza avere la capacità di guardare al futuro e di intervenire sulle cause di ciò che sarebbe diventato un grave problema nazionale. Anzi, si è proceduto con leggerezza ad una ricerca esasperata del risparmio, dei conti in pareggio, di un apparente risanamento di bilancio senza considerare che il prezzo sarebbe stato pagato dai cittadini con un servizio sempre più in affanno, strutture inadeguate, apparecchiature obsolete, liste d'attesa e disservizi”.

E' una situazione “che non ammette più ritardi o omissioni”, continua.

La scelta del numero chiuso nelle Facoltà di Medicina e nelle professioni sanitarie “spiega per buona parte la carenza di organico, ed è per questo che su questo aspetto occorre intervenire tempestivamente. Ma non basta, e soprattutto non basta per fronteggiare l'emergenza a breve termine, dato che la lunghezza del corso di studi determina che un giovane che oggi si iscrive in medicina potrà esercitare tra 6-9-11 anni”.

I NUMERI – L'allarme, scandisce, “è solo all'inizio. In Italia le strutture pubbliche hanno perso 45mila operatori in 10 anni di cui 10mila medici tra ospedalieri e convenzionati. E poi c'è la voce pensionamenti: se ne prevedono 35.200 entro il 2027. Non ci saranno abbastanza colleghi per sostituirli. L'esito è che nel quadriennio che si chiude col 2023 si potrebbe arrivare a un deficit ulteriore di decine di migliaia di medici, il frutto dello squilibrio fra pensionamenti e i nuovi specialisti formati che si prevede scelgano di svolgere il proprio lavoro nella sanità pubblica”.

La carenza “potrebbe essere stimata secondo Anaao in ulteriori 24mila unità entro il 2023. Sempre secondo un recente studio Anaao, entro il 2025 dei circa 105.000 medici specialisti attualmente impiegati nella sanità pubblica potrebbe andare in pensione circa la metà: 52.500. Un esodo biblico inesorabile e inarrestabile”.

E c’è anche “una popolazione di professionisti particolarmente invecchiata a causa del blocco continuato del turnover. Secondo i dati diffusi da Eurostat, l'Italia ha i medici più vecchi d'Europa con il 54% del totale che ha un’età superiore a 55 anni. Un precedente report Anaao aveva evidenziato come la popolazione dei medici dipendenti del SSN con età maggiore a 50 anni fosse addirittura il 68% del totale”.

LA MEDICINA DI BASE – L'emergenza non riguarda solo le strutture pubbliche, “ma anche la medicina di base. Almeno 1,5 milioni di italiani sono senza il proprio medico di fiducia, e questo è un problema presente anche in Sardegna, come più volte segnalato sia dai cittadini che dagli amministratori locali, che cercano nella Regione una risposta che non è nella sua competenza. Negli ultimi due anni, infatti, la Sardegna ha messo a bando e formato graduatorie per i medici di medicina generale su tutte le sedi vacanti, recuperando il ritardo accumulato nei cinque anni precedenti. Ma anche in questo caso, se a mancare sono i medici la Regione non ha grandi possibilità. Con l'ultima legge approvata ho voluto prevedere una misura incentivante per i medici di base e i pediatri di libera scelta che optino per una sede disagiata, così da cercare di garantire tutti i cittadini che si trovino nelle zone interne e nei piccoli centri”.

In sintesi: “Serve aumentare i laureati in medicina. Non è più tempo di giustificazioni o rinvii. Lo Stato deve mettere in campo tutti gli strumenti necessari perché le nostre Università possano garantire percorsi formativi adeguati a soddisfare l'intero fabbisogno nazionale di professionalità, con una programmazione seria ed efficace”. 

Occorre “una grande mobilitazione politica, una presa di coscienza da parte del governo nazionale che non può semplicemente scaricare sui sistemi sanitari regionali questa emergenza che rischia di divenire una carenza strutturale devastante”. Occorrono “interventi straordinari per fronteggiare l'emergenza nell'immediato, che solo lo Stato può disporre e autorizzare per garantire ai tutti i cittadini un sistema sanitario equo ed efficiente, dal quale si misura il grado di civiltà e di progresso di un Paese”.

(Unioneonline/D)

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