Solo sedici sardi tra Camera e Senato grazie al taglio dei parlamentari, quindici se l’ex presidente del Senato Marcello Pera (Fratelli d’Italia) dovesse affermarsi nel collegio uninominale del Nord Sardegna. «I sardi non meritano questo», dice il suo più diretto concorrente Gavino Manca (Pd), 52enne deputato uscente stavolta in corsa per Palazzo Madama. «Come da lui stesso ammesso, Pera non conosce la realtà dell’Isola. Il suo interesse è rappresentato dalle riforme costituzionali e non credo che sia la persona giusta per farsi portavoce delle esigenze e delle aspettative dei sardi». Oltretutto, ricorda, «anche se, come candidato sul plurinominale in Campania ha la certezza di essere eletto, la legge gli impone di optare per il seggio sardo se sarà il più votato sul nostro collegio maggioritario».

Manca una settimana al voto. La sua è stata una campagna capillare in un territorio molto vasto. Che riscontri ha avuto?

«Ho girato il collegio in lungo e in largo, da Lanusei a Porto Torres, da Terralba a Olbia, da Ollollai a Luras. Ho incontrato cittadini e rappresentanti delle categorie produttive: ho parlato, di persona o al telefono, con 150 sindaci. È stata un'occasione straordinaria per entrare nel vissuto quotidiano dei sardi. Non è un caso che la nostra isola venga definita spesso come un continente: è grande e presenta caratteristiche differenti. Per rappresentarle tutte è necessario ascoltare molto ed entrare nel profondo di ogni tema. Un'attività complessa che solo un sardo può fare al meglio».

Il suo nome era tra i papabili per una posizione sicura sul proporzionale per Camera o Senato. Perché il partito non l’ha premiata?
«Non sono uno che si rinchiude nelle zone di conforto: cinque anni fa, candidato nel proporzionale, ho interpretato la campagna elettorale senza risparmiarmi, con lo stesso spirito con cui oggi combatto alla ricerca di quel voto in più che sarà decisivo. Gli elettori sanno che sono uno che si impegna sempre al massimo, in campagna elettorale come in Aula. Sono abituato alla fatica».

Quali sono i temi del suo programma per l’Isola e in particolare per il collegio Nord Sardegna?

«Il collegio è estremamente variegato e ha problemi diversi: abbiamo città portuali, mete turistiche sottoposte a una forte pressione stagionale, un entroterra a rischio spopolamento, un’economia da reinventare tra campagne, industria e commercio, un patrimonio naturalistico da valorizzare. Quello che può unificare territori così peculiari è la necessità di dare concretezza e sostanza al principio di insularità recentemente inserito in Costituzione. In particolare, dobbiamo lavorare su due temi: la continuità territoriale e il costo dell'energia. Si tratta di due ambiti sui quali mi sono già impegnato in questa legislatura perché è soprattutto su questi che i sardi si sono sempre sentiti italiani di serie B. Su questi temi ora si rischia il collasso».

Per contrastare il caro bollette la chiave sono le rinnovabili? Non le pare che la Sardegna sia oggetto delle mire degli speculatori?

«Abbiamo il dovere di affrontare la questione energetica con una visione globale. Abbiamo di fronte due estremi: da un lato multinazionali che calano dall'alto progetti di grande impatto senza concordare niente con i territori; dall'altro quella sindrome che ci fa dire “No” a qualsiasi intervento che ci riguardi da vicino. Dobbiamo gestire una rivoluzione essenziale per la stessa sopravvivenza del pianeta ma non è accettabile che i sardi subiscano passivamente progetti su cui non hanno avuto diritto di parola. La transizione energetica può essere attuata solo valorizzando il protagonismo delle comunità e senza speculazioni».

Il governatore Solinas sostiene la necessità che la continuità territoriale aerea da e per l’Isola sia presentata dal prossimo Governo a Bruxelles quale interesse nazionale. Concorda?

«Il presidente non sta dicendo niente di nuovo perché è già così. Nel 2019 la Giunta Pigliaru, nella proposta che aveva completato tutto l’iter di assegnazione delle rotte e dei servizi in continuità, aveva appunto fatto specifico riferimento alla condizione di insularità come elemento distintivo della continuità sarda»

Se ritornerà in Parlamento si batterà per la realizzazione del progetto della dorsale del metano?
«La transizione energetica è il tema del momento, che riguarda non soltanto il presente ma anche il futuro nostro e dei nostri figli. Negli ultimi anni, tra effetti del cambiamento climatico, aumento dei prezzi delle materie prime e crisi ucraina, la partita è diventata estremamente complessa e richiede un approccio globale. Ho sostenuto il progetto della dorsale del metano e credo che vada riletto e aggiornato senza pregiudizi alla luce di questi nuovi scenari».

Il Pd sardo non è riuscito ancora a celebrare il congresso. Perché?
«Questa campagna elettorale ha segnato il ritorno della politica sul campo, dopo le distanze fisiche e psicologiche frapposte dalla pandemia. Credo che anche il Pd abbia risentito delle difficoltà di incontrarsi e sedersi a ragionare come si faceva un tempo. Queste elezioni hanno sbloccato la situazione, ma confido che riapriranno il confronto interno facendo ripartire con entusiasmo e contenuti anche la vita del partito».

Il suo giudizio sull’attuale governo della Regione?

«Questa Giunta è stata in perenne ritardo ed emergenza, ma il giudizio lo daranno i sardi fra pochi giorni. La coalizione è sempre più attraversata da tensioni e divisioni, L’anno e mezzo che manca alla fine del mandato sarà una lunga agonia».

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