Come se niente fosse. Come se la Procura della Repubblica di Oristano avesse giocato a fare buchi nella terra della Malvasia. Come se le proteste forti e disperate dei cittadini di Magomadas e dell'intera Planargia non fossero mai esistite. La delibera è scandita da un oggetto tanto misterioso e burocratico quanto eloquente: «Proroga dell'efficacia temporale della Delib.G.R. n. 16/25 del 28.3.2017, relativa alla procedura di Verifica di assoggettabilità alla V.I.A., per il "Progetto di installazione di un impianto di rifiuti speciali non pericolosi mediante essicazione e pirogassificazione", in comune di Magomadas». Il contenuto è chiaro: proroga dell'autorizzazione per realizzare un mostro per la "pirogassificazione" dei nauseabondi fanghi fognari, nel cuore della terra della Malvasia.

Tam tam fognario

Proroga di altri cinque anni, come se l'inchiesta penale sulla gestione dei fanghi fognari in quell'area non fosse mai esistita. La giunta regionale l'approva senza colpo ferire quando la vendemmia sta iniziando, l'ultimo giorno di settembre, facendola diventare pubblica alla soglia della seconda decade di ottobre. Il tam tam corre di casa in casa nella terra di quel capolavoro enologico chiamato Malvasia. «Luminosa finissima, leggera, setosa, profumata, saporosa di rosa e ginepro. Soprattutto completamente secca» - l'aveva descritta 47 anni fa Mario Soldati, il celebre scrittore, giornalista, saggista, giunto su quei tornanti di Bosa per raccontare quel territorio baciato dal Creato.

Pazienza & buon senso

Non è servita la storia passata, tantomeno quella più recente, per fermare l'incedere di un impianto di trattamento di fanghi fognari che mal si addice con paesaggio e tradizioni, con distanze e buon senso. Un atto, quello della Giunta regionale sarda, che mette a dura prova la pazienza di un territorio già segnato, in tutti i sensi, da uno scontro senza precedenti tra la popolazione e quel traffico di fanghi provenienti dalle fogne pugliesi, che per quasi un anno si è riversato in quel cantiere attaccato al centro abitato del piccolo comune, ad una distanza che in base al Piano regionale dei rifiuti risulta totalmente violata.

Distanze ignorate

Un dato è certo: la norma, richiamata anche nel nuovo piano regolatore regionale sulla gestione dei rifiuti, dice espressamente che la gestione di questo genere di rifiuti deve essere posizionata ad almeno trecento metri dal centro abitato, e si tratta già di una distanza eccessivamente ridotta, e di mille metri da luoghi sociali, come scuole o strutture sanitarie. In realtà la distanza è appena la metà. Eppure, nonostante la Procura della Repubblica e il Tribunale di Oristano abbiano aperto un'inchiesta e un processo sulla gestione dei fanghi in quel territorio, è stato deciso di concedere una proroga a quella autorizzazione, senza riaprire, come il buon senso e le norme avrebbero suggerito e imposto, il procedimento di valutazione di impatto ambientale.

Tutto confermato

Quel che è più grave è che il Servizio di Valutazione e Impatto ambientale della Regione ha pure chiesto alla società proponente, la Geco di Tresnuraghes, una relazione sul recepimento delle prescrizioni e l'assenza di significative variazioni delle condizioni programmatiche, progettuali e ambientali. Tutto confermato, progetto come quello precedente. Nessun cambio di posizione e, ancora una volta, distanze dal centro abitato ignorate e sottovalutate.

Guerra sotteranea

Quella che si sta consumando, però, è una vera e propria guerra sotterranea che va ben oltre la terra della Malvasia. In ballo c'è un affare milionario, legato alla gestione di questo genere di rifiuti fognari. Ci sono due grandi capitoli di questo scontro: la gestione dei fanghi legati ai depuratori di Abbanoa e quelli che sino ad un anno fa, prima dell'irruzione della magistratura, con il sequestro di buona parte di quell'impianto, e della giustizia amministrativa, arrivavano impunemente dalla Puglia alle colline della Planargia.

Smemorati

Nella delibera della Giunta regionale si ignora quel che è successo nell'Isola in questi ultimi due anni. Con questa reiterata autorizzazione, dopo che la precedente è rimasta per 5 anni inutilizzata, si indica una soglia di produzione di 80.000 tonnellate di fanghi fognari da gestire. In pratica l'impianto di Magomadas avrebbe una dichiarata e teorica potenzialità per trattare gran parte dei fanghi fognari prodotti da tutti i depuratori gestiti da Abbanoa, oltre il 90% di quelli presenti nel territorio regionale. Tutto questo confligge con quanto sta avvenendo oggi sul mercato sardo, dove, in regime di monopolio, opera la Shift di Sanluri, la società che ha in subappalto la gestione di quei fanghi da parte della società spagnola Acciona, concessionaria in nome e per conto di Abbanoa.

Contesa fognaria

Dunque, nel centro della Planargia viene nuovamente autorizzato un impianto che non dispone di alcun affidamento gestionale di fanghi «sardi», visto che Abbanoa conferisce tutta la sua produzione alla società di Sanluri. Due sono, quindi, le ipotesi: la prima è la contesa dei rifiuti fognari dei depuratori dislocati in tutta l'Isola tra la società del Medio Campidano e quella della Planargia, la seconda, invece, ancora più inquietante, è che questo impianto appena ri-autorizzato possa ritentare il già bocciato affare dei fanghi fognari "stranieri", pugliesi nella fattispecie. Un dato è certo: il tema degli affari su questi devastanti e nauseabondi scarti dei depuratori sardi viaggia sottotraccia. Se ne occupano potentati e affaristi, ma anche Tribunali e Procure di mezza Sardegna che sulla gestione di questa partita hanno aperto fascicoli e processi. È evidente che la gestione più semplicistica e meno onerosa è quella sotto accusa, ovvero scaricare quei fanghi nelle campagne dell'Isola, confidando sul fatto che i controlli dell'Arpas sono palesemente insufficienti o il più delle volte inesistenti.

Noe in campo

Non è un caso che il Noe, il Nucleo Operativo Ecologico dei Carabinieri, ha già acquisito, con la determinazione del pugno di ferro, tutti i dati relativi alla gestione e al monitoraggio di quei fanghi in gran parte del territorio regionale. Un tema, infatti, su cui si gioca una partita delicatissima: la salvaguardia non solo dell'integrità chimico-fisica dei terreni agricoli, ma anche la sicurezza della salute umana e dell'ambiente.

Controlli dimenticati

Una vicenda tanto delicata quanto carica di interessi visto la contesa durissima che si sta giocando sulla gestione dei fanghi fognari. La mancanza di controlli, i carabinieri del Noe hanno riscontrato una carenza rilevante sul tema del monitoraggio dei fanghi riversati sui terreni agricoli, ha certamente reso più appetibile il settore, dove chiaramente i margini di guadagno possono ampliarsi in maniera inversamente proporzionale all'assenza stessa di controlli. L'autorizzazione appena rinnovata, salvo ripensamenti in sede di autotutela, visto il processo ancora in corso sulla gestione dei fanghi in Planargia, è un tassello rilevante nello scacchiere dell'affare infinito dei fanghi fognari nell'Isola. La delibera di viale Trento lascia aperto un solo capitolo: l'obbligo di acquisire gli altri eventuali pareri e autorizzazioni previsti dalle norme vigenti. L'ombra dei fanghi fognari si allunga nuovamente nella terra della Malvasia, con i cittadini di Magomadas e della Planargia pronti a risollevare le barricate contro il nuovo assalto.

© Riproduzione riservata