Alcoa annuncia la fermata degli impianti e a Portovesme esplode la disperazione dei lavoratori: occupano la fabbrica, annunciano il sequestro dei dirigenti (poi smentito) sbarrano l'ingresso dello stabilimento e in serata ottengono uno slittamento di due settimane dell'eventuale fermata.

Il finimondo scoppia in tarda mattinata: sono da poco passate le undici quando i lavoratori occupano lo stabilimento di Portovesme, dopo che dagli Stati Uniti il presidente mondiale di Alcoa comunica la fermata imminente degli impianti. Gli operai non ci stanno, appena apprendono la notizia si spostano dai reparti e si riversano ai cancelli per capire cosa stia succedendo. C'è molta animazione, incredulità ed esasperazione. Ma una cosa rimbalza di bocca in bocca: impedire che dalla fabbrica esca anche un solo pezzo di alluminio, sbarrare gli ingressi.

TENSIONE ALLE STELLE Succede tutto in pochi minuti. Arriva una ruspa con dei cilindri di alluminio e gli operai la piazzano all'ingresso principale, lasciando un varco per le emergenze. Poi si chiude il cancello e via tutti in sala assemblea. Nel frattempo però un altro gruppo di lavoratori invade la Direzione, radunandosi nella sala riunioni e invitando i dirigenti aziendali (il direttore dello stabilimento, il responsabile delle risorse umane e il capo del personale) ad andare con loro in assemblea per spiegare davanti a tutti i dipendenti cosa sta per succedere in fabbrica. Circola anche un video che fa salire la tensione. Alcuni operai incappucciati minacciano: «Dalla fabbrica non esece nessuno».

IL DRAMMA “CHIUSURA” Si parla di chiusura, di fermata temporanea dal primo dicembre, di cassa integrazione, e c'è un clima rovente. «Se l'Alcoa non è interessata a questo stabilimento», sottolinea Franco Bardi, segretario della Fiom Cgil, «lo dica, perché la fabbrica è in grado di andare avanti con o senza Alcoa. Intanto nessuno, tecnici inclusi, si sogni di spegnere le celle elettrolitiche». Lo ribadiscono spesso sindacalisti ed operai, in tutti gli interventi: la produzione non si deve fermare, «dobbiamo tenere la fabbrica in marcia». Prende parola il direttore dello stabilimento, Marco Guerrini: «L'unica cosa di concreto che abbiamo in mano è la decisione della Commissione Europea, che ci dà torto su tutta la linea, infliggendoci una multa e facendo cessare immediatamente il regime speciale, senza nessuna proroga». Il direttore va avanti: «Per l'attivazione della cassa integrazione sono necessari 25 giorni, e dunque c'è il tempo tecnico di trovare un accordo, ma al momento Alcoa non ha nulla in mano e non può dar credito a nessuno».

IL BRACCIO DI FERRO I lavoratori incalzano, il clima è sempre più teso. «Per anni avete usufruito degli sconti energetici, dice Bruno Usai, delegato della Rsu, «possibile che adesso non possiate aspettare qualche mese, e di punto in bianco decidete di chiudere la fabbrica?». Sotto accusa è la multinazionale americana, colosso dell'alluminio. «Per voi siamo solo un puntino nel mondo», dice Massimiliano Basciu, delegato Rsu, «ma non vi lasceremo chiudere il nostro stabilimento». Lo sguardo smarrito e arrabbiato di chi sente la certezza del posto di lavoro crollare vale più di mille parole: tanti cinquantenni, ma soprattutto tanti giovani che vedono (o meglio vedevano) nel posto in fabbrica la soluzione alla disoccupazione dilagante. «Chi era al tavolo ministeriale a rappresentare Alcoa - ha detto Rino Barca, segretario della Fsm Cisl - ha detto che Alcoa non avrebbe chiuso e poi vediamo questa comunicazione. Vogliamo capire cosa sta succedendo perché qui, se ci togliete questo, non c'è nient'altro e non possiamo permettere che questa fabbrica chiuda». In fabbrica arriva anche Tore Cherchi, sindaco di Carbonia: «Purtroppo tutto l'ottimismo recitato in questi giorni da Regione e Governo non si è tradotto in fatti», ha detto Cherchi, «Il tempo materiale per raggiungere una soluzione c'è, dobbiamo lottare per questo».

TORNA LA NORMALITÀ In serata, dopo l'assemblea dei lavoratori la situazione all'interno dello stabilimento torna alla normalità: negli uffici della direzione è presente anche il questore vicario di Cagliari, Giuseppe Gargiulo, e alcuni funzionari della Digos che hanno confermato che la situazione è sotto controllo e non vi è stata alcuna violenza nei confronti della Direzione aziendale (nonostante il video minaccioso diffuso in mattinata). Oggi in fabbrica nuova assemblea dei lavoratori, con i sindaci del territorio.

ANTONELLA PANI
© Riproduzione riservata