Dovevano interpretare il ruolo dei "nuovi schiavi", quegli stranieri che vengono sfruttati nelle campagne del Sud Italia. Ma, alla fine, i dodici ragazzi ospitati in un Cas (Centro di accoglienza straordinaria) si sono ritrovati a essere davvero schiavi. Perché non hanno ricevuto alcun compenso. È la disavventura capitata a un gruppo di giovani migranti, ingaggiati per fare da comparse in un film, "Fiore gemello", in uscita nei prossimi mesi nelle sale cinematografiche.

Nella primavera dello scorso anno, la troupe guidata dalla regista Laura Lucchetti è giunta nell'Isola per girare il film: circa due mesi di lavorazione tra Sant'Antioco, Gonnesa, San Giovanni Suergiu, Ussana, San Sperate, Senorbì, Siliqua e Assemini, per raccontare la storia di un'amicizia tra un giovane migrante e una ragazza sarda, interpretata dalla giovanissima Anastasya Bogach (ucraina di nascita ma trapiantata a Cagliari da quattordici anni). Una vicenda ispirata alla realtà, quella delle campagne in cui tanti migranti vengono sfruttati ignobilmente dai "caporali".

LE RIPRESE - Servono, dunque, comparse che interpretino il ruolo di questi "schiavi del terzo millennio". E l'organizzatore generale del film si rivolge ai Cas della zona. Vengono ingaggiati, tra gli altri, dodici ragazzi ospitati nella struttura di Vallermosa: due giorni di lavoro per otto di loro, tre per altri quattro. Tenuto conto che la paga base per i figuranti è di 84 euro lordi al giorno (dunque, circa 75 netti), una spesa di circa duemila euro. Ma quei soldi non sono mai arrivati nelle tasche dei giovani migranti.

L'ACCORDO - Che cosa è accaduto? A raccontare la vicenda è Gabriella Casula, l'avvocata nominata dai gestori del Centro. "C'è stato un accordo verbale - esordisce - tra la produzione del film e i responsabili del Cas: dal momento che molti di questi ragazzi erano appena arrivati in Italia, non potevano certo avere un iban, un conto corrente o una postepay. Per cui si è deciso che i compensi sarebbero stati accreditati sul conto della società che gestisce la struttura che, a sua volta, avrebbe provveduto a saldare le spettanze".

LO STOP - Sembrava una soluzione logica. Ma, per tutta l'estate, va avanti un carteggio tra la società che gestisce il Cas e la casa di produzione. La legge, spiegano i responsabili del film, non consente questo genere di pagamento: i figuranti devono essere pagati singolarmente. Impossibile, dal momento che, non solo non hanno una "casa bancaria", ma, addirittura, nel frattempo, alcuni di loro sono stati ricollocati anche all'estero. "A quel punto - riprende Casula - i responsabili del Centro hanno tirato fuori i soldi di tasca e hanno dato quanto dovuto ai ragazzi".

LA PRODUZIONE - E chi, invece, doveva realmente pagare i figuranti? Giuseppe Gallo, produttore del film, non vuole alcuna responsabilità. "Questa vicenda - afferma - danneggia anche me: in primo luogo perché getta un'ombra su un film al quale teniamo tantissimo. E perché ho emesso regolare busta paga e ho pagato i contributi. In assenza di pagamento, non ho alcuna pezza giustificativa per spiegare questa spesa".

LA FILM COMMISSION - "In effetti - conferma Nevina Satta, direttrice della Film commission - le buste paga sono state emesse. E gli assegni destinati giacciono in una banca. Noi, come Film commission, abbiamo anche il compito di controllare la regolarità delle procedure. Appena ho saputo di questa vicenda, mi sono fatta inviare tutti i documenti. Il pagamento è avvenuto: siamo nella situazione in cui chi doveva ritirare i compensi non lo ha fatto". Il pagamento all'iban della società, spiega, non era legalmente praticabile.

LA REGISTA - All'oscuro di tutto la regista, Laura Lucchetti: "Davvero i miei ragazzi non sono stati pagati? Non ci credo. Se serve, li metto di tasca mia. È un film al quale tengo tantissimo: non può essere infangato da una macchia simile".
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