Il delitto del pozzo di Manasuddas Mario Deiana decide di parlare
Respinte in udienza le accuse di minacce a un detenuto. Concluso il dibattimento in aula con le dichiarazioni spontanee di Mario Deiana, uno degli imputati per i delitti del pozzo di Manasuddas.Per restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
«L'hanno arrestato di sera e lo hanno fatto dormire nella mia cella. Ciucco raccontò a me e agli altri detenuti che la sua fidanzata, Antonella Artu, aveva subìto delle pressioni dalla questura perché dicesse che io avevo minacciato lui. Aggiunse pure che c'era un patto con la polizia per ottenere una riduzione di pena. La Artu, insomma, si ha inventato tutto». Le dichiarazioni spontanee di Mario Deiana, imputato con Sebastiano Pompita del duplice omicidio di Manasuddas, a margine dell'udienza di ieri, gettano una nuova ombra sulla gestione delle indagini per i delitti di Pietrina Mastrone e Tiziano Cocco. E, tutto sommato, considerando che il dibattimento si è concluso proprio ieri, non se ne sentiva il bisogno.
IL CASO CIUCCO Intanto perché la questione legata a Roberto Ciucco, un giovane balordo di Gavoi - fidanzato di Antonella Artu, la supertestimone nel processo per il pozzo dell'orrore - si è rivelata una sorta di boomerang per chi l'ha tirata fuori. Ma anche, quasi in una ritirata strategica, perché la Corte d'Assise non ha ammesso la deposizione dello stesso Ciucco e dei compagni di cella di Deiana. Sarebbe stato imbarazzante sentire sei detenuti dare ragione all'imputato e sconfessare la polizia sulle minacce che Deiana e Pompita avrebbero rivolto a Ciucco. Invece, è stato deciso che tutto questo non dovesse entrare in aula, e non solo per non allungare i tempi del processo.
LA TESTIMONE Che, di fatto, si è chiuso ieri mattina con l'estenuante deposizione di Federica Picca che ben poco ha aggiunto a quanto già si sapeva sulla storiaccia di Manasuddas. Non a caso il presidente Antonio Demuro ha ricordato alla testimone le migliaia di pagine contenenti le chilometriche telefonate con la Artu, amante e depositaria dei segreti di Mauro Fele (condannato all'ergastolo per il delitto Cocco) e che, comunque, ricordare o no non avrebbe cambiato di nulla l'economia del processo. Un processo già incardinato e con un finale scritto. Cioè, una sicura condanna per i due imputati, gli olianesi Deiana e Pompita sui quali pendono le accuse più gravi. Che sono poi quelle emerse dalle dichiarazioni del mezzo reo confesso Fele e confermate dalla Artu.
TENSIONE Ieri mattina, però, rispetto al clima che ha caratterizzato le altre udienze, ci sono stati dei momenti di tensione tra l'avvocato Gianluigi Mastio, difensore di Deiana, e il pm Daniele Rosa, prima che si procedesse alla stesura del calendario per la discussione. Singolare che l'avvocato Michele Mannironi, parte civile per la famiglia Mastrone, si sia opposto all'arringa di Francesco Lai, difensore di Deiana insieme a Mastio, sostenendo che l'ammissione al gratuito patrocinio (istituto di cui ha beneficiato Deiana), non prevede due legali ma solo uno, nonostante una prassi consolidata in tutti i tribunali d'Italia. Posizione legittima, certo, ma che ha suscitato perplessità e qualche polemica inutile. Il prossimo 14 maggio toccherà alla requisitoria del pm Rosa, pure ieri affiancato - è una consuetudine - dal capo della squadra mobile Fabrizio Mustaro (perché solo lui e non anche i carabinieri che hanno lavorato alle indagini?), quindi alle parti civili e alla difesa. Spazi brevi per le repliche. Sentenza prevista per metà giugno. ( v. f. )