Ci sono le chiacchiere, la propaganda, i sostenitori senza pudore della colonizzazione energetica della Sardegna, gli speculatori del vento e del sole. E, poi, però, ci sono i numeri. I documenti, gli atti, la carta che canta. Quello che sta accadendo nell’Isola del “vento furioso”, magistralmente raccontato dalla Deledda nei dipinti letterari del Gennargentu, è molto più di un agguato al mare e alla terra di Sardegna. Il combinato disposto sfugge ai più, considerato che l’assalto è apparentemente disordinato e senza regia. Riordinare i tasselli di questa operazione non è partita facile. Migliaia di pagine, scritte il più delle volte in “ostrogoto”, funzionale alla logica del meno si capisce meglio è. Eppure, in quei fiumi d’inchiostro, dilapidati sul vento di Caprera o Carloforte, c’è una valanga infinita di elementi che consentono di smontare pezzo per pezzo quell’apparato messo in piedi solo grazie al richiamo di incentivi miliardari a favore del “sistema” speculativo fondato sulle energie rinnovabili.

Il sacco del vento

Non un piano energetico funzionale ad affrontare una seria Transizione Ecologica, ma un vero e proprio “sacco” delle casse pubbliche da svuotare a colpi di prebende di Stato in cambio di pseudo parametri, il più delle volte fittizi o solo funzionali a convogliare un fiume di denari verso le banche di turno, quelle che direttamente o indirettamente finanziano queste operazione d’alto bordo. Centinaia di paragrafi, relazioni il più delle volte replicate con la sola inversione dell’ordine di proposizione, dove si afferma tutto e il suo contrario. Alla fine, però, superato lo spavento del cumulo di carte catapultato via mail nelle Capitanerie di Porto è indispensabile chiudere il cerchio. Quando l’estate sta iniziando, con gli yacht, quelli ricchi e quelli meno appariscenti, che stanno già solcando le acque ancora libere dalle immani pale eoliche dei nuovi colonizzatori venuti da lontano, negli uffici di mare dislocati dallo Stato nei porti più o meno importanti ci si prepara a gestire l’orda barbarica di infiniti progetti di occupazione degli specchi acquei intorno alla Sardegna. Un assalto senza precedenti, capace di far impallidire la celebre operazione Overlord, la più grande invasione anfibia della storia moderna. Qui lo sbarco in Normandia, però, è stato messo in atto su più fronti, con un vero e proprio accerchiamento eolico su tutti punti cardinali dell’Isola, da nord a sud, passando per il versante est, sino a raggiungere, la scorsa settimana, quello ovest. Il quadro d’insieme è imponente nel numero di pale elefantiache proposto, destinato, però, a schiantarsi proprio per l’indescrivibile tasso speculativo di cui è permeato. I dati smantellano la superficiale tesi che le rinnovabili vanno favorite in ogni modo. I dati dicono tutt’altro.

Lo specchietto del green

Ci sono le energie rinnovabili e, poi, ci sono le speculazioni. Non distinguere le prime dalle seconde significa utilizzare lo “specchietto” del vento e del sole per favorire e foraggiare speculatori di turno, venuti o mandati, per devastare e depredare la Sardegna, sia in terra che in mare, con l’unico paravento del futuro green. Il caso dell’Isola dei Nuraghi smaschera in modo indelebile la propaganda di chi, come il Governo e i procacciatori di incentivi, descrivono come improcrastinabile occupare l’Isola a colpi di grattacieli d’acciaio, terrestri e marini. Il primo dato che smonta questa calata di progetti eolici in Sardegna è racchiuso a pagina 57 del Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima. Per intenderci, non quello vecchio, ma quello trasmesso il 17 gennaio del 2020 alla Commissione Europea. Il dispositivo avallato dagli uffici di Bruxelles è esplicito: «Per il settore eolico offshore è previsto per l’Italia un obiettivo di crescita di 300 megawatt per il 2025 e di 900 per il 2030». Basterebbero questi due dati per smantellare i proclami di Draghi & Cingolani, forieri della rincorsa all’eolico offshore. Elementi che dovrebbero far riflettere anche le “mosche cocchiere sarde”, quelle pronte a saltare sul carro degli speculatori pur di svendere al miglior offerente mare e terra di Sardegna, in cambio di elemosine e prebende. Il ragionamento per smantellare questa calata eolica è elementare, capace di dissolvere anche la più ottusa “cocciutaggine”. In questi ultimi sei mesi tra nord e sud dell’Isola sono stati presentati ben 13 progetti di parchi eolici offshore, tutti sottoposti a richiesta di concessione per imponenti spazi acquei, da Caprera a Porto Cervo, da Olbia a Golfo Aranci, da Posada a Siniscola, da Pula a Teulada, da Sant’Antioco a Carloforte, da Alghero a Oristano, passando per Bosa.

682 grattacieli d’acciaio

La somma delle pale è da foresta amazzonica in mare aperto, ben 682 aerogeneratori da piazzare in mezzo al mare sardo, nel cuore delle rotte consolidate, da quelle dei cetacei a quelle dei mercantili, dagli yacht alle navi passeggeri. Quello che dovrebbe indurre tutti a più miti consigli sono i potenziali megawatt che questi grattacieli d’acciaio piazzati in mezzo al mare dovrebbero generare. Il calcolo puntuale è esorbitante: 10.416 megawatt. Il dato va comparato con la previsione italiana del 2030. Lo capisce chiunque, anche il più stolto o refrattario. Se l’Italia ha un obiettivo dichiarato nei dispositivi europei per produrre un potenziale eolico di 900 megawatt da qui al 2030, per quale motivo in Sardegna sono stati presentati progetti per 10.416 megawatt? In pratica tra Olbia, Cagliari e Porto Torres sono arrivati progetti per parchi eolici superiori di dieci volte quelli previsti per tutta l’Italia. Un dato eloquente, nascosto, non preso in considerazione nemmeno da Roberto Cingolani, un Ministro della Transizione Ecologica con il titolo di Fisico, quindi, con una certa dimestichezza con i numeri. Per quale motivo un Governo che si dichiara autorevole non ha fatto quello che hanno fatto in gran parte del mondo, ovvero assegnato aree a mare attraverso gare internazionali senza consentire le scorribande che si stanno consumando nelle acque di Sardegna? Di certo una gestione dilettantesca potrebbe sfociare in qualcosa di ben più grave, ovvero una sorta di mercimonio d’alto mare, tutto funzionale a far ritirare concorrenti in cambio di accordi, non dichiarati e non dichiarabili.

L’eolico è nudo

Posto che tutta questa energia eolica che vorrebbero produrre in Sardegna è palesemente smisurata, anche rispetto agli obiettivi “italiani”, chi dovrebbe utilizzare questa potenza “elettrica” da vento? Il dato anche in questo caso è un pugno in faccia per coloro che si dichiarano pronti a trattare con i signori del vento. La domanda sorge spontanea: trattare cosa? Secondo i parametri dichiarati nei progetti presentati in Sardegna quei 10.416 megawatt dovrebbero produrre energia per la bellezza di ben 12 milioni e 843 mila utenti finali.

Cornuti & mazziati

Peccato che nei registri anagrafici e di residenza della Sardegna, sino a prova contraria, sono registrati appena un milione e 590 mila cittadini. È fin troppo evidente che qualora quei progetti dovessero mai andare in porto nell’Isola del vento resterà solo il paesaggio violentato, le coste deturpate, la sicurezza della navigazione, compromessa per sempre. Di quell’energia qui non resterà niente. I poli per la produzione di Idrogeno verde saranno realizzati in Sicilia e in Puglia, ovviamente produrranno l’energia del futuro con il vento e il sole di Sardegna. Come si suol dire, i sardi saranno “cornuti e mazziati”.

© Riproduzione riservata