Lo scontro è senza precedenti, come se le lobby dell’energia avessero dismesso di colpo il tradizionale aplomb spartitorio sulla testa dei sardi e della Sardegna. Da una parte i signori del vento, sponsorizzati in lungo e in largo da Enel e Terna, la succursale statale della trasmissione elettrica e dall’altra la Snam, l’anima a gas dell’energia di Stato. Da quando il governo Draghi ha messo le mani sull’energia dell’Isola la guerra si è fatta fratricida. La corsa non è, ovviamente, a metter mano ai rilevanti deficit strutturali e infrastrutturali del sistema energetico della Sardegna, ma, semmai, ridurre l’Isola sempre più a colonia elettrica dell’Italia. Un piano studiato a tavolino, come se la spartizione sarda fosse questione da decidere nei palazzi di Roma e nelle sedi dorate delle lobby energetiche nazionali e internazionali.

Contentino di Draghi

In questo quadro il governo del banchiere d’Italia aveva tentato di ammaliare l’Isola con un mini “contentino” di gas per una Regione da sempre tagliata fuori dalle reti del metano. L’inserimento nel decreto energia di due rigassificatori al nord e al sud dell’Isola era, però, chiaramente solo un “contentino” da quattro soldi, con l’unico obiettivo di tacitare i sardi con qualche carro bombolaio e un po’ di bettoline in cambio del silenzio per il vero piano, quello di inondare la Sardegna di pale eoliche a terra e a mare per soddisfare le esigenze “rinnovabili” di gran parte d’Italia. Il ragionamento era stato pressappoco questo: diamo alla Regione un po’ di gas con accrocchi galleggianti a mare e, poi, gli rifiliamo migliaia di pale e distese infinite di pannelli fotovoltaici. Ogni più nefasta previsione è stata superata dalla realtà. Anche coloro che venivano annoverati tra i complottisti delle energie rinnovabili sono stati rapidamente spiazzati dall’incedere quotidiano di un quantitativo infinito di progetti, come se il piano del governo si fosse trasformato in un vero e proprio assalto all’arma bianca alle vette e alle coste dell’Isola.

Sardegna al guinzaglio

La strategia era fin troppo chiara: cancellare ogni autonomia energetica dell’Isola, chiudendo, senza alternativa, le centrali termoelettriche di Portovesme e Porto Torres, per costringere i sardi, con la scusa della Regione verde, ad accettare la dipendenza energetica da un cavo di connessione elettrica tra la Sardegna, la Sicilia e la Campania. In realtà quel cavo-guinzaglio oltre a mettere sotto scacco l’Isola ha il principale e fondamentale obiettivo di “rapinare” dalla Sardegna tutta l’energia eolica e solare necessaria per soddisfare gran parte della produzione rinnovabile italiana prevista nei piani sottoscritti a Bruxelles dal governo di Roma. Non è un caso che sino ad oggi, nei monti, nelle pianure e nelle coste dell’Isola, sono stati presentati progetti di “rinnovabili” che potrebbero soddisfare le esigenze elettriche di quasi venti milioni di abitanti a fronte del milione e mezzo di sardi. Tutta energia che verrebbe scippata ai sardi per essere immessa nel circuito elettrico italiano. Il piano di Draghi e Cingolani, però, si sta giorno dopo giorno scontrando con uno stato confusionale energetico che sta facendo emergere contraddizioni e veri e propri abusi di potere, soprattutto quello consumato ai danni della Regione Autonoma della Sardegna, sino a prova contraria ancora titolare di uno Statuto speciale con la competenza costituzionale primaria in materia di “Paesaggio” e “Governo del territorio” e concorrente sulla partita energetica. Sino ad oggi le lobby si erano fronteggiate solo nelle oscure stanze di Roma senza far trasparire all’esterno lo scontro senza precedenti sulle scelte energetiche per la Sardegna. Nel decreto Draghi è stato scritto che i rigassificatori galleggianti sarebbero potuti servire anche per la produzione termoelettrica, lasciando trasparire che quei terminali da sistemare nei porti avrebbero favorito la riconversione delle centrali a carbone di Portovesme e Fiumesanto. In un modus operandi ambiguo ed equivoco la possibilità era solo accennata, senza che niente di certo fosse stato previsto. La Snam, però, non si era persa d’animo.

Padrone del vapore

Nonostante il decreto non fosse stato ancora approvato si era precipitata a comprare una nave da trasformare in rigassificatore galleggiante per la modica cifra di 269 milioni di euro. Un investimento quanto meno precipitoso visto che l’analisi costi-benefici era tutt’altro che vicina alla realtà. A dare la mazzata al progetto rigassificatore ci ha pensato l’Enel che in Sardegna si muove come il padrone del vapore: decide tutto, sulla testa di istituzioni e cittadini, impone le scelte e non concede nemmeno il diritto di replica. Il documento che pubblichiamo è rimasto blindato per qualche giorno negli uffici più “omertosi” dello Stato per, poi, entrare nelle nostre mani. L’Enel non solo prende letteralmente a schiaffi la Snam, ma assume ancora una volta, nero su bianco, la posizione del padre-padrone delle sorti energetiche della Sardegna. La comunicazione è tanto stringata quanto “spregiudicata”. Il tono è quello di chi non solo ha deciso di affondare il progetto del rigassificatore della Snam, ma soprattutto quello di chi comunica, “apertis verbis”, alla Regione che chi stabilisce la politica energetica in Sardegna è l’Enel e non altri.

L’uno-due dell’Enel

Sono due le affermazioni pesantissime contenute nella missiva riservata per il ministro della Transizione Ecologica. La prima: secondo l’Enel, la Snam ha affermato che nell’analisi costi-benefici del rigassificatore rientrerebbe anche l’utilizzo del gas per la conversione della centrale Enel di Portovesme. E’ falso – sostiene l’Enel. Le parole scritte sono scudisciate elettriche: «Si precisa inoltre che non sono state presentate istanze di autorizzazione per assetti produttivi della centrale diversi da quello a carbone e che quindi la data del 31 dicembre 2025 è da considerarsi ad oggi quale termine di funzionamento della centrale Enel “Grazia Deledda”». In pratica per Enel, caschi il mondo, il 31 dicembre del 2025 la centrale di Portovesme si chiude. La seconda è ancora più dura della prima: «Si apprende, invece, dalla lettura delle integrazioni trasmesse dalla Società Snam che nell’analisi costi benefici per il progetto in oggetto sia stata valutata anche la realizzazione di un metanodotto di allacciamento alla centrale termoelettrica Enel “Grazia Deledda” nonché siano state valutate sinergie con il funzionamento della centrale stessa per la riduzione degli impatti ambientali delle acque di scarico provenienti dal rigassificatore». La mazzata è durissima: «Enel Produzione S.p.A. non ha presentato progetti di riconversione della centrale a carbone di Sulcis in una centrale a gas, si ritiene che le considerazioni esposte nelle integrazioni al progetto “Terminale di Portovesme ed opere connesse” dalla Società SNAM Rete Gas S.p.A. in merito alle sinergie attuabili con il funzionamento della centrale Enel di Sulcis non siano coerenti né con il fine vita della stessa - previsto da Decreto AIA al 31/12/2025 - né ai progetti di riconversione dell’area». Non è dato sapersi a quali progetti di riconversione l’Enel faccia cenno, di certo sono campati per aria visto che non esiste nessun piano di riconversione che preveda la cessazione della produzione energetica.

Il golpe pseudo verde

È probabile che l’Enel faccia riferimento ai propri piani, sino a considerarli acquisiti e accettati da tutti solo perché decisi dal padre-padrone del vapore elettrico. In questo quadro, del resto, non ne fa mistero nella stessa comunicazione al Ministero. In pratica l’Enel non userà il gas della Snam anche “in considerazione del progetto Sardegna Isola Verde promosso dal Gruppo Enel, improntato sulla sostenibilità e sull’elettrificazione dell’isola sfruttando unicamente le tecnologie rinnovabili”. Come dire abbiamo già deciso noi, per i sardi, per la Regione e anche per i signori del vento. Una posizione che rischia di finire dritta sulla scrivania dell’Autorità garante per la Concorrenza e il Mercato considerato che in quella comunicazione emerge in maniera evidente la prevalenza monopolista di Enel sul mercato, a tal punto da imporre scelte in contrasto con le stesse posizioni espresse dalla Regione, vedasi ricorso al Tar contro il decreto Draghi. Per la Sardegna si tratta di una posizione che finisce per schiacciare il mercato energetico a favore di una società che sta esercitando sino in fondo la propria posizione monopolista sino al punto di prevaricare sulle scelte energetiche di una Regione.

Il taglio del gas che non c’è

Ci sarebbe da domandarsi: ma la produzione termoelettrica in Sardegna può essere nelle sole mani dell’Enel che fa e disfa a suo piacimento? La partita è durissima e questa presa di posizione della società elettrica rischia di mettere l’Isola ancor più sotto scacco delle lobby energetiche a partire da quelle eoliche. Intanto, entro il due settembre, come da indicazioni dell’Autorità per l’Energia, si dovrà concludere la “Consultazione Snam Rete Gas e Terna su scenari domanda energetica Sardegna e configurazione virtual pipeline”. Ovviamente tutte consultazioni da svolgere in pieno agosto, giusto per evitare disturbatori seriali. Le due società, però, per proprio conto, fregandosene delle consultazioni, hanno già deciso di tagliare i consumi di gas previsti per la Sardegna. Si passerebbe dal miliardo e mezzo ipotizzati sino ad oggi in tutti i piani della Snam ad una domanda di gas complessiva ridotta a 977 milioni di metri cubi/anno al 2030 e 1029/anno al 2040. In pratica ai cittadini sardi di gas, se mai venisse realizzato il rigassificatore, ne arriverà poco e niente. Per l’Isola del sole e del vento l’autonomia energetica è sempre più un miraggio. A Roma, Enel, lobby e Governo hanno già deciso: la Sardegna sarà la colonia energetica d’Italia.

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