La guerra dei veleni è appena iniziata. La corrispondenza tra Regione, Arpas e Provincia del Sud Sardegna è qualcosa di più di un normale scambio epistolare tra enti pubblici. Quello che emerge da un carteggio di cui siamo entrati in possesso è uno scontro vero e proprio sulla gestione, e sui controlli, nella collina dei veleni tra Gonnesa e Carbonia. Lì, ora, la discarica di rifiuti pericolosi è chiusa. Tutti a casa i lavoratori, spediti senza troppi complimenti in cassa integrazione e sostituiti da quattro vigilantes privati.

76 niet

In ballo ci sono questioni rilevanti: da una parte i silenzi sulle certificazioni su quel traffico imponente di rifiuti arrivati, senza autorizzazione, dal resto d’Italia, e dall’altra il futuro di quella discarica rimasta senza assicurazione, visto che ben 76 compagnie assicurative si sono rifiutate di dare udienza alla Riverso. Garanzie inesistenti che hanno portato alla serrata, con un pericolo immane per l’intero territorio, visto che la compagnia bulgara che nel 2016 aveva stipulato la polizza è stata interdetta a livello internazionale. Doveva garantire non solo la chiusura in sicurezza del sito, ma anche il monitoraggio, per trent’anni, di quei milioni di tonnellate di veleni. Su queste due questioni rilevanti la partita si fa dura. A contenderla non c’è solo la Riverso, ma anche lo scontro sotterraneo tra soggetti pubblici. In questi giorni la contesa tra Regione e Provincia del Sud Sardegna è diventata esplosiva. L’Assessorato regionale dell’Ambiente vuole chiarezza su controlli e monitoraggi su quel traffico di rifiuti, denunciato dal nostro giornale agli inizi del 2021, con quelle immagini inquietanti di tir carichi di amianto, e non solo, sbarcati dalle navi e diretti verso Serra Scirieddus.

Fuoco incrociato

La prima missiva del fuoco incrociato è del 24 settembre scorso. Protocollo 24215. E’ la Regione, titolare della competenza ambientale, che scrive alla Provincia, responsabile amministrativa del controllo della discarica. La ricostruzione è tutta rivolta a quel carico di veleni mai svelato: cosa trasportavano quei bigbags, grandi sacchi bianchi con la “A” di amianto impressa in rosso, nel loro viaggio, prima via nave e poi sulla SS.130, verso Carbonia? Un dato è certo: quei campioni non sono stai mai completamente analizzati, da quanto scrive la Regione e conferma la Provincia, perché i titolari della discarica, e qualche produttore, li hanno dichiarati “non rappresentativi”. Lo scrive la Regione nella sua missiva ricordando la visita ispettiva nella discarica subito dopo quel carico di veleni: «Le aliquote di campioni di rifiuti che il gestore conserva e mette a disposizione per eventuali controlli da parte delle autorità competenti, acquisite in data 18 febbraio 2021, erano costituite da quantitativi limitati di rifiuto per cui è stato possibile eseguire solo test di cessione per la verifica dei limiti di cui alla tabella cinque…, mentre nel programma di indagine è stata prevista anche la verifica di conformità all’allegato sette». La Regione lo dice espressamente: i campioni non si sono potuti analizzare perché la Riverso non ha conservato un quantitativo sufficiente per garantire l’esame completo dei rifiuti scaricati in discarica. Dunque, quel campione di veleni, trasportati via mare e lungo l’asse Cagliari – Sulcis, sino al “buco” di Monti Onixeddu, non era stato conservato in modo tale da essere verificato secondo i crismi di legge. In pratica quei campioni conservati erano risultati inutili ad effettuare il panel completo delle analisi previste dalla normativa vigente in materia di rifiuti. E’ qui che la Regione, nella missiva di cui siamo in possesso, mette nero su bianco la richiesta di provvedimenti sanzionatori perché è venuto meno uno dei passaggi chiave del controllo dei rifiuti, la conservazione dei campioni per poter effettuare, entro un anno, le verifiche necessarie.

Violazioni & sanzioni

Scrive la Regione: «Si chiede se codesta Provincia abbia adottato provvedimenti in merito, considerato che i campioni non sono stati prelevati in quantità tale da consentire l’esecuzione dell’intero panel analitico previsto e, pertanto, ciò non ha consentito agli enti di controllo di svolgere compiutamente le funzioni loro attribuite…». E’ il 27 settembre quando l’ente intermedio del Sud Sardegna comunica: «Non sono stati ancora emessi provvedimenti in quanto l’Arpas non ha evidenziato negli esiti finali il mancato rispetto delle prescrizioni contenute nel quadro autorizzativo». In pratica la Provincia e la stessa Arpas non vorrebbero elevare le sanzioni di legge alla Riverso, come chiede la Regione, perché nella prescrizione dell’Autorizzazione Integrata ci sarebbe, a loro dire, una definizione generica di “campione” di veleni da conservare in discarica. E arrivano a scriverlo: «Infatti, proprio la stesura della attuale prescrizione Aia, non ha consentito a questa amministrazione di muovere dei rilievi alla ditta Riverso, in quanto nella prescrizione si parla di “campione” e non di “campione rappresentativo”, e dovendo applicare correttamente le definizioni riportate all’interno delle norme Uni è chiaro che sotto questo profilo nulla risulta eccepibile a carico del gestore circa il mancato rispetto delle prescrizioni Aia». La risposta della Provincia manda su tutte le furie gli uffici della Regione. Daniela Manca, direttore del servizio di tutela dell’atmosfera e del territorio dell’assessorato regionale, risponde per le rime. E’ il 6 ottobre scorso. La missiva è fulmicotone: «La richiesta di questo Servizio, attiene al fatto che l’autorità preposta al controllo, in occasione della visita ispettiva del 18 febbraio 2021, non abbia potuto svolgere compiutamente le funzioni previste dalla normativa...». La nota assume i toni della reprimenda dura e circostanziata, ma aggiunge anche una considerazione di logica e di minimo buon senso: «Infatti, non si comprende quale possa essere la finalità del prelievo e conservazione dei campioni se non quella di consentire la ripetizione dell’intero panel analitico da parte dell’autorità competente al controllo al fine di verificare la conformità del rifiuto ai criteri di ammissibilità in discarica».

Rivedete le decisioni

La missiva si conclude con una disposizione senza preamboli: «Si chiede a codesta amministrazione di rivedere le proprie valutazioni in merito al rispetto, da parte del gestore, delle prescrizioni dell’Autorizzazione Integrata Ambientale». Ma non è finita. La Regione dispone che l’Arpas verifichi «se anche gli altri campioni, prelevati dal gestore e conservati in impianto per un periodo non inferiore a due mesi e/o 12 mesi risultino non rappresentativi...». In ballo, dunque, c’è una partita delicatissima, che riguarda i veleni interrati a Monti Onixeddu. I gestori che dovevano conservare secondo legge i campioni di quei rifiuti non lo hanno fatto e al momento opportuno, in fase di verifica, hanno dichiarato che quelle frazioni di rifiuti, da loro conservate, erano di fatto inutili perché “non rappresentative”. La Regione non dovrà attendere a lungo per avere le risposte sul resto dei campioni. L’amministratore della Riverso, per rispondere alla segnalazione della Uil territoriale alla Procura per il grave rischio ambientale in seguito all’abbandono della discarica, ha divulgato un verbale dell’Arpas sull’ultimo sopralluogo a Serra Scirieddus, quello dell’11 ottobre scorso.

La confessione

Nel testo firmato, infatti, il gestore della discarica, Raffaele Garau, ha serenamente dichiarato: «I campionamenti non sono stati eseguiti secondo la norma Uni 10802/2013 in quanto impossibile da gestire in considerazione al numero di carichi in ingresso. La tempistica necessaria per il campionamento limiterebbe i conferimenti a circa 3-4 giornalieri a fronte di una richiesta anche di 50». Di quello che è stato seppellito dentro la discarica, secondo questi verbali, non si può sapere niente di più: sono tutti campioni “non rappresentativi”. Ultima annotazione: la Riverso con una nota afferma: la «discarica non è in stato di abbandono». Peccato che tutti i lavoratori siano in cassa integrazione e le «precise indicazioni comportamentali» siano state fornite «al personale esterno». E, infine, silenzio assoluto sull’elemento chiave: l’assicurazione della discarica. Una montagna di veleni senza alcuna garanzia in essere. Nessuna compagnia l’ha voluta assicurare e non esiste nessuna copertura che garantisca la messa in sicurezza, la chiusura fisica della discarica e il monitoraggio per i prossimi 30 anni, come prevede la legge. L’assicurazione bulgara, la Nadejda, aveva dichiarato una copertura sino a giugno 2023. La Provincia ci aveva pure creduto.

Assicurazione dileguata

Peccato che l’IVASS (Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni) il 17 agosto del 2017 avesse reso noto che l’Autorità di Vigilanza bulgara aveva revocato l’autorizzazione all’esercizio dell’attività assicurativa nei confronti della Insurance Company Nadejda Ad. Nella Provincia del Sud Sardegna continuano a far finta di niente, nonostante in un caso analogo, con la stessa Nadejda, la Sezione Autorizzazioni Ambientali della Regione Puglia, con decorrenza immediata, ha sospeso l’attività di ricezione dei rifiuti per mancanza di garanzie. Nessuno qui, invece, si preoccupa del futuro di quella montagna di veleni. A Serra Scirieddus, quei veleni, sconosciuti e sepolti, non li garantisce più nessuno.

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