Quando il taxista s’infila nei vicoli stretti e brulicanti dei quartieri spagnoli capisci che «Napul’è». Luciano De Crescenzo, che la città di Totò, Pino Daniele e De Filippo la conosceva davvero, non scherzava: a Napoli il semaforo rosso non è un divieto, è solo un consiglio. Inutile fargli notare che quella via ha un cartello evidente di senso unico. Chi prima riesce ad attraversarla passa, l’altro suona e protesta. Lo slang napoletano del conducente a tassametro è stretto, ma osare una domanda non fa scattare la tariffa della guida turistica. Se gli chiedi di portarti dal Gigante di Mont ‘e Prama non ci pensa su due volte.

Totò e le ossa del Gigante

Non ti dirà mai che non sa di cosa gli stai parlando e rilancia, esattamente come avrebbe fatto il Principe de Curtis: «le ossa del gigante?». Non le ossa, proprio il Gigante di Mont ‘e Prama. È esposto al Museo. Il volto è di colui che sa perfettamente dove portarti. Dopo un po’ di incroci a raso e despoti contromano, esclama: «eccoci arrivati». Peccato che fosse il Museo d’Arte Contemporanea, quello di via Settembrini, dove il Pugilatore in trasferta non aveva proprio l’età per entrare. Non si perde d’animo e soggiunge: «Ho capito perfettamente dove l’hanno messo, se è una Statua antica è all’Archeologico». Altro giro, altra corsa. Ad accoglierti c’è una biglietteria formato Covid, distanze e plexiglas per tutti. I cartelli a penzoloni nel monumentale Museo archeologico di Napoli raccontano le mostre del piano nobile.

Manga Heroes & Gigantes

C’è quella dei “Confratelli”. Risulta terminata il 30 giugno, ma le indicazioni sono perentorie: collezione preistoria sala 129, livello secondo. I piedistalli affiancati l’un l’altro annunciano, sempre al secondo piano, questa volta Sala Plastico di Pompei, la mostra di "Manga Heroes”, gli eroi e i miti alle pendici del vulcano. La raffigurazione è da fumetto, con una sorta di superman in formato volante. E, poi, “Sardegna, Isola Megalitica”, Sala della Meridiana. In fila per un ticket da 18 euro ci sono gli zoccoli dei viandanti e le t shirt dei turisti sopraffatti da 40 gradi di umidità a fior di pelle. Non si può scegliere: paghi l’ingresso e puoi vedere ciò che vuoi. La guida turistica si rivolge ai vacanzieri con tanto di tessera di riconoscimento appesa al collo. Promette visita guidata per singoli e comitive, tre lingue a scelta: italiano, spagnolo e francese. I francesi se l’accaparrano subito.

Baraccopoli verde

Per chi cerca il “Gigante” non c’è scampo, deve far da sé. La visita guidata è solo per il Museo, le sue sale e le mostre archeologiche permanenti. La rampa di scale è imperiale, ma è nascosta da una sottospecie di “giardino” secco e spoglio che si erge impetuoso come una “baraccopoli di verde” proprio sull’uscio della scalinata. Pietre raccattate chissà dove, brutte come cambiali scadute, erette a semicerchio per tentare di nascondere gli altrettanti orribili vasi di plastica. La schivano tutti quella foresta secca da sagra della porchetta. Eppure è l’ingresso di uno dei Musei archeologici più rinomati dello Stivale. Contravvenendo al flusso dei visitatori, lo sguardo si rivolge alla targa rievocativa affissa sul pilastro destro del monumentale accesso. La spiegazione di quel dileggio ambientale è tutta in una frase spiaccicata come un “epitaffio” senza appello. Poche parole per devastare l’immagine di una terra unica: «Paesaggio tipico della Sardegna». È inutile cercare attenuanti nella miopia, nell’Editto c’è scritto proprio così. Una rappresentazione tanto fuori luogo quanto surreale, capace di mortificare come mai prima il patrimonio ambientale unico e irripetibile dell’Isola dei Nuraghi. Una vera e propria barriera di mirto secco, lecci ridotti in fin di vita da una carestia idrica peggiore di quella del nord Italia, corbezzoli trasformati in fogliame da pellet. Il preambolo alla “ Mostra Nuragica”, però, è solo agli inizi.

Oltraggio alla Reggia

Dietro quella muraglia di “secco” si erge quello che per un turista di passaggio, alla ricerca di una spiegazione, è una sottospecie di “Maschio Angioino”, il Castel Nuovo proteso sul lungo mare di Napoli. Peccato che, se anche fosse, sarebbe in formato miniaturizzato, roba da costruzioni lego. Non è così, purtroppo. Stampigliata con vernice sul pavimento c’è un’indicazione esplicita che avrebbe portato Giovanni Lilliu, il “Sardus Pater”, dritto dritto alla prima stazione dei Carabinieri per denunciarne l’oltraggio. Le immagini che pubblichiamo sono più esplicite di ogni parola. La magnificenza della «Reggia di Barumini» ridotta ad un “mignon di polistirolo”, con la Civiltà Nuragica, quella dei Giganti, trasformata in un format tascabile milionario.

Occhi solo per la Meridiana

La guida turistica in francese ha già raggiunto la sala Meridiana, quella che ospita il “Gigante Pugilatore”. La spiegazione francofona, voce squillante e professionale, salta a piè pari ogni riferimento a quella “povera” statua deportata da Mont ’e Prama, in nome e per conto di un affaire d’oro, con tanto di tour per quattro musei internazionali, da Berlino a Salonicco, da San Pietroburgo a Napoli. Qui, nella sala della Meridiana, il Gigante “orfano”, l’hanno sistemato all’angolo estremo di uno spazio regale. In realtà del Gigante non si accorge quasi nessuno. La sala, infatti, è dedicata, all’orologio solare che si attiva solo grazie all'ingresso della luce del sole attraverso un piccolo foro ricavato nel soffitto. Il turista che si affaccia, dunque, ha lo sguardo tutto rivolto al cielo e alla diagonale della “Linea Meridiana” che ripercorre il pavimento. Nel Gran Salone quella proiezione a terra della rotazione oraria del sole scandisce il passare del tempo, quello che segna la mortificante solitudine del “Pugilatore” di Mont ‘e Prama, privato di sguardi e attenzioni.

Sardus Pater tradito

I pannelli plastificati che lo affiancano cancellano ogni fascino, dissacrando la grandezza di quell’insieme statuario che Giovanni Lilliu aveva esortato «a non dividere mai». Separarli avrebbe avuto l’esito che a Napoli si tocca con mano: una ”diminutio” storica archeologica devastante, come se dei Bronzi di Riace se ne portasse in esposizione solo uno, o che i soldatini in terra cotta dell’esercito cinese facessero il tour ad uno ad uno. La sintesi è uno spot al contrario: cespugli rattoppati, Gigante abbandonato, quattro pannelli opachi e nemmeno una guida. Si potrebbe dire di un’operazione low cost, ma non è così. La realtà è, infatti, un’altra: il danno d’immagine è rilevantissimo, al quale si deve aggiungere una cifra astronomica stanziata e, ormai, spesa per questo “Gigante Tour”.

Spese folli

I capitoli di bilancio delle somme dedicate a questa Mostra itinerante, “Mediterraneo, la Civiltà millenaria e Nuragica dalla Sardegna verso San Pietroburgo e dintorni”, segnano la gigantesca somma di 2 milioni e mezzo di euro. Non c’è traccia dell’impegno dell’intera cifra: di certo esiste solo un affidamento diretto dell’assessorato del Turismo della Regione fatto ad una sconosciuta società di Mogliano Veneto, la «Villaggio Globale International», una srl che si è proposta di organizzare questo tour per la “modica” cifra di 360 mila euro per ognuna delle quattro trasferte. Il costo di ogni viaggio, per capire l’entità della spesa, vale quanto il noleggio di 36 aerei, ovvero 7.200 posti, 28.800 se si considerano tutte e quattro le trasferte, con tariffa residenti da Roma a Cagliari. Per tutte le quattro tappe la determinazione, la numero 132 dell’undici marzo del 2020, ha disposto il pagamento della bellezza di un milione e 433 mila euro. Il poker di mostre, ovviamente, non sono misurabili in alcun modo: né come numero di visitatori, tantomeno come eventuale ritorno turistico, senza considerare il potenziale danno da “diminutio” d’immagine per la Civiltà Nuragica. Ogni mostra, infatti, non aveva un ingresso dedicato al “Gigante”, impedendo, dunque, di contabilizzare il vero numero dei visitatori. A San Pietroburgo, per esempio, “il Pugilatore” è finito in un andito marginalissimo del Museo Ermitage e a Napoli in un angolo di una sala destinata ad un’altra attrattiva. Resta, infine, da capire la storia di questo affidamento diretto ad una società che vanta un legame tanto esclusivo quanto anacronistico proprio con la Russia di Putin. C’è, poi, il capitolo utilità. Intorno ai Giganti stanno ruotando ingenti somme che stridono con il degrado assoluto del sito di Mont ‘e Prama a Cabras, ridotto ad una sorta di campo di patate, con erbacce ovunque e un abbandono sconcertante, con scavi archeologici gestiti come la scadente manutenzione di una rete idrica urbana, ogni tanto una trincea solo quando si buca un tubo.

Mont ‘e Prama abbandonato

Sulla propaganda, da non confondere con la promozione, si sta, invece, continuando a spendere una valanga di soldi pubblici per un sito archeologico che a tutt’oggi è ancora totalmente vietato a turisti e visitatori. Inesistente anche un minimo progetto serio di scavi e di valorizzazione complessiva dell’area. Per non parlare dell’ampliamento del museo di Cabras: doveva essere concluso a gennaio di quest’anno, ma è ancora in altissimo mare. Il caso più spinoso di questa vicenda, però, è quello che riguarda l’affidamento “diretto” di questo tour, senza alcuna gara ad evidenza pubblica, alla “Villaggio Globale International Srl”. Nella delibera d’incarico è scritto che i signori di Mogliano Veneto sarebbero «esclusivisti per il servizio richiesto». Dagli atti risulta, invece, che la Regione non ha richiesto niente, ma che a proporre l’operazione sia stata proprio la società con le chiavi del Cremlino.

Soldi agli amici di Putin

Affidare una cifra di questo importo, un milione e 433 mila euro, a chi ne fa semplicemente richiesta solo perché “vanta” un rapporto esclusivo con gli amici di Putin è roba da far impallidire chiunque. È evidente che tutte queste spese dovranno essere soppesate nel dettaglio. Cifre che, in una gestione trasparente di questo immenso patrimonio archeologico, unico e indivisibile, dovrebbero essere rese pubbliche senza ulteriori ritardi, con tanto di lista dei novelli archeologi trasformati in turisti per caso. Ultima annotazione. Quando il taxista ha scoperto l’ammontare della spaventosa cifra spesa per trasportare il Gigante a Napoli si è limitato a commentare il suo errore iniziale con le parole di Pino Daniele: «Je so' pazzo».

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