Una donna spaventata, succube della cognata, non in grado di valutare le conseguenze delle punizioni al limite delle sevizie che infliggeva al figlio e lei stessa sottoposta (insieme al marito) a vessazioni come docce ghiacciate e restrizioni nell'alimentazione.

Sono alcune delle circostanze che trapelano dal processo, in corso a Tempio, a carico di una casalinga di Arzachena, accusata, insieme alla cognata e al marito, di avere segregato e maltrattato il figlio di 12 anni.

Il difensore della madre del ragazzino, l'avvocato Alberto Sechi, ha fatto la sua arringa davanti al gip Marco Contu. Il legale ha insistito sul profilo psicologico della sua assistita, che, stando alle indagini, dipendeva in tutto e per tutto dalla cognata (ritenuta l'ispiratrice delle punizioni corporali inflitte al ragazzino).

La donna (che avrebbe anche affidato tutto il suo denaro alla cognata) riteneva di essere inadeguata come madre e proprio la cognata avrebbe fatto leva su questo convincimento. L'educazione, le punizioni da infliggere al minore, i rapporti con il figlio, erano questioni sulle quali la casalinga non aveva più nessuna autonomia.

E si parla anche di un intervento di sterilizzazione al quale la madre del ragazzino avrebbe deciso di sottoporsi per non avere più bambini, convinta di non essere nelle condizioni di allevare un figlio. La circostanza, stando a indiscrezioni, è agli atti dell'indagine.

L'avvocato Alberto Sechi ha chiesto al giudice di tenere conto del contesto nel quale è maturata la vicenda. Ha parlato anche il legale del padre del ragazzo, l'avvocato Marzio Altana, che ha ricordato al gip una circostanza emersa durante le indagini: nel diario della vittima (documento chiave dell'inchiesta) non si quasi mai riferimento all'uomo.

I pm hanno chiesto 15 anni di carcere (dieci anni con la riduzione prevista dal rito abbreviato), il 22 giugno parlerà il legale della zia del ragazzino, il penalista Angelo Merlini.
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