L’inganno, l’ennesimo, si consuma, nel mese della mietitura. Il «sacco» delle aree agricole della Sardegna è “nascosto” in un decreto appena convertito in legge dal Parlamento di Roma. Una beffa senza precedenti in questo assalto “vigliacco” dello Stato all’Isola del sole e del vento. L’operazione era stata studiata a tavolino, portata a termine senza alcun sussulto, con la complicità di molti e il silenzio di tanti. Il Decreto è il solito “trenino” legislativo dove agganciare di tutto e di più.

Kiwi & granchio blu

In principio doveva occuparsi di agricoltura, alla fine è diventato un provvedimento “omnibus” carico di incentivi per pere e kiwi, di interventi per fermare la proliferazione del Callinectes sapidus, il granchio blu, sino alla lotta alle “passeggiate” urbane dei cinghiali oltre Tevere. I riflettori, però, erano tutti puntati sull’articolo 5 del «decreto-legge 15 maggio 2024, n. 63, recante disposizioni urgenti per le imprese agricole, della pesca e dell’acquacoltura, nonché per le imprese di interesse strategico nazionale». È in quel dispositivo che, il Governo prima e il Parlamento dopo, assestano un colpo durissimo alla già indifesa terra dei Nuraghi. In sostanza, l’esecutivo Meloni, su proposta del Ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, aveva deciso di fare un “regalo” alle organizzazioni agricole nazionali che chiedevano di fermare l’assalto fotovoltaico ai campi agricoli.

Il "sacco” della Sardegna

Detto fatto: nella prima stesura del Decreto il divieto a realizzare spianate di pannelli sulle aree agricole era pressoché totale. Sin dall’inizio, nel testo del provvedimento varato da Palazzo Chigi, c’erano, però, due vulnus letali per l’Isola. Il primo: i nuovi divieti valevano solo per i progetti da presentare dopo il varo della nuova legge, mentre quelli già presentati sarebbero stati valutati con le norme previgenti. In questo caso la Sardegna sarebbe stata “ingannata” senza troppi convenevoli visto che gran parte dei progetti fotovoltaici e agrivoltaici per devastare l’Isola erano stati già presentati da tempo.

Doppia beffa

Il secondo vulnus è un doppio “inganno”: la norma dello Stato che vieta “urbanisticamente” il fotovoltaico nelle aree agricole non vale per la Regione Autonoma della Sardegna che ha competenza primaria proprio nella materia «urbanistica». Una doppia beffa: da una parte lo Stato tutela le aree agricole del “Continente”, ricadenti nelle Regioni ordinarie, dall’altra la Regione sarda decide di non utilizzare la propria competenza “urbanistica” affidando la tutela delle aree agricole sarde ad una pseudo «moratoria» rivelatasi già palesemente inutile, inefficace e funzionale solo a perdere tempo. Una disposizione legislativa approvata dal Consiglio Regionale su proposta della Giunta che sta di fatto facilitando tutti quei faccendieri e speculatori che, in assenza di qualsivoglia «divieto», continuano non solo a consumare impunemente la devastazione agricola a colpi di ruspe e pannelli, ma persistono ad inondare gli uffici di Roma, e non solo, di nuovi progetti fotovoltaici e agrivoltaici, come se per tutta questa devastazione non ci fosse una fine. Una disposizione, quella appena varata da Montecitorio, dopo il passaggio a Palazzo Madama, che rischia di mettere ancor di più l’Isola sotto attacco, visto che la strada legislativa intrapresa dalla Giunta regionale sarda è devastante: saranno, infatti, individuate solo «aree idonee», ben sapendo che il decreto Draghi considera di fatto «idonee» anche quelle che non rientreranno tra quelle indicate dalla Regione. Un vero e proprio “imbroglio” sostanziale e lessicale, che metterà l’intera Isola in un vicolo cieco. Sulle «aree» dichiarate esplicitamente «idonee», se mai si avrà il coraggio di indicarle, saranno applicate corsie rapide e preferenziali per approvare i progetti. Su tutte le altre aree, invece, anche se non dichiarate idonee, non ci saranno «divieti» per piazzare pale eoliche o distese di pannelli fotovoltaici, ma saranno previste “solo” procedure e tempi ordinari per le approvazioni.

Un milione e mezzo di ettari

L’operazione di Roma, con quella inutile di Cagliari, sembra un combinato disposto capace di lasciare oltre un milione e mezzo di ettari di zone agricole della Sardegna senza alcuna protezione rispetto ai piani speculativi che giorno dopo giorno spuntano in ogni angolo più remoto dell’Isola. Sul piano legislativo si verifica di fatto un vuoto normativo tutto a discapito della Sardegna. In Italia, infatti, sarà vietata l’installazione degli impianti fotovoltaici, con moduli collocati a terra, «in zone classificate agricole dai piani urbanistici vigenti», nell’Isola, invece, non avendo la Regione utilizzato la competenza primaria in materia «urbanistica», si potrà continuare a “piantumare” acciaio, silicio e pale eoliche a gogò, senza che nessuno faccia niente per vietarlo.

Competenza urbanistica

In questa vicenda ci sono dirette responsabilità della Regione sarda nell’aver deliberatamente scelto di non approvare una norma “urbanistica” per “vietare” categoricamente l’assalto ai campi agricoli, e non solo, della Sardegna. Una disposizione di rango “costituzionale” prevista all’articolo 3 lettera «f» dello Statuto che disciplina proprio la competenza primaria in materia di «urbanistica». Un passaggio che il Governo di Roma non si è fatto sfuggire. Nell’ultima stesura della conversione in legge del Decreto non è un caso, infatti, che si siano ricordati di aggiungere la clausola, “dovuta” ma letale, che “scarica” di fatto le aree agricole della Sardegna: «Clausola di salvaguardia - 1. Le disposizioni del presente decreto si applicano nelle Regioni a Statuto speciale compatibilmente con i rispettivi statuti». Come dire: visto che lo Statuto sardo prevede la competenza «Urbanistica» in capo alla Regione, questa norma statale non può trovare applicazione nell’Isola.

Fermare il disastro

A Roma, però, hanno pensato a tutto. Se la Regione sarda avesse intenzione di farla propria, così come l’hanno scritta i Palazzi del potere romano, si dovrà attenere ad una clausola esplicita: il divieto «non si applica ai progetti per i quali, alla data di entrata in vigore del presente decreto, sia stata avviata almeno una delle procedure amministrative, comprese quelle di valutazione ambientale...». Ora, anche alla luce della norma “urbanistica" adottata dallo Stato per le Regioni ordinarie, è tutto fin troppo chiaro. La Sardegna ha una sola strada per fermare l’invasione: utilizzare la competenza primaria in materia di «urbanistica» per vietare l’invasione, fermando anche i progetti già presentati. Tutto il resto sarà complice della devastazione dell’Isola, del grano e dei Nuraghi.

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