Una “guerra santa” tra grandi famiglie cagliaritane, un ricorso durissimo su veleni e omissioni aeroportuali messo nero su bianco con tanto di sigillo notarile, affari immobiliari, intrighi pubblici & privati. La vecchia Fas, la Ferriere Acciaierie Sarde, all’ingresso dell’aeroporto di Cagliari, non c’è più. Rasa al suolo, sparita come neve al sole, dopo 62 anni dall’inizio di quella storia metallurgica. Dal 1994 aveva smesso di sfornare ferro e acciaio, diventando negli anni un cumulo di veleni e un rudere da archeologia industriale.

Demolita l’Atocha di Elmas

Roba da far invidia, secondo gli ideatori del primo piano di riconversione dell’edificio, all’antica e imponente stazione ferroviaria di Atocha, nel cuore di Madrid. E, a dire il vero, il primo progetto, quello inizialmente autorizzato, in vigore sino a qualche mese fa, prevedeva proprio la salvaguardia e la valorizzazione di quegli edifici “identitario-industriali”. Poi, però, nei mesi scorsi, di punto in bianco, il repentino cambio di strategia e di progetto: da bene “archeologico” da sottoporre a “tutela” a inutile edificio da demolire senza perdere troppo tempo. Così è stato. Quasi con un blitz, fulmineo, senza ripensamenti, in un attimo migliaia di metri cubi si sono trasformati in una spianata da quaranta ettari, tra aeroporto e la prima porta di Cagliari, quella verso Elmas. Del resto non c’era tempo da perdere: su quel proscenio incombono le grandi catene commerciali, da Ikea a Leroy Merlin, tutte pronte a divorare nuovi spazi e incassi a manetta. Dietro questa storia, però, si celano tanti misteri e mille interrogativi.

I capitoli aperti

Ci sono le questioni ambientali, prima di tutto. Incombono, però, anche quelle aeroportuali, con tutte le implicazioni legate alla compatibilità dell’area con un centro commerciale di quelle dimensioni, avanzano senza remore le evidenti sovrapposizioni dei flussi di traffico all’ingresso del capoluogo della Regione, tali da costituire una barriera di auto e mezzi destinata a condizionare per sempre la connessione dell’area metropolitana con la più importante infrastruttura dell’Isola, l’aeroporto di Cagliari. Insomma, c’è quanto basta per dover metter mano alle carte autorizzative, all’iter burocratico, allo stravolgimento progettuale e alle contraddittorie posizioni espresse dagli enti competenti, prima rigidissimi nel negare autorizzazioni e, poi, invece, pronti a concedere tutto e di più. Non sono pochi i documenti che costellano la storia controversa di questo affare colossale da consumare alle porte di Cagliari. Un intervento urbanistico edificatorio destinato a stravolgere per sempre un’area delicata e sensibile, come l’ingresso di una grande città. Ad accendere i riflettori su questa operazione ci sono almeno quattro atti indelebili. Il primo: la richiesta di stravolgimento progettuale inoltrata alla Regione da parte della "Villa del Mas”, la società proprietaria di quell’area e di quelli che furono gli edifici della Fas, presentata il 19 maggio dello scorso anno. Il secondo: il pesantissimo giudizio iniziale dei funzionari della Regione su quel progetto di radicale modifica del piano. Il terzo: l’opposizione durissima presentata da un’altra società che denuncia tutti i rischi di quel nuovo progetto. Il quarto: un iniziale e formale diniego dell’Enac di scaricare il traffico del futuro centro commerciale nella strada di “emergenza” dell’aeroporto, per intenderci quella dove dovrebbero passare i mezzi di soccorso in caso di incidente con il repentino cambio di posizione dell’Ente statale. Capitoli con tanti paragrafi e infiniti interessi, tutti messi nero su bianco, documentati e verificati.

Il tapis roulant

A questo si aggiunge un fatto inedito, anch’esso messo nero su bianco, rivelato nei giorni scorsi dai proprietari dell’area ex Fas: il centro commerciale sarà collegato direttamente con l’aeroporto attraverso un tapis roulant. Non un’affermazione di poco conto, visto che lo scalo cagliaritano, sino a prova contraria, è e resta ancora un’infrastruttura pubblica, che in alcun modo può essere trasformata in un volano per affari privati. Difficile in tutto questo vortice di affari privati pensare ad una convergenza “astrale”, visto che ormai da due anni si cerca di privatizzare l’aeroporto cagliaritano.

Affari pubblici & privati

Un capitolo, quello della cessione ai privati del primo scalo sardo, che non appare marginale, viste le “implicazioni” dichiarate dagli stessi proprietari dell’ex Fas, proprio sul collegamento diretto tra l’aeroporto e la pianificata struttura commerciale. “Implicazioni” che si moltiplicano quando si analizzano nomi e cognomi dei “padroni” dell’acciaieria, dei titolari delle quote pubbliche della società aeroportuale, dei consiglieri di amministrazione dei potenziali acquirenti dei fondi privati e dei progettisti di cotanta “opera commerciale”, ideata per “connettere” a colpi di nastri scorrevoli i banconi di Ikea & company direttamente con i “gate” di Elmas.

Primo capitolo, demolizione

Partiamo, in sintesi, dal primo capitolo: variante progettuale con demolizione di tutte le strutture ex industriali e capping, ovvero la copertura con interramento e telo dell’intera area oggetto dell’intervento, seppellendo per sempre quei terreni intrisi di ogni genere di rifiuto chimico-fisico dell’ex acciaieria. Un piano che, di fatto, stravolge quello iniziale con il quale si era previsto il “salvataggio” di tutte le strutture del vecchio insediamento produttivo ritenuto a tutti gli effetti sito di “archeologia industriale”. Dunque, si cambia tutto e radicalmente perché – secondo quanto dichiarano i proprietari – «i dialoghi instaurati tra la proprietà e alcuni futuri potenziali locatari hanno determinato la necessità di revisione dell’intero layout distributivo e dell’immagine esteriore dei fabbricati per rispondere alle esigenze di alcuni marchi della grande distribuzione organizzata». Come dire, demoliamo tutto perché ce lo chiedono i “padroni” del commercio mondiale. Dai lineamenti decantati della “Stazione di Atocha” ad un capannone squadrato il passo è breve, e conveniente. Il ribaltamento totale del progetto, però, mette in discussione le autorizzazioni precedenti, compresa la Valutazione Ambientale.

I dubbi dell’Ambiente

Il «Servizio Valutazioni Ambientali» dell’Assessorato regionale non se la sente di chiudere gli occhi e lasciar passare quell’intervento stravolgente come la sostituzione di una serratura di casa. Prima di tutto chiede di attivare la procedura di verifica di assoggettabilità a VIA del nuovo intervento. Le argomentazioni della Regione per questo primo step, però, sono durissime. In molti, in quelle premesse, leggono l’obbligo di sottoporre a nuova “Valutazione” tutta l’operazione. Dentro l’Assessorato, però, sembrano avere due velocità: da una parte chi ha fretta di autorizzare e dall’altra chi vuole vederci chiaro. Il “clamoroso” progetto di variante viene presentato il 19 maggio 2023, appena sei giorni dopo, il 25 maggio, con una tempistica da velocisti, viene avviato l’iter per concedere il via libera. Nel frattempo, però, il “Servizio” mette nero su bianco un treno di problemi destinato, in teoria, a far saltare per aria quel repentino cambio di strategia. Il “rosario” di problemi è senza appello.

Progetto stravolto

Scrive il servizio: «le modifiche al Piano Operativo delle Bonifiche recentemente approvato comportano il significativo apporto di materiali dall’esterno; nuova valutazione della compatibilità dell’intervento con il vincolo aeroportuale; modifica topografica e rialzamento delle quote finite con consistente apporto di materiali dall’esterno non valutato in sede di Via; utilizzo di risorse naturali per i rilevati a causa dei nuovi e maggiori fabbisogni non valutati in sede di Via; maggiori e significative quantità di materiali di risulta non valutate in sede di Via e valutazione dei relativi impatti ambientali attesi; potenziali interazioni con le acque superficiali e sotterranee alla luce delle modifiche progettuali proposte».

L’incongruenza

Basterebbero queste argomentazioni per spedire a Via il nuovo progetto, ma il Servizio non si accontenta e sfodera altri colpi letali: «incongruenza tra la nuova ipotesi progettuale di demolire i fabbricati esistenti e quella della riqualificazione degli stessi scelta in sede di VIA in seguito alla valutazione puntuale di tutti gli aspetti negativi connessi alla demolizione che hanno portato a scartare la demolizione a vantaggio della riqualificazione». Insomma, nel primo progetto si era sostenuto che mantenere in piedi quei fabbricati “archeo-industriali” avrebbe avuto una valenza ambientale e strategica rilevante, ora, invece, senza remore, si sostiene l’esatto contrario. Anche per il più fantasioso esperto di pianificazione creativa non sarebbe stato facile affermare che autorizzare il restauro di quell’edificio avrebbe significato anche autorizzarne la demolizione. Eppure, così è stato. Alla fine la Giunta regionale, in modo del tutto singolare, ha deciso di “escludere” dalla VIA il progetto stravolto, un via libera con molti interrogativi, a partire da quel documento carico di osservazioni depositato in Regione da una delle grandi famiglie cagliaritane per aprire gli occhi su quel che accade nella vecchia acciaieria.

Corre il cantiere

Il cantiere di Elmas nel frattempo corre. C’è da coprire una valanga di terre sulle quali non è suggerito coltivare fragole. Le immagini che pubblichiamo sono eloquenti, con le stratigrafie dei materiali scuri dell’ex acciaieria che si commentano da sole. La regola è fare in fretta. Lì sotto, però, secondo le opposizioni presentate al progetto, ci sarebbe un volume di 64.000 metri cubi di terreni non conformi alle Concentrazioni di Soglie di Rischio. Questo, però, è un altro capitolo, tutto da raccontare, con atti e timbri notarili.

(1.continua)

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