La guerra ha stravolto lo scenario energetico planetario, europeo, italiano e sardo. Oggi l’Isola può giocare un ruolo da protagonista – come raccontano le pagine di ieri de L’Unione Sarda – senza eccezionali sforzi, dato che le basi per la “transizione” ci sono già: la prima è il Galsi, l’opera (si può concludere in 24 mesi) che darebbe alla Sardegna una dorsale in grado di distribuire da 1 a 2 miliardi di metri cubi di metano all’anno, e un domani consentirebbe lo scorrimento dell’idrogeno green. La seconda riguarda il carbone: abbiamo l’unico giacimento d’Italia (la miniera di Nuraxi Figus della Carbosulcis) e due delle sette centrali elettriche italiane che vanno a combustibile fossile, Portoscuso e Fiume Santo. Terzo punto: le rinnovabili, a condizione che servano ai sardi (la produzione attuale è già sovrabbondante) e non siano solo uno stupro per la nostra terra e il nostro mare.

Il prossimo futuro

Cosa succederà adesso? Nel futuro prossimo dell’approvvigionamento per l’Isola ci sarà il via libera a un’infrastruttura realmente strategica? Si guarderà alla cura dell’ambiente e del paesaggio, alle tariffe eque per tutti i sardi, alle rinnovabili funzionali ai nostri consumi e non a quelli degli altri, ai posti di lavoro nei territori già martoriati da infinite crisi? Il fatto è che questo Dpcm di cui si parla da tempo, che, malgrado l’insistenza per la firma arrivata nuovamente nelle scorse ore da sindacati e Confindustria, è osteggiato anche da diversi amministratori locali. Non solo: con la guerra della Russia in Ucraina è urgente realizzare piani che ci liberino dalla dipendenza da Mosca, e anche il premier ha riconosciuto che «potrebbe essere necessaria la riapertura delle centrali a carbone». Dunque quel decreto invasivo – come evidenziato nella cartina a fianco pubblicata anche ieri a sostegno della battaglia del nostro Gruppo per “La casa della famiglia sarda” – non solo riporta la Sardegna «all’epoca in cui era una colonia», come ha detto il sindaco di Porto Torres Massimo Mulas, è anche ampiamente sorpassato.

La Giunta

E in questa direzione sta andando la Regione. «Chiederò a Draghi che non mandi avanti il decreto e che le scelte sull’energia non vengano calate dall’alto, ma coinvolgerò sindacati, università e le altre parti sociali per uscire da un’impostazione che ha rinunciato all’autonomia energetica della Sardegna, di fatto trasformandola in un grande mercato di consumo». Così il presidente della Regione Christian Solinas nei giorni scorsi. Poi, il governatore ha scritto al ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti – «ti chiedo di riaprire la discussione sul sistema energetico sardo» – mentre l’assessora all’Industria Anita Pili ha fatto pressing con il responsabile della Transizione ecologica Roberto Cingolani – «quel decreto non ci soddisfa, e sulla versione finale è necessaria un’intesa, nell’ottica della più leale collaborazione tra istituzioni».

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