Ore 22.00 di un giorno qualsiasi. Estate o inverno non fa differenza. Carloforte, estrema periferia della salute pubblica. Isola nell’isola. L’incidente è di quelli da codice rosso. Traghetti troppo lenti e sempre lontani. Serve l'elisoccorso, quello indispensabile per salvare la vita. L’intervento è catalogato tra quelli “Tempo Dipendenti”. Tradotto significa che il fattore tempo è l’elemento decisivo per la qualità e l'esito delle cure, se non addirittura il “salvavita” in presenza di condizioni ad elevato rischio di mortalità. L’elicottero più vicino è a Cagliari. L’appalto del soccorso aereo, però, prevede che quel mezzo possa volare solo nella fascia oraria delimitata dall’alba e dal tramonto. Niente, l’unico elicottero abilitato al volo notturno per raggiungere Carloforte è di base nientemeno che ad Olbia, aeroporto Costa Smeralda.

Odissea Carloforte

La linea d’aria segna tra la capitale gallurese e l’Isola di San Pietro la bellezza di 224 km. Ci vuole non meno di un’ora dalla partenza all’arrivo nel sud della Sardegna. Facendo finta che l’elicottero possa atterrare con facilità nell’eremo di Gianni Morandi, ci vorranno altri 30 minuti da Carloforte al presidio del Brotzu a Cagliari, l’unico nosocomio d’emergenza dotato di atterraggio notturno. Il fattore tempo segna il tracollo. Un’ora e mezza è considerata fuori da qualsiasi tempistica emergenziale, figuriamoci in un intervento dove la salvezza del paziente deriva tutta dalla velocità di intervento.

La Maddalena, il calvario

Ipotizziamo il fronte opposto. Ore 22.00, giornata di mezza estate, arcipelago di La Maddalena. Intervento analogo. La base operativa per il volo notturno è sempre e solo quella di Olbia. Tra i tempi di attivazione e arrivo si possono ipotizzare, secondo le più rosee previsioni, 15 minuti per atterrare nell’Isola. Posto che i due unici centri dove si può intervenire per determinate patologie emergenziali sono dislocati uno a Cagliari e uno a Sassari, ci sono solo due ipotesi di soccorso. Il paziente, però, a quell’ora non può raggiungere Sassari in elicottero, perché, dopo 3 anni dall’attivazione del servizio, ancora quel presidio ospedaliero non è dotato base per l’atterraggio notturno. Da La Maddalena, dunque, deve andare ad Alghero, all’aeroporto. Da lì, un’ambulanza lo preleverà dal mezzo aereo e lungo strada, solo per una parte a quattro corsie, riuscirà ad arrivare, dopo oltre un’ora e 15/30 minuti. Tempi anche in questo caso fuori da ogni grazia di Dio. Resta l’ipotesi partenza per Cagliari. Anche in questo caso altri 70/75 minuti per attraversare l’intera Sardegna. E’ il paradosso del servizio più costoso: quello notturno.

Scandalo notturno

Pagato tutto l’anno per una base operativa che sta dalla parte opposta dall’unico ospedale dotato di atterraggio notturno. Una follia. Aeroporto abilitato al volo notturno, unico ospedale in grado di farlo atterrare a Cagliari, a 200 km di distanza. Ovviamente, manco a dirlo, quell’elicottero che solca la notte costa un botto di soldi. E’ disponibile 24 ore su 24 ma, considerata la dislocazione totalmente sbilanciata rispetto alla distribuzione della popolazione, per servire il centro e il sud Sardegna, l’area più popolosa deve percorrere chilometri e chilometri di cielo, con il cronometro che fa girare vertiginosamente le lancette proporzionalmente alle pale rotanti.

Minuti d’oro

E ogni minuto che gira, sommando oneri e costi, sono 150 euro di denaro pubblico che prendono la via dell’Airgreen, la società che si è aggiudicata nel 2018 la gara d’appalto ultramilionaria per gestire questo servizio di soccorso. Dunque, più è lungo il percorso da fare e più la partita si fa interessante. Più si vola e più si guadagna. Poco importa se poi l’irrazionalità del servizio mette a rischio il fattore tempo d’intervento. Non si spiega diversamente che dopo 1.000 giorni ancora non siano state allestite le piazzole di atterraggio notturno nei presidi, intanto di Sassari e Nuoro. Lo capirebbe chiunque che senza quella dotazione per l’arrivo del volo dopo il tramonto non solo si mette a rischio la vita dei pazienti, ma i costi continueranno a salire in maniera esorbitante. La slot machine dell’appalto degli elicotteri, però, è una macina soldi. Basta pensare alla dislocazione delle tre basi elicotteristiche.

Aeroporti perditempo

Tutte e tre dentro gli aeroporti civili. Una scelta che rasenta l’imponderabile. Per pagare gli spazi di sosta dei tre elicotteri dentro le strutture aeroportuali la Regione spende non meno di un milione all’anno, per otto anni significano 8 milioni. Tranne ad Alghero dove l’aeronautica militare che ospita l’elicottero non chiede soldi ma opere edili. L’aeroporto militare della Riviera del Corallo, infatti, vede continui lavori di ristrutturazione e manutenzione. Non paga lo Stato, ma è l’Agenzia dell’emergenza che ristruttura la casa del Comandante, capannoni e affini. La scelta, però, nasconde altri due elementi ben oltre il limite dell’inverosimile.

Elisoccorso solo dopo

Negli aeroporti civili hanno la priorità di atterraggio e decollo i voli civili. Questo vuol dire che, per esempio nei mesi estivi a maggiore frequenza di atterraggi e decolli, l’elicottero di pronto soccorso deve fermarsi in attesa che gli aerei di linea compiano le loro manovre in pista. Tutto questo significa perdere minuti decisivi e preziosi, visto che in una pista di un aeroporto non si procede con un decollo verticale, ma occorre dispiegare tutte le procedure, alla pari di un aereo di linea. Questo significa che, ipotizzando la pista libera, si avrà, comunque, un dispendio di almeno 3 minuti per ogni decollo e atterraggio. Quei tre minuti significano almeno 450 euro a decollo. Contabilizzando 1.200/1.300 decolli all’anno, significa che, solo in perdite di tempo conseguenti al posizionamento dentro gli aeroporti, anziché avere delle autonome piazzole di elisoccorso, dislocate razionalmente nel territorio regionale, si finisce per dilapidare non meno di 500/600mila euro strutturali all’anno per le sole perdite di tempo nelle manovre di partenza. Dunque, un servizio nato per l’emergenza e l’urgenza fondato, invece, su dislocazioni irrazionali, si pensi che due elicotteri su tre, di cui uno abilitato al volo notturno, sono dedicati al nord Sardegna e solo uno, che non può volare di notte, per il resto della Sardegna, quella più numerosa.

Contatore di denaro

Quel contatore di minuti scatta non appena il rotore comincia a girare. La ratio dell’appalto e della sua gestione, per guadagnare di più, non è quella di arrivare prima nel luogo del soccorso, ma di percorrere la distanza maggiore, nel tempo più lungo. E, infatti, ogni mese che passa, nel silenzio più assoluto, il servizio continua a costare sempre di più. L’elicottero di Olbia, quello h24, a gennaio del 2020, era costato per un mese, tra fisso e variabile, 294 mila euro, nell’ultimo dato disponibile, prima dell’estate, la spesa del mese di giugno 2021 era balzata a 420 mila euro. Non fa differenza nei periodi di Covid: lo stesso elicottero ad aprile 2020 era costato 296 mila euro, ad aprile 2021, invece, 424 mila euro. Stiamo parlando di un incremento annuo del 43%.

Il mistero

Resta il mistero: l’elicottero notturno, quello di Olbia, posizionato nel punto più lontano dal maggior bacino d’utenza, Cagliari. I segreti dell’appalto milionario dell’elisoccorso, però, non sono finiti. Il filo rosso tra il nord Italia, la Sardegna e gli affari delle eliche rotanti è appena agli inizi. Negli armadi e nelle scrivanie i conti non tornano. E molto spesso quegli elicotteri volano per una caviglia slogata. Ma questo è un altro capitolo degli elicotteri d’oro.

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