Le celebrazioni del 4 Novembre, Festa delle Forze Armate e dell’Unità Nazionale, con la partecipazione delle massime autorità statali si tengono quest’anno anche a Cagliari, a sottolineare l’importanza che ha assunto la Sardegna per presenza e attività militari.

Sono benvenute e ospiti gradite nell’Isola, come da tradizione locale nell’accoglienza, e auspichiamo che non manchino gentilezza e cordialità nel riceverle, come solitamente si fa con chi, dopo aver attraversato il mare, desidera comunicarci qualcosa o conoscerci meglio.

O entrambe le cose.

L’auspicio è che i rappresentanti delle Istituzioni presenti approfittino della solenne occasione per parlarci con sincerità e franchezza del futuro della presenza militare nell’Isola: siamo curiosi di sapere se ci saranno novità positive che ci riguardano.

Riteniamo opportuno approfittare dell’occasione per far conoscere loro il punto di vista di questo giornale sul tema delle servitù militari in Sardegna, condiviso da ampi settori dell’opinione pubblica sarda, dando conto degli aspetti che molto disagio, amarezza e talvolta angoscia hanno procurato a non poca parte della popolazione sarda.

Le inchieste di questo giornale sulle servitù militari - compromissione paesaggistica, risarcimenti ritardati a pescatori e Comuni, cause civili e inchieste penali, uso di uranio impoverito, mancati risarcimenti a soldati colpiti da tumore - hanno contribuito a rendere i nostri lettori più consapevoli della presenza delle servitù militari talvolta poco riguardosa del nostro territorio. 

Lo scarso rispetto verso la Sardegna, la Casa delle Famiglie Sarde, rischia di mettere in discussione il doveroso ma anche equilibrato contributo che ogni Regione dovrebbe essere chiamata a garantire, proporzionalmente, per la difesa della nazione italiana e dei suoi alleati sotto l’ombrello protettivo della Nato. Raccontiamo da tempo in queste pagine gli eccessi, quando conosciuti, praticati in esercitazioni e attività di addestramento e sperimentazione di sistemi di armi e munizioni nocivi, che hanno fatto piangere mamme, mogli e figli di soldati con patologie tumorali per la ragionevole correlazione tra uso di talune munizioni e malattia.

Non è in discussione il rispetto, profondo, per donne e uomini in divisa capaci di immolarsi per difendere la nostra vita e la libertà goduta in questo angolo di mondo. Non vi è quindi alcuna nostra ostilità nei confronti delle Forze Armate, come qualche malpensante ha insinuato.

Non sono solo parole.

L’Unione Sarda ha reso omaggio ai caduti della prima e della seconda guerra mondiale pubblicando, paese per paese, nomi e cognomi dei soldati figli di questa Terra morti nell’adempimento del dovere: 15.692 quelli della Grande Guerra e 5.004 della seconda. Oggi pubblichiamo il supplemento con i nomi dei caduti nell’ultimo conflitto e stasera alle 21.30, su Videolina, trasmetteremo il docufilm “Bombing Raids. La Sardegna in guerra negli inediti Combat Films dell’US Army Signal Corps 1943-1944”. Partecipiamo così, il 4 Novembre, Festa delle Forze Armate e giorno dell’Armistizio che pose fine al conflitto nel 1918: perché il sacrificio dei nostri caduti non sia stato inutile; per tenere vivo, nella memoria di chi ne ha beneficiato, il dono delle loro vite; per il coraggio e la dignità nell’affrontare la morte e per l’onore procurato alla loro Terra di origine: la Sardegna.

Il contributo alla difesa nazionale e alla Nato, che tutti protegge, se comporta l’uso irriguardoso ed estensivo dei poligoni con uso di munizioni radioattive in concomitanza di esercitazioni a fuoco - non coriandoli, quando cadono, con effetti su persone e ambiente – alimenta l’insofferenza dell’opinione pubblica e fa crescere il desiderio di porre fine alle servitù militari per mancato rispetto dei presupposti della loro costituzione 70 anni fa, vincoli giustificati anche da presunta utilità in ambito occupazionale.

A nulla è valsa l’istituzione del Comitato Misto Paritetico per contemperare esigenze di Difesa e compatibilità col territorio, la cui ultima deliberazione non favorevole alle esercitazioni del secondo semestre 2023, compresa quella nucleare appena conclusa, è stata letteralmente stracciata da una semplice determinazione del Ministro della Difesa, in spregio dei più elementari canoni di correttezza e rispetto istituzionale.

Vedere la propria Terra colpita da bombe e missili, contaminata da materiale radioattivo e nanoparticelle, prona nel subire ogni violenza è doloroso, tanto da far dire al compianto esponente sardista Mario Melis che il sentimento di appartenenza della popolazione alla comunità nazionale si sarebbe misurato dal rispetto di questa nei suoi confronti.

Abbiamo consentito che subissimo ogni sorta di sperimentazione di armamenti nocivi per persone e animali, flora e acque, come ha dimostrato la Commissione d’Inchiesta Parlamentare nella XVII legislatura, protagonisti due deputati sardi, Gian Piero Scanu, che l’ha presieduta, e Mauro Pili, le cui conclusioni sono rimaste purtroppo inattuate.

Numerose sono state le determinazioni parlamentari e le conferenze statali sulle servitù militari, sin dai primi anni ’80, sulla necessità di una più equilibrata e proporzionata distribuzione nazionale di poligoni e basi militari. Nulla è successo, a parte riconoscere a pescatori e Comuni modesti indennizzi per il fermo pesca durante le esercitazioni, mentre gli impegni per ridimensionarle si risolsero in aria fritta. Ben il 59,97% del totale delle servitù militari nelle regioni a Statuto Speciale gravano sulla Sardegna!

Sono 35mila gli ettari vincolati come servitù militari; interdetti oltre 20 mila chilometri quadrati di mare a navigazione e pesca per esercitazioni a fuoco e aeree; e aeroporti militari, depositi di carburanti, caserme, comandi militari, fortini, magazzini, depositi di armi e munizioni e stabilimenti balneari per le Forze Armate. Compresi Siti di Interesse Comunitario (SIC) di rara bellezza, come nel territorio di Teulada, “per la tutela della biodiversità e dell’habitat naturale nonché specie di flora e fauna di particolare rilievo e rarità”, come rimarcato in un provvedimento della magistratura cagliaritana. Siti bombardati e sbudellati con l’impiego persino di missili M.I.L.An che, fino alla dismissione, contenevano Torio naturale radioattivo, come ormai accertato.

E che dire, sempre secondo il medesimo provvedimento, del promontorio detto “Penisola Delta” o anche “Penisola interdetta” nel poligono di Teulada, territorio di 2,78 chilometri quadrati da sempre zona di arrivo di colpi di mortai e artiglierie, missili filo guidati, tiri navali contro costa, bombardamento aereo, con accesso interdetto a persone e mezzi a causa della presenza di residui bellici mai fatti oggetto di bonifica, su cui lo stesso Regolamento del poligono dichiara che “non è possibile ovvero conveniente la bonifica”, sia a terra sia nel corrispondente tratto di mare, dove pare ci siano persino ordigni inesplosi.

Una presenza così invasiva dovrebbe indurre decisori politici e militari a favorire la graduale riconversione a fini civili e produttivi dei poligoni, con l’auspicato contributo dei Paesi alleati che si sono serviti dei nostri territori, sui quali hanno fatto cose che mai avrebbero fatto in casa propria.

Capiamo bene il perché di tutto ciò.

La Sardegna è al centro del mare Mediterraneo, perfetta piattaforma per uso militare. Persino l’Ammiraglio Nelson, alla fine del Settecento, propose alla Corona inglese l’acquisto dell’Isola dai piemontesi che la possedevano per 500mila sterline, per farne la base strategica della marina britannica. Corona che declinò.

Capiamo le ragioni strategiche ma non possiamo non notare, e far notare, la singolare coincidenza di esercitazioni nucleari Nato appena terminate, celebrazione in corso di processi a carico di alcuni vertici militari e scelta di tenere a Cagliari la tradizionale Festa delle Forze Armate e dell’Unità Nazionale del 4 Novembre, alla presenza delle più alte Istituzioni nazionali. Confidiamo che non sia l’anticipazione della volontà di estensione delle servitù militari, da motivare con la mutata situazione conflittuale nei Paesi che si affacciano nel Mediterraneo. Strategia che necessita di continuare a garantirsi acquiescenza e supporto anche dai decisori regionali di prossima elezione.

A dire il vero ci piace pensare che quando Dio posò delicatamente la Sardegna al centro del mare Mediterraneo la pensasse come una figlia prediletta, ambita per la bellezza dai popoli che non potevano non notarla e desiderarla, e contaminarla con cultura, scambi commerciali e relazioni fra identità diverse. Non che divenisse preda di apparati industriali militari su cui sperimentare munizioni e armamenti nocivi per salute di fauna, flora e persone, distruttivi di ambiente e paesaggio in spregio di leggi poste alla loro tutela, e violazione sostanziale della legge morale, per il danno prodotto allo spirito sensibile che quell’ambiente e paesaggio contempli.

Un luogo di Pace, non di Guerra.

Certo, capiamo bene che il ruolo dell’Italia nel contesto internazionale attuale necessiti di luoghi nei quali addestrare eserciti per difendere vita e libertà minacciate da aggressività e avidità di taluni guerrafondai, come le attuali cronache raccontano.

Ma c’è modo e modo.

Basterebbe che i detentori del potere politico e militare avessero più riguardo per un territorio così brutalmente violato; che immaginassero di fare a casa loro, nel bel giardino della Casa delle loro Famiglie, ciò che hanno fatto nella nostra, di Casa; che il nostro paesaggio, ultima risorsa rimastaci di valore economico, perché scarsa, è a rischio, a causa dell’uso siffatto delle servitù e della scelta scellerata del Governo di comprometterlo a terra e a mare con enormi pale eoliche e distese di pannelli fotovoltaici spalmati nelle campagne, gravando la Sardegna dell’onere di risolvere in gran parte gli impegni comunitari nazionali per la produzione di energia rinnovabile.

Se i decisori politici e militari ponessero attenzione all’attuale Questione Sarda troverebbero che di una nuova forma di neocolonialismo potrebbe trattarsi, moderno ma non meno opprimente.

E, crediamo, poiché non mancano in loro intelligenza politica, competenza e senso dello Stato unitario, come celebrato nell’occasione di questa ricorrenza, siamo fiduciosi che venga colta l’occasione per una riflessione seria, approfondita e responsabile.

Benvenuti in Sardegna!

Sergio Zuncheddu

Editore L’Unione Sarda

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