Il forte incremento dei costi energetici sta mettendo a dura prova anche in Sardegna il bilancio di famiglie e imprese.

Nel comparto delle cosiddette attività energivore – quelle a forte consumo di energia elettrica e gas – l'aumento dei costi può diventare insostenibile al punto di mettere a rischio una quota importante dell'economia regionale.

Nell'Isola oggi sono 707 le aziende ad alto consumo energetico che, a causa dei rincari, rischiano di dover chiudere i battenti. Queste unità locali occupano 5.327 addetti, in netta prevalenza riconducibili al comparto manifatturiero. È quanto emerge dal dossier del Centro studi della Cna Sardegna che fa riferimento ai requisiti per l'accesso alle agevolazioni per le imprese energivore previsti dal Decreto ministeriale 21 dicembre 2017, per quantificare le imprese a rischio. 

«La crescita dei costi energetici e la particolare fragilità delle imprese sarde, in prevalenza caratterizzate da dimensioni medio-piccole e piccolissime, rende ancora più strategico il tema della produzione di energia da fonti rinnovabili per l'autoconsumo», commentano Luigi Tomasi e Francesco Porcu, presidente e segretario regionale della Cna.

«In un simile contesto – continuano – iniziative dell'amministrazione pubblica volte a promuovere la riduzione delle bollette energetiche, anche con l'installazione di pannelli fotovoltaici sul tetto dei capannoni, risulterebbero più strategiche che altrove anche in ottica di rilancio a tutto tondo della competitività del tessuto imprenditoriale sardo. Alla Regione chiediamo che nella prossima finanziaria venga istituito per il triennio un credito di imposta del 50% per le spese sostenute per l'installazione degli impianti fotovoltaici negli edifici industriali e artigianali. Con 25 milioni di euro annui per tre anni di risorse pubbliche, si ridurrebbero del 22% i consumi di circa 1500 Pmi aderenti all'iniziativa con un risparmio energetico del 4,5% di tutto il settore manifatturiero».

(Unioneonline/v.f.)

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