La quarantena ha frenato decisamente l'andamento del virus. I dati, presi settimanalmente, rivelano ancor meglio un trend che balza meno all'occhio se li si osservano di giorno in giorno.

Il picco di contagi in Italia si è verificato nella settimana tra il 23 e il 29 marzo: 38.551, più di 5.500 al giorno. Il dato si è andato poi via via abbassando, passando a 31, poi a 27, a 22 e 18mila. Sino ai 13.042 registrati nella settimana appena conclusa, 1.863 al giorno.

L'andamento giornaliero dei casi (Fondazione Gimbe)
L'andamento giornaliero dei casi (Fondazione Gimbe)
L'andamento giornaliero dei casi (Fondazione Gimbe)

Numeri ancor più importanti se si considera che nel frattempo abbiamo più che raddoppiato la nostra capacità di fare tamponi. Ne facevamo 133mila la settimana tra il 16 e il 22 marzo, 195mila la successiva, sino ad arrivare ai circa 400mila delle ultime due settimane. Se tra il 16 e il 22 marzo ogni 4 test uno era positivo (25,7%), ora lo è solo un tampone su 30 (il 3,3%).

Se un mese e mezzo fa i contagi crescevano settimanalmente del 139%, questa settimana lo hanno fatto del 6,6%.

La percentuale giornaliera dei tamponi positivi
La percentuale giornaliera dei tamponi positivi
La percentuale giornaliera dei tamponi positivi

Dati che la dicono lunga sugli effetti della quarantena. Stesso trend per le persone malate: tra il 23 e il 29 marzo aumentavano di oltre 27mila unità, il dato è andato via via diminuendo sino ad arrivare al segno meno, visto per la prima volta nella settimana tra il 20 e il 26 aprile (-2.154). In quella appena trascorsa gli attualmente malati sono diminuiti di quasi 6mila unità.

La curva, in discesa, dei casi attivi in Italia fino al 1 maggio(Worldometers.info)
La curva, in discesa, dei casi attivi in Italia fino al 1 maggio(Worldometers.info)
La curva, in discesa, dei casi attivi in Italia fino al 1 maggio(Worldometers.info)

Quanto alle terapie intensive, il picco lo abbiamo raggiunto il 3 aprile, quando erano 4.068 i pazienti ricoverati in gravi condizioni.Poi via via una inesorabile e progressiva diminuzione sino ai 1.501 odierni.

Infine, i morti, l'ultimo dato a decrescere in maniera significativa. Il periodo nero è stato tra il 23 marzo e il 5 aprile, con più di 10.400 decessi. Ne morivano in media 740 al giorno. Una diminuzione lenta, in cui ottimi risultati si sono visti soprattutto nello scorso weekend quando siamo scesi sotto i 200. Sono 2.240 le vittime dell'ultima settimana, cui tralaltro ne vanno sottratte 284 conteggiate in ritardo dalla Lombardia.

In orizzontale, il numero di casi in rapporto alla popolazione, in verticale l'aumento percentuale nell'ultima settimana
In orizzontale, il numero di casi in rapporto alla popolazione, in verticale l'aumento percentuale nell'ultima settimana
In orizzontale, il numero di casi in rapporto alla popolazione, in verticale l'aumento percentuale nell'ultima settimana

REGIONI, I CASI PREOCCUPANTI - Passando ai dati regionali, alcune situazioni ancora preoccupano. Quella della Lombardia innanzitutto, ma non tanto per il trend, quanto per il numero di casi della Regione - la più colpita in Italia - e per le ripercussioni che potrebbero esserci con il ritorno al lavoro di molte persone nella fase 2.

Nel grafico della Fondazione Gimbe, in orizzontale vediamo il numero di casi ogni 100mila abitanti (Valle d'Aosta prima, poi provincia di Trento poi Lombardia, Calabria ultima dietro Sicilia e Basilicata), in verticale il loro aumento percentuale nell'ultima settimana, che in Italia si è attestato al 6,6%.

Alcune situazioni preoccupano. Quelle di Liguria e Piemonte in primis: la prima ha un tasso di crescita ancora molto alto, quasi al 12%, la seconda il 10,5%. D'altronde il Piemonte il suo picco di casi settimanale lo ha avuto fra il 13 e il 19 aprile, quasi un mese dopo il resto d'Italia. Il calo è cominciato in ritardo, portando la regione a scalare le posizioni e a diventare - da quinta - seconda d'Italia. Terza quanto a vittime, ma anche in questo campo sta ormai tallonando l'Emilia Romagna.

Sopra l'asticella della media italiana troviamo anche la Provincia Autonoma di Trento, sopra il 9%, e il Lazio (+8% nell'ultima settimana), dove tuttavia i casi sono pochi in rapporto alla popolazione.

Torniamo alla Lombardia. Dopo il dramma tra il 16 e il 29 marzo in cui morivano 300 o 400 persone al giorno e ne venivano contagiate 2mila (quasi un tampone ogni due era positivo), è cominciata una discesa. Non proprio rapidissima, ma che ha portato nell'ultima settimana a registrare circa 650 contagi ogni 24 ore. Una discesa che da crescite settimanali del 104% e del 50% nelle due settimane del picco ha portato a un aumento dei casi del 6,3% negli ultimi sette giorni.

In Sardegna, il grafico per zone: in orizzontale i casi in base alla popolazione, in verticale l'aumento percentuale (Fondazione Gimbe)
In Sardegna, il grafico per zone: in orizzontale i casi in base alla popolazione, in verticale l'aumento percentuale (Fondazione Gimbe)
In Sardegna, il grafico per zone: in orizzontale i casi in base alla popolazione, in verticale l'aumento percentuale (Fondazione Gimbe)

SARDEGNA - Nell'Isola il picco è stato registrato nella settimana tra il 23 e il 29 marzo, con 299 contagi registrati. Scesi poi a 269, 206, 102, 65 e 39 nella settimana odierna. La crescita percentuale settimanale, dal 104,9%, è passata al 3,04%. La percentuale di positivi sul totale dei tamponi è addirittura allo 0,5% nell'ultima settimana.

Nel grafico della Fondazione Gimbe che vedete sopra i dati analizzati vanno dal 22 al 29 aprile. Il Sud Sardegna è la zona con il maggior aumento percentuale di contagi, intorno al 4,5%, poi Oristano e Sassari (che è la zona più colpita). Infine, sotto al 3% Nuoro e Cagliari. Sono tutte percentuali ben al di sotto della media nazionale.

In Sardegna malati aumentavano a tre cifre tra fine marzo e inizio aprile, in questa settimana sono diminuiti di 94 unità. Le terapie intensive, aumentate fino al 13 aprile, hanno iniziato da allora un inesorabile declino. Le vittime hanno raggiunto il picco tra il 6 e il 12 aprile (trenta in una settimana), poi sono scese a 13, risalite a 23 e nuovamente calate a quota dieci nella settimana appena trascorsa.

Nota dolente, i tamponi. In Italia ne sono stati fatti in media uno ogni 28 abitanti, in Sardegna uno ogni 59, meno della metà. Pochi, ma vista la percentuale di quelli positivi, si potrebbe pensare che non ce ne sia così tanto bisogno. Almeno è quel che ci si augura.

La classifica (Worldometer.info)
La classifica (Worldometer.info)
La classifica (Worldometer.info)

UNO SGUARDO SUL MONDO - Hanno superato ormai i tre milioni e mezzo i casi di coronavirus nel mondo. Un terzo di questi è stato registrato negli Usa, quasi 1,2 milioni, 30mila nelle ultime 24 ore. Seguono Spagna, Italia, Gran Bretagna e Germania. In rapporto alla popolazione il Paese più colpito è però la Spagna, davanti al piccolo Belgio, gli Stati Uniti e l'Italia.

Quanto alle vittime, guidano sempre gli Usa davanti a Italia, Gran Bretagna (che ci tallona, e visto il trend attuale pare destinata a superarci in pochi giorni), Spagna e Francia, che ha anche molti pazienti in condizioni critiche. Ma in rapporto alla popolazione a guidare la classifica è il Belgio davanti a Spagna, Italia e Regno Unito.

L'Italia è il Paese che fa più tamponi in rapporto alla popolazione. Chi lo avrebbe detto, nelle prime settimane dell'emergenza? Eppure abbiamo acquisito man mano una gran capacità di effettuare test. Una classifica, quest'ultima, in cui spiccano in negativo le performance di Francia e Gran Bretagna, che fanno davvero pochi tamponi.

La fotografia della situazione al 3 maggio
La fotografia della situazione al 3 maggio
La fotografia della situazione al 3 maggio

OCCHIO ALLA FASE 2 - Il trend confortante non inganni. In Italia ci sono ancora 100mila persone attualmente positive al Covid, di cui 81mila in isolamento domiciliare. E, come ci dicono tutti i virologi, questa è solo la punta dell'iceberg. Possiamo sperare nel caldo, in un virus che sta diventando meno aggressivo? Forse, ma non è detto. Quel che è certo è che potrebbe succedere quanto accaduto tra fine febbraio e inizio marzo, quando la situazione è precipitata in pochissimo tempo. E questa volta, a differenza di allora, partiamo da 100mila malati accertati. Quindi, godere delle libertà in più concesse dal decreto in vigore da oggi ma senza approfittarne: questo è l'imperativo. Evitare gli assembramenti e proteggersi è doveroso. Sacrificarsi un altro po' anche, per potersi almeno godere un'estate relativamente tranquilla. Perché richiudere nuovamente tutto - aziende comprese - è un dramma che dobbiamo assolutamente evitare.
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