In attesa (e nella speranza) che Greta Thumberg possa convincere Trump, Bolsonaro e Xi Jinping a salvare il mondo, ci assale sempre di più il senso di colpa quando, sulla nostra tavola, compare una bistecca. E dovremmo avere lo stesso sentimento, fateci caso, anche quando beviamo una tazza di latte o spolveriamo il formaggio sui nostri malloreddus.

Non passa giorno senza che quotidiani, siti e tv rilancino il vade retro contro gli erbivori, tra i principali responsabili del riscaldamento globale a causa delle emissioni di metano.

Stando a una recentissima ricerca di un'équipe di docenti delle Università di Siena, di Stanford e della California, gli erbivori contribuiscono per il 10% all'effetto serra. Spiegano, i professori, che attraverso microrganismi coinvolti nel processo di digestione il bestiame rilascia gas metano, cui si aggiunge il protossido di azoto dalla decomposizione del letame.

Nella speciale classifica degli inquinatori a quattro zampe al secondo posto ci sono le pecore: la citata ricerca attribuisce agli ovini il 9% di emissioni inquinanti. Nella nostra Isola, com'è noto, pascolano tre milioni di capi (poco meno della metà di tutte le pecore italiane): pensate quanto contribuiamo, noi sardi, al buco nell'ozono. Altro che ciminiere: fanno più danni le nostre bucoliche pianure. E non consola pensare che i principali nemici dell'ambiente siano i bovini (dalle nostre parti non arrivano a 300 mila): pesano per il 74% del carico inquinante. La conclusione della ricerca è facile facile: mangiare carne e bere latte contribuisce al cambiamento climatico. Suggeriscono, i nostri professori, di preferire al vitello pollo e maiale. Sarà cosa buona e giusta? E sino a quando? Nel dubbio, a proposito di cattedre, da Sassari il professor Giuseppe Pulina fa notare come «il metano enterico è sempre stato parte della nostra madre Terra». Il docente di Zootecnia speciale, già direttore del Dipartimento di Agraria, fa un excursus dai dinosauri ai bisonti americani, decimati dai coloni, per arrivare a una conclusione: «Se, per paradosso, si eliminassero tutti gli animali domestici e le terre da loro occupate venissero restituite alla presenza naturale di erbivori selvatici, la condizione di emissioni enteriche non cambierebbe sostanzialmente».

Due letture dello stesso problema, anche questo forse condizionato, aggiungo, dalla deriva del politicamente corretto, ben argomentata da Massimo Crivelli sull'Unione di mercoledì. Quel politicamente corretto che ci spinge a mettere milioni di like a Greta che, aspettando il vertice mondiale sul clima, raggiunge New York in barca vela. Like, pure quelli tributati a Greta, figli di una tecnologia inquinante, magari manifestati con una sigaretta tra le dita e dopo aver dimenticato qualche luce accesa in casa. Così come per la nostra bistecca, ci vuole buonsenso. E buongusto.

Emanuele Dessì
© Riproduzione riservata