Meana. Irgoli. Nule. Bortigiadas. I paesi stanno appesi a un destino lieve. La "paesitudine" del poeta Franco Arminio, omologo appenninico dell'uomo legato alla Barbagia, trasmette un senso di calore atavico che il mondo quotidiano ha relegato al fondo delle realtà desiderabili.

Come si vive nei piccoli paesini? È una domanda prosaica, lontana dalla mente di chi si occupa della gestione urbana nella cosa pubblica. È come consultare una rubrica polverosa a caccia dei vecchi numeri di casa che nessuno digita più dopo il gettone. Un paese è fatto anzitutto di passato. Un passato candido e immacolato testimone di quel genere di vita che a fatica si racconta ai giovani in procinto di scappare. Troppo largo il divario immaginario. Tutti i paesi, per definizione, sono di passaggio verso dove ci si reca con la riflessione intima. Sedini, Ussassai, Bidonì. Come un pensiero che attraversa la mente perdendosi nei rivoli del flusso di coscienza. L'effetto che ne viene è un florilegio di vita semplicissima che s'affaccia sulla via principale illuminata da coraggiose insegne.

Teti. Posada. C'è vita. Nonostante tutto. Chi dice che occorrano pretese a una vita lieve lontana dal trambusto? Ad esempio questa bella vita a Londra (dove io abito), è finta al modo di un'opera famosa, funziona esattamente come un piccolo comune a ridosso della città luminosa. Fatti minimali, sempre uguali nel consenso degli anonimi abitanti. Il lattaio all'alba suona il campanello lasciando le bottiglie sulla soglia.

All'angolo della via più grossa, mediamente trafficata, la chiesa del quartiere funziona come il centro del paese, dove la vita dei residenti s'interseca fra rapidi saluti dall'accento variegato.

Non c'è impressione di vivere accanto a quattordici milioni di consimili. L'intero atto quotidiano si svolge in pochissimi chilometri quadrati. La breve passeggiata verso l'asilo. Il grande parco ove fermarsi per il tè della colazione. Il postino gentilissimo. La piccola bottega dei prodotti tipici. Si potrebbe addirittura viverci senza conoscere l'inglese. L'uso della lingua locale è un'impresa che spetta agli spostamenti verso il centro. Ma è un evento raro che accade nelle belle giornate di sole quando prude il desiderio di ammirare tante meraviglie. Un espediente per riempire l'occhio mentre il cuore si nutre di altre sensazioni.

Non sono allucinazioni. La vita dei paesini mantiene intatto il fascino desiderabile dei luoghi altrove quasi estinti. Birori, Furtei, Asuni. Fuori dalla cerchia urbana, dove le luci della metropoli si perdono nella brughiera, la realtà diviene un piccolissimo frammento che si perde in un momento al passaggio rapido del treno. Non resta nulla. Neppure l'atmosfera.

Eppure, in Sardegna, resiste fiera una società millenaria distribuita entro uno scenario da mille e una notte. Lodè, Torpè, Cardedu. Peccato che i servizi manchino e l'altezza e l'ampiezza di vedute politiche sia inferiore al volo di una rondine. Ma è una datazione risalente all'epoca recente degli scambi utili. Sorge una nuova consapevolezza staccata dal sistema. La pochezza si riscatta con l'attaccamento. In un momento, giovani coraggiosi si rimboccano le maniche decidendo di combattere l'avvilimento con nuove attività private. Il fornaio di Austis; la fioraia di Desulo; il vivaista di Ortueri; il commerciante di Atzara. Giovani entusiasmati dall'idea di contribuire al sogno di un riscatto. Magari non imminente, ma dichiarato senza remore col mondo che corre inciampando sulla democrazia. Sapete cosa accadrebbe se l'eco di tanti paradisi giungesse a queste sponde supportato da una costruzione accorta? Si moltiplicherebbe il bellissimo fenomeno della fascinosissima Ollolai. Guai a tergiversare. Potrebbe mancare il seme di una grande rivoluzione, lasciata in mano ai pastori, che sappiano portare fuori l'indole di chi detiene il primato della piccola economia dei paesi.

Due pesi, una misura. Fuori dall'Isola la vita non è dura. Anzi, comodissima. Ma è implicata con gli affetti che mantengono desto l'individuo riportandolo all'alveo delle origini. Abbandonare le piazze. Tornare ai paesi. La Sardegna è quella terra allusa da Platone che ha dato i natali a un Nobel della letteratura. È la terra di Laerru, Uta, Esterzili. Girate il mondo come Dessanay, in sella a una bicicletta, scoprendo l'universo, curva dopo curva. Dell'isola ovviamente.

ANDREA MEREU

OPERATORE CULTURALE A LONDRA
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