Gli italiani che hanno impastato quintali di farina con il lievito madre gli hanno procurato una "gioia grandissima. Fare, fare con le mani. Cercare antiche ricette. È stato bellissimo".

La voce di Oscar Farinetti, piemontese, fondatore della catena Eataly, si accende di allegria e non solo per l'amore coltivato per il cibo. Nella gioia c'è l'apprezzamento per quella voglia di lavorare con le mani che ha riempito le giornate di clausura domestica. Ed è per questa ragione che gli piace il "Piano Colao", "perché mette al centro l'impresa e solo questa dà lavoro".

Oggi Farinetti partecipa al webinar sulle imprese promosso dai Riformatori.

Siamo entrati nella Fase 3. Che cosa vede un imprenditore?

"Vedo di tutto, a seconda dei tipi umani. Ci è capitata una cosa che non sappiamo bene che cosa sia, anche se ora il virus sembra un po' spento. In alcune regioni la situazione è ancora critica e qui abbiamo visto tanta, tanta gente morire. Ci sono persone disorientate, ma c'è anche chi reagisce sbattendosi . Oggi sono andato a pranzo nelle Langhe da una coppia di giovani sposi: hanno organizzato sette tavoli, facevano tenerezza. Loro hanno riaperto, tanti non l'hanno ancora fatto. Siamo la prima generazione che per 70 anni non ha vissuto una guerra, e da 100 non viveva una pandemia. Il disorientamento è comprensibile. Ne usciremo con il vaccino, come per il morbillo".

Come si salva il turismo?

"Si salverà nel 2021, ma questa estate si possono far muovere gli italiani e allora smettiamola con questo razzismo alla rovescia, meridionali contro settentrionali. Voi sardi dovete aprire le braccia e dire: venite da noi. Per pura fortuna avete le coste più belle e spazi immensi. Quest'anno verranno piemontesi, lombardi, toscani. Il prossimo anno torneranno gli stranieri e per far venire il mondo dovremo solo raccontare la nostra bellezza".

Agroalimentare: qual è la strada per uscire da questa pesantissima crisi?

"Abbiamo il comparto agroalimentare più figo del mondo con 861 prodotti a denominazione di origine controllata e tutti conoscono le eccellenze dell'enogastronomia, del biologico, del biodinanico. Dobbiamo trovare le parole per raccontarlo ancora. È un settore punito con una perdita del 20 per cento del mercato mondiale. L'80 per cento di ciò che proponiamo è superfluo, però ha migliorato la nostra qualità della vita, quindi dobbiamo tornare a ragionare sul superfluo. Certo, possiamo rinunciare a un buon pecorino sardo, usare un olio non extravergine di oliva e bere un vinaccio. Ma possiamo godere ancora delle eccellenze. La crisi è solo una questione di tempo: son passati tre mesi, ne passeranno sei, passerà un anno e ne saremo fuori".

Lei si occupa di ristorazione. Questo mondo è destinato a cambiare?

"I mondi devono sempre cambiare, in meglio. Credo che in questi tre mesi tutti abbiamo ragionato, fatto progetti, inseguito pensieri. Il nostro compito è trovare parole nuove per una storia ricca di tradizione. Sarà necessario fare scelte: è già nella termine crisi, dal greco krino, scegliere. Alla fine andrà come è sempre andata: i migliori saranno migliori e i peggiori saranno peggiori. Dobbiamo pensare, per esempio, a chiudere la filiera del pecorino a fare un'officina casearia, a smettere di lamentarci. Qualcuno l'ha capito, gli altri moriranno soffocati dalle loro lamentele".

Che effetto le ha fatto vedere l'Italia che impastava il lievito madre?

"Bellissimo, una presa di coscienza meravigliosa. C'è chi si è messo a ravanare, a cercare antiche ricette. Io sono andato a prendere, 20 anni fa, il lievito madre in Francia, perché loro hanno una grande tradizione e a me piace essere cittadino del mondo".

Stati generali. Come vede questo passaggio in cui si decidono le strategie future?

"Il Governo ha chiesto a Vittorio Colao un piano ed è arrivato: 121 pagine di un progetto straordinario, fantastico, perché al centro del mondo c'è l'impresa, e solo l'impresa crea posti di lavoro. Qualcuno in questo Governo non l'ha capito e pensa che la strada sia il reddito di cittadinanza. Il lavoro si crea solo se c'è un imprenditore che mette i soldi e rischia".

Caterina Pinna

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