Un esercito di medici di famiglia è vicino alla pensione, di questo passo, nel prossimo futuro molti cittadini non avranno più assistenza primaria. L’allarme lo aveva già lanciato la Fimmg, la Federazione dei medici di medicina generale, ora scendono in campo gli studenti: «Tra 6 anni non formeremo più medici sardi. Tra 10 anni inizieremo ad avere difficoltà nel garantire le cure di base. Questo è il futuro della nostra terra. La situazione già precaria delle strutture ospedaliere dell’Isola, che si reggono sugli specializzandi, da domani verrà ulteriormente minacciata dalle decisioni prese oggi della nostra giunta regionale», dicono i giovani di Unica 2.0.

«La Fimmg dice che nel 2023 circa un italiano su tre rischia di non avere più il medico di base, a causa della forbice sempre più ampia tra pensionamenti e nuove assunzioni», spiega Giuseppe Esposito, studente di medicina rappresentante del consiglio d’amministrazione di Unica 2.0, «senza una scrupolosa programmazione e un confronto costante con le parti (Università, enti locali, pazienti) si rischia di chiudere le porte dell’accesso alla professione medica a moltissimi giovani sardi, con prevedibili ripercussioni sulla qualità e l’universalità del diritto alla salute».

Nell’Isola - è stato calcolato su dati Enpam (l’ente di previdenza della categoria) - nell’arco di quindici anni si ritireranno oltre 1800 tra medici di base, guardie mediche e pediatri, mentre il numero di contratti che garantirebbe il ricambio è in pericoloso crollo verticale: nel 2014 le borse di studio erano 102, nel 2015 zero, nel 2016 trentuno, quest’anno ancora non si sa quante ne saranno finanziate. Intanto, anche gli iscritti a Medicina - stabiliti dal ministero - diminuiscono: nella facoltà di Cagliari nell’anno accademico 14/15 c’erano 198 posti, 188 nel 15/16 e 183 in quello in corso. A questo si aggiunge una fuga di cervelli sconfortante - dal 2009 al 2014 gli emigrati sardi laureati in medicina sono aumentati del 596% (fa sapere Unica 2.0), i fondi per la formazione si assottigliano e tantissimi cittadini (11 milioni a livello nazionale lo scorso anno) hanno dovuto rinviare o rinunciare a prestazioni sanitarie a causa di difficoltà economiche, perché non erano in grado di pagarle di tasca propria.
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