Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella sale sul palco del Convitto Nazionale Vittorio Emanuele II, a Cagliari,  poco prima delle  19: qui celebra l’inaugurazione dell’anno scolastico e il capoluogo sardo è Capitale dell’Istruzione per un giorno. 

Il suo primo messaggio è «un saluto a totu sa genti sarda», per poi rivolgersi alle autorità, agli ospiti fra cui le sportive Marta Maggetti e Alessia Orro (con le compagne della Nazionale di pallavolo) fresche di medaglia d'oro olimpica, agli artisti che hanno animato la serata e ai conduttori. Per poi cominciare il suo discorso, incentrato sulla rilevanza dell’istruzione, con ampi passaggi sulla necessità di governare lo sviluppo della tecnologia e del suo utilizzo soprattutto, per i ragazzi, attraverso gli smartphone. E un riferimento agli stipendi degli insegnanti: «Spesso non sono all’altezza».

**Di seguito il discorso integrale** 

«La scuola riparte. E con essa ripartono speranze ed emozioni, si riallacciano amicizie, si fanno nuovi incontri. Il ritmo scolastico scandisce da sempre il calendario delle famiglie e rappresenta un momento di grande importanza per la vita dell’intera comunità nazionale. L’avvio dell’anno scolastico si ripete alla fine di ogni estate, ma in realtà è un momento sempre nuovo. Le ragazze e i ragazzi sono cresciuti, nel fisico e nella mente. Sono cambiati. I loro insegnanti, vecchi e nuovi, hanno arricchito le loro esperienze, si sono posti nuovi e più ambiziosi traguardi. Anche la società è andata avanti, tra problemi annosi e sfide del tutto nuove.

Mattarella: scuola pilastro della Repubblica, ora risorse adeguate (Ansa)
Mattarella: scuola pilastro della Repubblica, ora risorse adeguate (Ansa)
Mattarella: scuola pilastro della Repubblica, ora risorse adeguate

La scuola è movimento. Non si ferma. È una strada su cui camminare insieme, giovani e adulti. È palestra, innanzitutto, di vita. Per le conoscenze, indispensabili, che trasmette. Per i valori, preziosi, che propone: fiducia, responsabilità, dialogo, accoglienza, rispetto. Trasmette cultura e conoscenza, forma professionalità e competenze, sempre più necessarie in un mondo che reclama, sempre più, sapere e preparazione. La scuola educa a essere cittadini consapevoli dei propri diritti e dei propri doveri, sviluppa il senso di comunità, fa sperimentare la convivenza.

Talvolta, questo nostro tempo dominato dall’assillo del presente, del qui e ora, rischia di far dimenticare che l’impegno educativo rappresenta un pilastro fondamentale della vita della Repubblica. Dalla qualità del sistema educativo dipende strettamente il futuro della nostra società. A esso vanno dedicate indispensabili risorse adeguate, e idee, cura, attenzioni. La scuola non è una bolla, un recinto, un mondo a parte. Ma un organismo che vive nella società e concorre al suo progresso.

Siamo immersi in un impetuoso cambiamento a livello globale. Che ci costringe, di continuo e in ogni ambito, a fare i conti con nuove e sorprendenti realtà. La scuola non può restare ferma ma si deve inserire efficacemente nell’innovazione e nel cambiamento, così da contribuirvi, rendendo i ragazzi partecipi e protagonisti. Il futuro non deve incutere paura. I nuovi orizzonti sono essi stessi frutto dell’ingegno e dell’opera umana. Il nodo della questione non riguarda le nuove scoperte e le nuove intuizioni, ma l’uso - benefico o fraudolento - che se ne intende fare. I processi di conoscenza e di nuove opportunità non si arrestano: ma bisogna governarli e orientarli al bene comune. I giovani sono più avanti nella conoscenza digitale. Ne hanno fatto strumento di vita quotidiana. Tante volte nonni e genitori chiedono loro aiuto e consiglio e quelli che non lo fanno scoprirebbero un mondo prezioso se iniziassero.

I ragazzi apprendono da noi, dalla nostra esperienza, e noi impariamo da loro. Per essere produttivo deve essere uno scambio alla pari. La tecnologia e il suo uso non devono diventare una barriera di incomunicabilità, un territorio recintato, distinto, divisivo, tra mondo giovanile e società degli adulti. Non possiamo e non dobbiamo abbandonare i ragazzi a una chiusura solitaria, in un mondo dominato dalla tecnologia in cui talvolta rischiano di essere imprigionati. Lo smartphone è uno strumento che aiuta nella vita quotidiana, ma non è, non rappresenta la vita, che è molto più complessa, ricca, emozionante. Non possiamo correre il rischio che lo strumento tecnologico, in continua evoluzione, assorba la quasi totalità delle attenzioni, delle relazioni, della vita. Anche in questo il sistema educativo ha un compito decisivo.

La scuola e l’università, ha scritto Umberto Eco, sono luoghi in cui “le persone si incontrano ancora a faccia a faccia, in cui giovani e studiosi possono capire quanto il progresso del sapere abbia bisogno di identità umane reali e non virtuali”. La scuola è un percorso di convivenza, di legalità, di libertà. Libertà di pensiero, di scelte, certo. Ma anche libertà da quegli ostacoli - di natura materiale o psicologica - che impediscono la corretta maturazione delle coscienze.

Abbiamo ascoltato con profonda emozione il dialogo tra la signora Manes e il giovane attore che impersona suo figlio Andrea, vittima innocente del cyberbullismo. Ringrazio ancora la signora Manes per il suo impegno educativo, che ha dato una svolta condivisa al suo immenso dolore. Purtroppo, nonostante i tanti sforzi, bullismo e cyberbullismo sono tuttora diffusi tra i nostri giovani. Occorre rinnovare un’azione rivolta a reprimere e anzitutto a prevenire, incidendo sulle cause profonde - frustrazione, mancanza di modelli positivi, paura del futuro - che provocano momenti così gravi e inaccettabili. Non possiamo più chiudere gli occhi di fronte a tanti fatti di cronaca, a tanti episodi di varia gravità ma tutti intollerabili.

C’è oggi disagio tra giovani e giovanissimi. È un disagio che si mescola e si sovrappone alle loro qualità straordinarie e a grandi generosità di cui sono capaci. Non è sempre facile interpretare: a volte la cortina dell’incomunicabilità è talmente spessa che, per genitori e insegnanti, diventa difficile anche solo parlarne. Occorre rompere il muro delle solitudini e del silenzio. Andare incontro. Ascoltare. Offrire possibilità. Costruire occasioni di dialogo, di socialità, di crescita insieme. Senza dialogo, senza umanità, senza empatia, non ci sarà progresso tecnologico che possa esaudire il desiderio di una vita piena, ricca di relazioni, di affetti, di emozioni, di soddisfazioni.

Il disagio giovanile è una grande e urgente questione nazionale, che va affrontata con tutto l’impegno e i mezzi a disposizione. Senza indulgenze o lassismi, che sono peraltro diseducativi, ma senza nemmeno nutrire l’illusione che tutto possa essere risolto attraverso un’ottica esclusivamente securitaria. La scuola è decisiva. La scuola è per tutti e di tutti. Va pertanto continuata l’opera per rimuovere gli ostacoli, di natura economica, sociale e culturale, che impedisce ai giovani di frequentarla o di sfruttare pienamente le sue opportunità. L’abbandono scolastico è una piaga ancora aperta, nonostante l’impegno e la dedizione di molti insegnanti. In taluni contesti sociali la scuola è l’unica vera speranza di riscatto. Marginalità e violenze creano barriere all’inclusione, ma sarebbe una sconfitta inaccettabile se la presenza dello Stato si arrendesse di fronte alla problematicità di alcuni territori.

L’integrazione scolastica deve continuare a crescere nonostante le difficoltà. Vi sono vari e diversi fronti da curare con impegno e attenzione costanti: nei confronti dei portatori di disabilità, nei confronti dei meno abbienti, nei confronti degli immigrati. È un impegno che viene richiesto dalla Costituzione. Ma è anche un investimento per la società del futuro. Ogni risorsa spesa in educazione la ritroveremo moltiplicata nel bene della collettività.

La coesione della società passa anche dai territori. Desidero sottolinearlo qui, nel capoluogo della Sardegna. Ridurre i divari, che dal territorio si proiettano sugli stessi diritti di cittadinanza, è anche questo un compito a cui ci richiama direttamente la Costituzione. La scuola, cioè l’apertura al mondo e al vivere sociale di bambini, adolescenti, giovani, va dotata delle strutture che favoriscano questo inserimento, comprendendo, oltre agli strumenti della didattica classica, la possibilità di avvicinarsi alla musica, alle arti, allo sport. Purtroppo molte scuole, e intere aree, risultano carenti di mezzi adeguati. A questo scopo va utilizzata al meglio l’occasione offerta dal grande Piano di ripresa europeo, noto come PNRR, e che già ci aiuta a incrementare la sicurezza degli edifici scolastici. È necessario proseguire su questo percorso virtuoso, facendo dell’Europa un investitore centrale nei settori strategici che aprono al futuro. La scuola è certamente uno di questi. E l’Europa è l’orizzonte della nostra scuola.

Nel 1958, Aldo Moro, allora ministro della Pubblica istruzione, introdusse l’insegnamento dell’educazione civica. Fu una decisione lungimirante, e ancora oggi può aiutarci a connettere i programmi didattici con l’impegno più vasto della formazione di buoni cittadini. Educando ai valori della nostra Costituzione, alla democrazia, alla libertà, che è piena soltanto se uguale ed effettiva per tutti. L’apertura dell’anno scolastico è l’occasione per riflettere sul livello di istruzione dell’intero Paese. Si suole dire che la scuola è per tutta la vita, volendo sottolineare l’importanza del momento formativo di cittadini consapevoli. Oggi la vita si propone con un percorso più lungo e, non a caso, si parla, da un lato, di educazione permanente nell’arco della vita attiva, dall’altro di accesso a opportunità di natura culturale, una volta a riposo, terminati gli anni di lavoro. Il pensiero, oggi, va anche a queste attività e rivolgo quindi un augurio a quanti sono impegnati nelle numerose iniziative delle Università popolari e nelle Università della terza età. Svolgono una funzione preziosa a favore della collettività.

Agli insegnanti, ai presidi, ai docenti, al personale di supporto si chiede molto; talvolta troppo. Anche a fronte di retribuzioni spesso non all’altezza di altri Paesi europei. Si tratta di un aspetto di grande rilievo che va affrontato concretamente. Tutti loro hanno e devono sempre avere la consapevolezza e l’orgoglio di ricoprire un ruolo prezioso per la nostra società: quello di formare ed educare i cittadini che crescono. Dalla loro opera, spesso silenziosa e non conosciuta, dipende in gran parte il futuro della nostra Italia.

La scuola può molto, ma non può tutto. Una partecipazione attiva e positiva delle famiglie è essenziale nel processo educativo. Purtroppo si registrano segnali che il patto educativo tra famiglie e insegnanti sia a volte incrinato. Occorre ricostruirlo ovunque. Con pazienza e fiducia. I genitori devono essere sempre attenti a non trasferire le loro ansie di successo sui ragazzi. Devono vedere nei docenti non una controparte ma interlocutori che aiutano nella formazione, evitando di trasmettere ai ragazzi un senso di indifferenza o addirittura di superiorità rispetto alle regole che ne distruggerebbe il futuro. Qualche insuccesso, i richiami aiutano a crescere. Non si dà una mano ai ragazzi se si imposta una dinamica di scontro con la scuola o di sfrenata competizione tra gli stessi studenti.

Con questa giornata si riparte dal centro della scuola. Il centro, il cuore, la ragione della scuola siete voi. Bambine, bambini, ragazzi giovani. Vi auguro un anno di crescita, di amicizia, di soddisfazione, di gioia, di incontro con gli altri. La scuola accende la nostra speranza. Buona scuola a tutti!».

© Riproduzione riservata