"Le malattie progressive hanno una costante: domani saranno sempre peggio di oggi. Quindi ho imparato ad apprezzare tutto quello che la vita mi offre nel presente e nelle mie condizioni attuali".

Luciano Vacca, di Settimo San Pietro, ha quarantotto anni e un sorriso contagioso. Contro di lui la sclerosi multipla combatte da diciassette anni una guerra mirata, inarrestabile. Gli arti, uno dopo l'altro, hanno rallentato i movimenti fino a bloccarsi, come giocattoli con le batterie scariche. Il resto del corpo si è accodato, tranne i muscoli del collo. Colpito, non affondato. Oggi i suoi occhi frugano nella tastiera del puntatore oculare, trait d'union col mondo, compongono la parola che una voce robotica s'incarica di leggere: "Sto scrivendo un romanzo ambientato in un'isola immaginaria con mare, sole, sabbia. Un bel posto. Però non dite che sono uno scrittore".

Il seminterrato di casa è un bunker attrezzato per resistere alle fiammate della malattia. Quando le condizioni del tempo lo consentono ossigena i polmoni nella pineta che verdeggia a un passo. L'ultima volta lunedì scorso, bardato di tutto punto: cappello, tuta e sciarpa del Cagliari. La passione rossoblù lo agita dai tempi di Mulinu Becciu, il quartiere in cui è cresciuto e ha presieduto la Polisportiva 444. Lo incoraggiano la moglie Valentina, i figli Niccolò e Ilaria, rispettivamente di sedici e dodici anni, l'angelo custode Alyna: "Spero di tornare presto allo stadio".

Quale lavoro faceva?

"L'agente immobiliare. Gestivo sei agenzie e tre sportelli finanziari per l'erogazione di mutui".

La diagnosi risale al?

"2003. Già precedentemente c'era qualcosa che non andava nel verso giusto".

Come ha reagito?

"Sapevo nulla di questa patologia. Non pensavo che fosse così grave. Certo, un po' preoccupato lo ero, ma sono positivo di natura. Ho iniziato a studiare".

Le tappe del peggioramento?

"La malattia ha avuto un progredire lento e costante. Prima la gamba destra, poi il braccio destro e tutto il resto. Da sei anni sono in carrozzina".

Mai pensato di smettere di lottare?

"Sì. Ogni tanto mi dico: sono stanco, seu mera aroxiu".

La sua giornata?

"Sveglia presto, prima delle sei. Faccio la terapia, poi incontro la fisioterapista. Se la giornata è bella mi portano all'aperto. Da poco i Testimoni di Geova mi hanno seguito anche lì. Ho regalato loro il libro scritto da me nel quale spiego di non apprezzare la loro insistenza. Ho pensato che avrebbero capito. Purtroppo non è accaduto".

L'intervista si interrompe e Alyna con una cannula libera dal catarro la gola di Luciano.

Il pomeriggio?

"Faccio un sonnellino senza sonno, con le palpebre abbassate".

Tivù?

"Stanca gli occhi. Risparmio energie per le partite del Cagliari".

L'ultima volta allo stadio?

"Tempo fa. Sto cercando di organizzare una 'trasferta' alla Sardegna Arena con l'aiuto di un infermiere".

La sanità pubblica?

"Nonostante l'ottimo programma 'Ritornare a casa', alcune insensatezze pregiudicano la salute dei pazienti".

Quali?

"Perché in alcuni ospedali riordinano la stanza alle quattro e mezza e ti svegliano? Perché una sedia a rotelle costa più di uno scooter? Perché devi rifare lo stesso certificato un'infinità di volte per consegnarlo a reparti diversi? Perché il malato non viene messo al centro del progetto visto che lo riguarda in prima persona?".

Gli sprechi?

"Ci sono ed è un'ingiustizia. Molti medicinali, per esempio, finiscono nel cestino dopo essere stati utilizzati per un solo paziente".

Cosa pensa della partecipazione di Palumbo a Sanremo?

"Non l'ho visto. Come lui, mi sono informato sulle cure sperimentali con cellule staminali. Ho scoperto che non hanno alcun effetto sui pazienti nelle mie condizioni. Spero che qualcuno vinca il Nobel per aver scoperto la cura".

Il momento più bello?

"Mentre guardo la partita".

Il peggiore?

"La doccia".

Ha provato la medicina alternativa?

"Sì. Ho fumato anche la marijuana per alleviare i dolori".

Risultati?

"Nulla di nulla. Con tutte queste domande rischio di montarmi la testa".

Qualcuno l'ha delusa?

"Alcuni colleghi. Durante la malattia si sono allontanati o hanno cercato di fare cose spiacevoli sul lavoro".

Crede in Dio?

"No, solo nella scienza".

Ha perso la fede?

"Non l'ho mai avuta".

Eppure sarebbe più semplice una mano d'aiuto soprannaturale.

"Non è nel mio carattere".

Cosa sogna?

"I miei figli. Il Poetto. Lo stadio".

Paolo Paolini

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