Quattro anni dopo la sentenza di condanna pronunciata dalla Corte dei conti, e a circa uno dalla conferma arrivata in secondo grado (definitiva), la Camera di commercio bussa alla porta del suo ex presidente Giancarlo Deidda e gli chiede per via giudiziaria la restituzione della somma che l’ente aveva dovuto versare per coprire il danno erariale da lui provocato durante la sua gestione: circa 722mila euro. Passo compiuto una settimana fa dall’avvocato Giovanni Dore su mandato del presidente Maurizio de Pascale, come da determina presente sul sito istituzionale, dopo la mancata risposta a precedenti tentativi di contatto.

La compravendita

La vicenda è diretta conseguenza dell’acquisto dell’edificio che nel largo Carlo Felice 66/68 a Cagliari ospitava la sede dell’ex Banca Commerciale, tre livelli per una superficie di circa 1.600 metri quadrati. La compravendita, conclusa per allargare e ottimizzare gli spazi a disposizione della Camera di commercio già proprietaria della palazzina adiacente, era stata ritenuta dai giudici contabili infruttuosa se non inutile, priva di studi approfonditi che valutassero l’effettivo bisogno di accorpare uffici e personale, carente di una valutazione appropriata dei costi (compresi quelli delle eventuali ristrutturazioni rivelatisi poi elevati). Quindi i 12,5 milioni di euro sborsati nel 2011 dopo il via libera all’unanimità della Giunta camerale nel 2010 (col parere positivo dei revisori) non dovevano essere spesi, tenuto conto che l’immobile era rimasto vuoto e inutilizzato sino al 2017. I pm contabili Mauro Murtas e Gaetano Berretta avevano quantificato il danno finale in 3,6 milioni sottolineando che la Camera di commercio aveva altri immobili da sfruttare e che il nuovo era sovradimensionato rispetto alle esigenze e non era stato utilizzato da subito.

La decisione

Ma la Corte, sottolineando come i locali fossero comunque entrati a far parte del patrimonio pubblico, aveva ritenuto responsabili di un «pregiudizio erariale» pari a circa 2 milioni di euro Giancarlo Deidda, il quale per l’accusa aveva ricoperto un «ruolo determinante di iniziativa e traino» nelle seguenti deliberazioni della Giunta camerale, l’ex segretario generale Carlo Desogus, i componenti della Giunta camerale e i revisori in carica al momento del via libera, i membri della Giunta e il segretario generale subentrati nel ruolo. Quindi aveva suddiviso le responsabilità: il 35 per cento era stato messo in carico al presidente, il 15 per cento al segretario, l’ultimo 50 per cento alle altre persone che tuttavia, non essendo state chiamate in causa originariamente dalla Procura, non potevano rifondere il danno. Così aveva condannato i soli Deidda e Desogus (che in seguito ha saldato il dovuto) al pagamento rispettivamente di 699.442 e 299.761 euro più interessi e rivalutazione, somme individuate prendendo in esame il “costo” passivo provocato dal periodo di mancato uso dei locali e gli interessi del piano di ammortamento con la banca che aveva erogato il mutuo per l’acquisto.

L’edificio

L’immobile era della società “Colors” di Carlo Scano ed era stato acquistato nel 2011 dalla Camera per accorpare lì i suoi uffici sparsi per la città. Il progetto di espansione, avviato nel 2007, era stato inserito nella “Relazione previsionale e programmatica” per il 2008: vi si spiegava che i locali servivano a «dotare l’ente di una struttura più funzionale alle esigenze dell’utenza e del personale» viste «le mutate esigenze organizzative e logistiche». Il presupposto, ribadito in Giunta da Deidda, era vendere prima di tutto la palazzina di via Malta (2.300 metri quadrati) per fare cassa, ma dopo tre bandi andati a vuoto era comunque arrivato il via libera all’accensione del mutuo per comprare l’edificio.
Andrea Manunza

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