Il fermo biologico è finito da ventiquattro ore ma le barche dello strascico hanno scelto di non accendere i motori, bloccati in porto da costi impossibili da sostenere. In testa il prezzo del gasolio, che per esempio a Cagliari è schizzato alle stelle toccando 1,3 euro al litro.

"La nostra barca consuma 1500 litri di gasolio al giorno, i conti sono presto fatti. Anche perché devi aggiungere stipendi, costi delle attrezzature, delle reti, delle cime, dell’acciaio, anche questi cresciuti enormemente. Riuscire a chiudere non dico con guadagni ma anche in pari è ormai un lusso”, spiega l’armatore Marco Giordano. “Se ci fosse un futuro, un armatore potrebbe pensare di fare ancora sacrifici, ma la verità è che le prospettive sono nere”.

Così tanto da aver costretto Pasquale Cozzolino, armatore di una grossa imbarcazione per lo strascico, a fermare l’azienda e sbarcare l’intero equipaggio. "Uscire non conviene, se lo fai vai in perdita”.

Anche per questo l’80 per cento dei grossi pescherecci questa mattina è rimasto in banchina, come hanno fatto anche numerosissimi pescatori della costa orientale. Mentre la protesta spontanea ha attecchito meno nell’Oristanese.

“Sono due, fondamentalmente, i problemi che stanno affliggendo la categoria. Il caro gasolio, che da noi ha raggiunto prezzi folli dovuti anche al monopolio, e le disposizioni sulla pesca del gambero rosso e viola. La comunità europea aveva indicato la quota gambero per l’Italia di 370 tonnellate, mentre lo Stato italiano aveva deciso di attribuire le quote per singolo battello”, dice Renato Murgia, responsabile dell’Associazione armatori sardi. Ora che è successo: alcuni pescatori, compresi molti sardi e cagliaritani,  hanno operato senza disperdere l’intera quota ma lasciandosene una parte per le feste di Natale.

Percentuali disperse. "Di fatto perse. Alla nostra quota residua - spiega il comandante del peschereccio Gisella, Gianpiero Melis - dobbiamo rinunciare”.

LA NOTA DI FEDERPESCA – “Negli ultimi giorni da tutte le marinerie italiane riceviamo dati preoccupanti relativamente ai prezzi del gasolio che continua ad aumentare vertiginosamente. Una situazione che sta provocando la decisione di molte imprese di interrompere nuovamente la propria attività a causa di costi di produzione troppo alti che non garantiscono alcun margine di profitto”, fa sapere la Federazione Nazionale delle Imprese di Pesca. “Purtroppo il peggio non è passato – prosegue la nota – : abbiamo di fronte numeri e proiezioni che stanno portando ad una vera e propria tagliola per un settore primario fondamentale per il nostro Paese e alla mancanza di pesce locale sulle tavole degli italiani nei prossimi mesi. Per questo, auspichiamo che il nuovo Governo venga presto incaricato e, insieme al Parlamento, affronti tra le sue priorità le problematiche del settore della pesca e dell'autonomia strategica, energetica e alimentare, dell'Italia”.

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