A Cagliari una mamma cosiddetta intenzionale ha potuto riconoscere la propria figlia nei registri dello stato civile.

Lo annuncia il sindaco Massimo Zedda: «Abbiamo subito dato seguito alla sentenza della Corte Costituzionale. In questo modo viene riconosciuto de facto il diritto alla genitorialità, tutelando la bambina. Andiamo avanti nell'assicurare a tutte e tutti il pieno godimento dei diritti civili».

Il capoluogo sardo è dunque una delle prime città in cui si avvertono gli effetti della recente sentenza della Corte Costituzionale, che ha dichiarato incostituzionale il divieto per la madre intenzionale di riconoscere come proprio il figlio nato all'estero con la procreazione assistita.

Con la sentenza numero 68 di giovedì scorso, i supremi giudici hanno convinto la Procura Generale di Venezia a ritirare l'impugnazione degli atti davanti alla Corte d'appello civile - dove si discuteva proprio il caso delle 39 coppie di mamme con figli nati con la Pma all'estero dopo il via libera che le coppie gay avevano ottenuto nel marzo del 2024 dal tribunale di Padova - e adeguarsi al pronunciamento della Corte Costituzionale.

Non così ha fatto l'Avvocatura dello Stato, per conto del Ministero degli Interni, che invece non ha cambiato linea difensiva, confermando nella sostanza la richiesta di cancellazione dall'anagrafe del cognome della madre intenzionale. Come non fosse cambiato nulla dal marzo 2023, quando la circolare del ministro Matteo Piantedosi ai Prefetti aveva sollevato il caso, ovvero la richiesta ai sindaci di interrompere per i bimbi figli di coppie gay la trascrizione del cognome della madre intenzionale sul registro dell'anagrafe.

Nella sentenza della Consulta, i giudici hanno scritto che il mancato riconoscimento del figlio da parte della madre intenzionale pregiudica «il suo diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale».

Durante l'udienza di lunedì a Venezia, l'Avvocatura ha spiegato tuttavia che non ci sono state finora indicazioni da parte del Ministero dopo la sentenza 68. Secondo fonti del Viminale, l'Avvocatura si è limitata a riportare le deduzioni difensive già svolte, rimettendo al collegio giudicante la valutazione dei casi concreti sottoposti alla stessa Corte d'Appello. La decisione dei giudici di Venezia è attesa nelle prossime settimane. «Si può dire soltanto - ha commentato l'avvocata Susanna Lollini, legale di una coppia di mamme padovane - che di fronte alla pervicacia dell'Avvocatura, che evidentemente non capisce la differenza tra le sentenze della Corte costituzionale e le indicazioni del Ministero, la condanna alla spese sarebbe il minimo che potremmo aspettarci».

(Unioneonline)

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