Buoncammino non è più un carcere, ma senza lasciapassare del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria è vietato entrare.

Da quando i detenuti sono stati spostati, era novembre 2014, i sogni si sono sprecati. Si è parlato di luogo strategico da restituire alla città, di cultura, turismo, occupazione, housing sociale, perfino di un casinò.

Oggi che la “battaglia” di forze politiche trasversali ha perso vigore, nel bellissimo vecchio edificio - il più grande di Cagliari, su un’area di quindicimila metri quadrati e con una posizione fantastica - ci sono pochi uffici ministeriali e pochi dipendenti. Stato, Regione e Comune non riescono a trovare un accordo: il primo (l’Agenzia del Demanio) ha fatto la sua proposta: "Ti diamo Buoncammino e tu ci consegni un altro spazio per i nostri uffici", il palazzo di piazza Giovanni XXIII dove fino a poco tempo fa c’era l’assessorato del Lavoro, attualmente vuoto.

La seconda l’ha rispedita al mittente: "Non possono liberarsi dei loro problemi scaricandoli su di noi", dice l’assessore degli Enti locali Cristiano Erriu. Il terzo partecipa da esterno. Buoncammino è un peso immenso che nessuno vuole sobbarcarsi, riconvertirlo o anche soltanto riadattarlo a uffici costa cifre astronomiche, e non c’è neppure uno straccio di progetto concreto di riqualificazione che possa coinvolgere imprenditori privati.
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