Una bimba di 18 mesi in carcere, reclusa nella sezione femminile della casa circonadirale di Uta, all’interno di una cella nido assieme alla giovane madre che deve scontare una pensa definitiva.

«Ancora una volta – afferma Maria Grazia Caligaris dell’associazione Socialismo Diritti Riforme Odv – una creatura di pochi mesi costretta a subire da innocente la detenzione in assenza di spazi alternativi attrezzati, l’auspicio è che possa lasciare al più presto la cella».

La madre della piccola deve scontare una pena di un anno e 8 mesi per un reato del 2019.

«Purtroppo – dichiara Caligaris – non è la prima volta che una creatura con pochi mesi di vita varchi il cancello del carcere. La circostanza è ovviamente legata al fatto che una neonata non può essere separata dalla madre. Certo è che una presenza così fragile richiede una grande attenzione da parte dell’intera struttura ed in particolare della Polizia Penitenziaria e dell’Area Sanitaria. L’Istituto deve farsi carico non solo delle vaccinazioni ma anche dell’alimentazione e delle visite pediatriche. Una condizione che tiene impegnata, con particolare cura, l’Area Sanitaria. La speranza è che la sua permanenza in carcere, al di là della sensibilità di tutti gli operatori penitenziari, possa concludersi nel più breve tempo possibile».

La presidente di SDR si dice preoccupata anche per le condizioni della mamma: «Manifesta una forte ansia che non può essere alleviata con farmaci perché la donna sta allattando». Si tratta di una 26enne di etnia rom, madre di cinque figli, il più grande ha 9 anni. «Vive con apprensione l’allontanamento dai bimbi rimasti a casa col padre, il caso richiede l’immediato intervento della Magistratura di Sorveglianza in modo da disporre i domiciliari per la donna».

(Unioneonline/L)

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