Approdato in Cassazione, il processo per peculato a carico dell'ex europarlamentare, ex sottosegretaria del governo Renzi ed ex consigliera regionale Francesca Barracciu non è ancora concluso.

Ieri notte i giudici della sesta sezione della Corte suprema, chiamati a valutare la condanna a 3 anni, 3 mesi e 20 giorni inflitta all'esponente del Pd dalla Corte d'appello di Cagliari nel maggio 2019, hanno annullato la sentenza rinviando il procedimento ad altra sezione d'Appello perché si ricalcoli la pena finale: necessità dovuta alla dichiarata prescrizione delle contestazioni sino a tutto il 2007 e alla segnalazione, da parte dell'avvocato difensore Franco Luigi Satta, riguardante cinque bonifici inseriti da Procura e investigatori nell'imputazione e però, a suo dire, mai eseguiti dalla sua assistita.

Così la vicenda sarà nuovamente oggetto di discussione nei prossimi mesi e si apre la possibilità (teorica) che l'aver compresso a un solo anno il periodo durante il quale Barracciu aveva speso, secondo gli inquirenti, denaro pubblico (81mila euro) per scopi privati piuttosto che istituzionali (tredicesima legislatura, 2004-2008), spinga il futuro collegio a infliggere una pena inferiore ai due anni, con tutte le conseguenze sulla eleggibilità futura dell'imputata.

Barracciu e Satta si attendevano comunque l'assoluzione immediata, e l'ex consigliera avrebbe accolto la decisione del rinvio con un pizzico di delusione.

Nel dicembre 2007 l'ex europarlamentare era stata condannata a 4 anni, poi in Appello i giudici avevano dichiarato la prescrizione degli episodi commessi tra il dicembre 2005 e l'aprile 2006 e assolto la donna da due contestazioni: i presunti esborsi sostenuti tra il luglio 2004 e il novembre 2005 e l'uso dell'assegno da 3.600 euro ottenuto dalla società "Evolvere" per organizzare convegni del Pd la cui esistenza era stata messa in dubbio da Procura e investigatori.
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