Uno. Non ne hanno beccato uno. In dieci anni ci siamo "fumati" un'area grande quanto la provincia di Oristano, ma non c'è nemmeno un criminale dietro le sbarre di un carcere.

L'abbiamo già detto e già scritto. Anche rilanciando l'amarezza di chi ha perso tutto. "Giustizia? Certo, giustizia. Prendeteli e metteteli in galera. Oggi. Domani saranno già fuori".

Per la "legge" una vita umana nel nostro civilissimo Paese vale l'ergastolo, 30 anni o giù di lì. Uccidere la terra su cui viviamo per il codice penale è un reato ambientale da punire con una reclusione da 4 a 10 anni. Da 6 a 15 nei casi più gravi.

Quanti stanno scontando una pena? Con la speranza di essere smentiti, azzardiamo: nessuno.

Spesso si sente dire, dagli inquirenti, che dietro grandi roghi c'è soprattutto la sfiga. Qualcuno che brucia stoppie e non riesce a controllare il fuoco, le scintille provocate dalla motozappa, un barbecue improvvisato. Eppure, tra la cenere, troviamo inneschi. Piazzati in più punti da bastardi, vigliacchi, assassini. Brutta gente che sa come, dove e quando colpire, facendosi beffa proprio degli allerta arancioni della Protezione civile.

Possibile che nessuno veda, nessuno senta, nessuno parli? Sulla terra nera ferita a morte dagli incendiari tra poco cresceranno gli asparagi. Il primo segnale di riscatto della natura. Fa male pensare che tra chi coglierà quei "frutti" amari ma deliziosi ci saranno anche gli assassini. Ma per rivedere sughere, lecci, ginepri, cisto ci vorranno anni. Generazioni di sardi. Un popolo maledetto dal fuoco ma che non fa abbastanza per isolare bastardi, vigliacchi, assassini. Uno. Non ne becchiamo uno.

Emanuele Dessì
© Riproduzione riservata