Sarebbe una macchina quasi perfetta, alimentata dalla grande generosità dei sardi, ma procede col freno a mano tirato. Colpa di un meccanismo tristemente inceppato da logiche numeriche e sanitarie decisamente più lente dell’evolversi delle malattie. Così finisce che un terzo degli organi donati finisca fuori regione, spesso anche di più. «Ma non perché qui non servano: semplicemente perché il personale sanitario non è sufficiente per consentire, a chi avrebbe bisogno di un trapianto, di completare le visite propedeutiche all’inserimento nelle liste d’attesa», denuncia Pino Argiolas, storico presidente della Prometeo.

Dall'Aido si alza un altro grido d'allarme: «I noti mali della sanità purtroppo si ripercuotono anche sull'attività trapiantistica», commenta il presidente regionale Roberto Simbula. Quasi un paradosso per l’Isola che continua a brillare per altruismo, e dove in tanti non si fermano al dolore decidendo di trasformarlo in un investimento sulla vita.

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