L’ordine è sottotraccia. Di quella seduta dell’Assemblea Nazionale del Popolo di fine ottobre, una sorta di Camera dei deputati della Repubblica Popolare d’Algeria, nessuno deve saper niente. Il silenzio, nella sponda opposta del Mediterraneo, è un obbligo non dichiarato. La notizia non passa. Ignorata dai più, silenziata dagli amici d’Israele in terra d’Europa. Eppure, il verbo algerino sulla guerra mediorientale è ben più di uno “spiffero” di provincia. Il pronunciamento è solenne, senza mezze frasi, all’unanimità: «I rappresentanti dell'Assemblea nazionale popolare affermano, in quanto rappresentanti del popolo algerino, la loro posizione e il loro appoggio assoluto alle ferme posizioni dell'Algeria nei confronti della questione palestinese e condannano con la massima fermezza il genocidio, la pulizia etnica e i massacri commessi dall'occupazione sionista contro il fraterno popolo palestinese».

Il patto Algeria-Hamas

I volti di Abdelmadjid Tebboune, Presidente della Repubblica, Comandante Supremo delle Forze Armate e Ministro della Difesa Nazionale, e del capo politico di Hamas, Ismail Haniyeh, nel corso dell’ultimo vertice ad Algeri, sono l’effige di una santa alleanza alla luce del sole. L’Algeria, lo Stato chiamato a gran voce, e in pompa magna, dall’Italia a sostituire, in nome e per conto dell’Eni, gli approvvigionamenti di gas venuti meno dalla Russia, è schierata apertamente con Hamas. Senza se e senza ma. Dunque, sul fronte opposto dell’Italia, dell’Europa e dell’intero Occidente. Non un modulo di gioco di una qualunque partita a pallone, ma lo schieramento politico strategico di uno dei paesi chiave, l’Algeria, ad appena 238 chilometri dalla Sardegna. Uno stato decisivo per l’Italia e l’Europa a partire dall’energia, la questione più insidiosa nell’area più calda dell’attuale scacchiere militare mondiale.

Spalle al muro

Dalla rottura italo-occidentale con la Russia per l’attacco all’Ucraina alla netta contrapposizione strategico-politica con l’Algeria, il passo è breve. Una rottura proprio davanti a casa, a due passi da Teulada e Porto Pino, con un Paese africano spacciato in lungo e in largo, come alleato fondamentale, in memoria dello storico presidente dell’Eni Enrico Mattei, per contrastare il predominio energetico di Putin. La dirompente contraddizione italiana, ora, però, striscia nel silenzio assoluto. Il voto del Parlamento algerino, in Italia e in Occidente, è precluso ai più, silenziato come pochi, proprio a significare il grande imbarazzo dei piani alti dei Palazzi di Roma. L’effetto palese sull’energia è uno schiaffo in faccia: dalla padella alla brace, dalla Russia agli alleati principali di Hamas. I vertici del governo italiano sino ad oggi hanno fatto finta di niente, come se quel voto unanime del parlamento d’Algeri non esistesse. In realtà, però, c’è, è forte e chiaro. Imperativi dell’assise algerina scolpiti sulla pietra dei pronunciamenti, destinati a segnare un punto di non ritorno.

Contraddizione totale

Se la contraddizione geo-politica tra lo Stato magrebino e la posizione italiana sfuggisse a qualcuno basterebbe leggere il dispositivo finale della presa di posizione parlamentare dei vicini di costa: «Si condannano fermamente gli orribili massacri commessi dall'esercito della barbara entità sionista contro i civili palestinesi nella Striscia di Gaza, che hanno provocato la morte di oltre 8.000 persone, la maggior parte dei quali bambini e donne, in violazione di tutte le risoluzioni e delle norme delle Nazioni Unite. Affermano il diritto del sacro popolo palestinese a resistere e a difendere la propria terra e i propri luoghi santi con tutti i mezzi possibili, di fronte alle oppressioni che gli sono state imposte da 75 anni».

Capitolo esplosivo

Il capitolo Algeria, forse anche più di quello del Qatar, è, dunque, esplosivo, con implicazioni che vanno ben oltre i già pesantissimi pronunciamenti istituzionali. In ballo ci sono almeno due questioni dirompenti, per l’Italia e soprattutto per la Sardegna. La prima: l’approvvigionamento energetico, con il pericolo che, in seguito a sanzioni internazionali o per decisioni del governo algerino, si decida di negare o centellinare gas ed energia all’Italia, cancellando del tutto le già controverse dichiarazioni di qualche mese fa che annunciavano la ripartenza del progetto Galsi per la realizzazione di un metanodotto Hydrogen-ready, ovvero con condotte già predisposte per la futura distribuzione dell’idrogeno, dall’Algeria verso la Sardegna.

L’invasione algerina

La seconda, per quanto riguarda la Sardegna, è ancora più delicata: riguarda lo scippo del mare sardo sulla costa occidentale con l’imposizione da parte del governo di Algeri di una Zona Economica Esclusiva, che si estende per 370 chilometri dalle acque territoriali africane sino a Bosa.

Argomento tabù

Un argomento tabù per i governi italiani che dal 2018, data di istituzione dello sconfinamento marittimo algerino nel mare sardo, non hanno fatto niente di più che una letterina di protesta alle Nazioni Unite. È vietato parlarne, per non disturbare il gran manovratore, l’Eni, l’ente di Stato che con la Sonatrach, la società petrolifera di Algeri, fa da sempre affari a mani basse su gas e petrolio. Ora, però, la questione va ben oltre: in ballo c’è la sovranità sui confini nazionali, l’insidia di avere alle porte di casa i principali sponsor e sostenitori di Hamas e della causa palestinese. Ignorare o far finta di niente non sarà facile, considerati i report sempre più espliciti dell’intelligence della Difesa, con uomini con le stellette che, anche pubblicamente, cominciano ad esternare serie preoccupazioni su quanto sta accadendo sulla costa occidentale della Sardegna.

Escalation d’Algeri

Un’escalation mediterranea di Algeri, a ridosso di Carloforte, Capo Frasca e S’Archittu, che dovrebbe far scattare l’allert in qualsiasi struttura di difesa nazionale. La linea sinora seguita dal tricolore, invece, è quella di tacere, per non inficiare l’immagine sovranista e non mettere in discussione gli accordi energetici con l’Algeria. Ad alzare il sipario su quanto sta accadendo sul fronte sardo, a conferma delle inchieste del nostro giornale sullo sconfinamento algerino, ci ha pensato, però, il massimo esperto di questioni geopolitiche internazionali, il direttore di Limes Lucio Caracciolo.

Sommergibili sulla costa

Le sue parole, pronunciate in un’iniziativa della Diocesi di Roma, inchiodano i rischi e annunciano uno scenario inquietante. Dice Caracciolo: «Il mare è diventato terra, cioè, ormai le potenze e anche le meno potenze, che si affacciano sui mari e in particolare sul Mediterraneo, hanno cominciato a determinare delle loro zone di influenza che chiamano con termini, stavo per dire evangelici, comunque diciamo simpatici, zone economiche... eccetera eccetera. In realtà, però, sono zone di sovranità, di fatto così sono interpretate. Tutti i Paesi, meno l'Italia, guarda caso, che si affacciano sul Mediterraneo hanno delimitato appunto delle loro aree, ciascuno per conto suo. Ci sono, quindi, delle continue sovrapposizioni. Faccio un esempio: se voi andate in Sardegna, verso le magnifiche dune di Oristano, fate una passeggiata lì può capitare di vedere un periscopio. Beh, state sicuri che quel periscopio è un periscopio di un sottomarino algerino di fabbricazione russa, classe Kilo, che pattuglia quel mare. Perché dal punto di vista algerino il mare di Sardegna è mare di Algeria, tanto per citare un caso che ci interessa più da vicino».

Scacchiere di fuoco

Se i micidiali sommergibili di fabbricazione russa, gli ultimi due venduti alla Marina militare di Algeri subito dopo l’imposizione della Zona Economica Esclusiva sulle coste sarde, fossero realmente in azione sul fronte occidentale dell’Isola, come affermato da Caracciolo, la partita diventerebbe davvero pesante. Sarebbe l’ennesimo fatto di una gravità inaudita che porrebbe l’Italia e la Sardegna dinanzi ad uno scenario sempre più allarmante, nel già rovente scacchiere del Mediterraneo. Continuare a tacere, sull’altare degli affari energetici, ora come ora, potrebbe essere un rischio davvero troppo elevato.

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