Torbato, il fascino di un vitigno
Giampaolo Parpinello, dopo aver diretto e seguito per oltre 40 anni diverse realtà vinitivinicole tra le più importanti dell'Isola ha deciso di realizzare il sogno di una vitaPer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Pensate a un crociato in Terra Santa, angolo del mondo già allora vocato alla viticoltura. Nobile o contadino, questo uomo del Medioevo lontano dalla sua terra si fa trascinare dalla sua passione per la vite e per il vino, tanto da tornare a casa con talee da coltivare. Rametti custoditi come allora si poteva, in qualche ripostiglio di fortuna tra i bagagli rudimentali, borracce, teli e casse. Con un più grande salto nel passato, immaginate navi fenice cariche di anfore vinarie e ceppi di qualche vite.
Da qui, da questi fotogrammi di lontane migrazioni può iniziare una storia suggestiva, quella del Torbato, il vitigno a bacca bianca che oggi nel mondo parla una sola lingua, o quasi: quella della Sardegna nord occidentale dove ancora viene coltivato e vinificato. Un'epopea ricca di mistero e grande fascino in cui le conoscenze agronomiche ed enologiche sono solo una piccola parte di un grande affresco. Un puzzle complesso ed emozionante dove oggi il legame straordinario che unisce questo vitigno a un appassionato enologo trevigiano ma da oltre 55 anni in Sardegna, è solo l'ultima tessera che ci porta sino ai giorni nostri. Giampaolo Parpinello, dopo aver diretto e seguito per oltre 40 anni diverse realtà vinitivinicole tra le più importanti dell'Isola ha deciso di realizzare il sogno di una vita. Una cantina di famiglia, la Poderi Parpinello, un luogo del cuore (35 ettari e 200 mila bottiglie) dove il Torbato sa raccontare al meglio la sua affascinante storia.
LA RICERCA - «Difficile ricostruire le origini e il percorso del Torbato - spiega Gianni Lovicu, responsabile del settore vitivinicolo di Agris e ideatore del progetto Akinas a cui è legato il campo di germoplasma a Ussana, poco distante da Cagliari. Lovicu è autore e curatore del prezioso volume Akinas, Antigas Kastas de Ide pro Novas Arratzas de inu de Sardinna, un lavoro esemplare che cataloga, valorizza e riscopre gli antichi vitigni sardi. «Ciò che però possiamo dire è che probabilmente il Torbato si è originato dalla Monica bianca per incroci con altri vitigni. È presente da Seneghe a salire, nel quadrante che raggruppa Mores, Bonorva, il Sassarese. Come anche in Catalogna, Pirenei e Languedoc-Roussillon». Un dettaglio, quest'ultimo, particolarmente interessante.
IL VIAGGIO - Dal punto di vista agronomico, il Torbato è un vitigno tutt'altro che docile. Ha una produttività incostante, è molto sensibile e non è affatto facile da vinificare. Secondo alcuni apparterrebbe alla famiglia delle uve malvatiche, e questo giustificherebbe l'ipotesi di un'origine nell'Asia Minore. In realtà, non esiste alcuna prova dei suoi natali tra le antiche civiltà egee. Un dato moderno invece conferma una stretta parentela con la Malvasia del Roussillon, nella Francia pirenaica, almeno dal confronto del DNA, dove il vitigno viene chiamato anche Tourbat o Malvasia dei Pirenei Orientali. Probabilmente è stato introdotto in Sardegna durante la dominazione spagnola tra il XIV e il XV secolo, sotto i vessilli di Pietro IV d'Aragona, il Cerimonioso. Le citazioni «Col nome Cuscusedda - sostiene ancora Lovicu in Akinas- è citato dal Manca dell'Arca nel 1780. È il riferimento più antico del Torbato, anche rispetto a Spagna e Francia. Angius registra il Torbato in molti comuni della Planargia, nel Meilogu e ad Alghero. Il Cara lo ricorda tra le uve in osservazione a Villa d'Orri (a sud ovest di Cagliari) e il Cettolini avanza l'ipotesi di un suo arrivo dalla Spagna. Odart cita una Malvasia comune dei Pirenei che potrebbe essere il Torbato». Ma c'è un capitolo ancora da scrivere che già segna in modo unico il destino di questo vitigno. Per scoprilo dobbiamo puntare la nostra bussola verso il cammino geologico di questo angolo di Sardegna.
IL SUOLO - È tutta sottoterra la mappa storica del Turbato. Più precisamente nelle vicende paleogeologiche proprie della Sardegna nord Occidentale. L' 84° Congresso Nazionale della Società Geologica Italiana, "Stratigrafia e analisi di facies della successione continentale permiana e triassica della Nurra: confronti con la Provenza e ricostruzione paleogeografica", curato da Porto Conte Ricerche e tenuto a Sassari diversi anni fa, offre lo spunto per aprire un affascinante orizzonte di studio. Questa altra prospettiva prende le mosse dalla corrispondenza paleogeografica che lega la Nurra alla Provenza occidentale. Proprio quei suoli antichi dove il Torbato è ancora oggi presente oltre all'Algherese. Grazie alla correlazione litostratigrafia operata tra la Nurra e la Provenza occidentale, alcuni geologi hanno confermato una contiguità tra le due regioni durante il tardo Paleozoico e il Mesozoico inferiore. «Molti dati geologici, paleomagnetici e strutturali hanno dimostrato che la Sardegna era legata all'Europa stabile. L'esatta paleoposizione dell'intero blocco Sardo-Corso è stata a lungo dibattuta e ancora oggi è oggetto di discussione». Cosa significa tutto questo? Tanto. Ma soprattutto il richiamo di una terra madre di appartenenza, sebbene le distanze nelle epoche e nei luoghi. Un grande potenziale di bellezza e antico fascino che dobbiamo imparare a scoprire, e che riemerge ogni volta che ruotiamo un calice di Torbato.