Il “pensierino” alberga in una delle pagine segrete dello sbarco eolico nel mare di Sardegna. Lo hanno circoscritto, nero su bianco, nel capitolo preliminare dello studio ambientale. Il totalizzatore miliardario degli incentivi per l’eolico offshore ha toccato cifre stratosferiche quando la simulazione delle pale ha incrociato la tempesta di vento nelle Bocche da sempre più voraci del Mediterraneo, quelle di Bonifacio. I “versetti” sono didascalie fotografiche di immagini tanto eloquenti quanto spregiudicate. La prima ipotesi, quella più feconda per i conti in banca, è posizionata ad est dell’Arcipelago sublime di La Maddalena. La cartografia è a colori, per scandire in modo ancor più evidente quel quadrato di pale eoliche piazzato tra la Costa Smeralda e il vortice di vento tra il nord Sardegna e il sud della Corsica. Più che una tormenta eolica la rappresentazione fotografica è una palla di fuoco che si irradia tra il fronte corso di Porto Vecchio e l’isola di Santo Stefano, il fu eremo americano in terra sarda.

Soldi al vento

I signori del vento i denari li contano a metri al secondo. In quel punto dove hanno simulato il parco eolico, nell’enclave dorata dell’Aga Khan Karim, il vento soffia mediamente a 6,5 - 8 metri al secondo, tutto ad un’altezza di 150 metri, quella necessaria per incrociare quelle lame d’acciaio e vetroresina che affettano incessantemente il cielo di Sardegna. Gli svizzeri di Repower, per un attimo, ci hanno pure pensato ad irridere i Corsi piazzandogli quelle gigantesche pale sotto casa. Alla fine hanno concluso che era meglio lasciar perdere. Da quel momento per loro esisteva solo il versante opposto, quello della Sardegna del sud più estremo. Certo non hanno scritto che temevano l’irruenza della Corsica e tantomeno che si preoccupavano della rivolta degli sceicchi della Costa Smeralda. Hanno molto più soffusamente messo in campo la strategia della volpe con l’uva inarrivabile: non è matura. Loro la formula l’hanno traslata con tecnicismi e divieti ambientali: nelle Bocche di Bonifacio – hanno scritto - «l’ipotetica posizione dell’impianto eolico andrebbe ad interferire in modo diretto con la zona di protezione ecologica e con il Santuario dei mammiferi marini». Come per dire qui ci passano troppe balene, delfini e leoni marini. Meglio, avranno pensato, puntare sul mare inviolabile intorno al poligono militare di Capo Teulada, quell’esigua protuberanza della Sardegna verso l’Algeria violentata per sempre da missili e bombe di ogni genere. Lo scrivono senza tema di smentita. Teulada, Domus de Maria, Pula e le vestigia di Nora erano l’ultima spiaggia per insediare quella foresta di pale eoliche marine: «Altre aree preliminarmente indagate – scrivono nelle carte di cui siamo in possesso - non garantiscono condizioni migliorative rispetto allo specchio d’acqua prescelto, soprattutto in relazione agli usi in atto e futuri e ai caratteri ambientali, paesaggistici, geografici e percettivi del contesto».

Decidono a St.Moritz

Dunque sono gli svizzeri di St. Moritz che decidono dove mettere le loro pale eoliche, finanziate dalle bollette stellari dei cittadini italiani e sardi, sono loro che scelgono in casa d’altri ciò che è meglio e ciò che non lo è. Ed è così che, alla fin dei conti, per l’invasione eolica hanno scelto il sud della Sardegna. Secondo il ragionamento degli elvetici sulle aree scartate perché pregiate e tutelate, quella prescelta è, dunque, quella meno pregiata. Tanto poco di valore paesaggistico, ambientale, geografico, economico e marittimo da poterci schiaffare impunemente un’invasione eolica di tale portata. Perché i signori del vento venuti dall’altra parte delle Alpi, con sede legale tra le gondole e i dogi di Venezia, sono solo gli apripista di questo sbarco pianificato nel vituperato sud dell’Isola.

Le inchieste eoliche

Le inchieste dell’Unione Sarda sulla scalata eolica sui mari sardi avevano con largo anticipo messo in rilievo gli appetiti di multinazionali e società-spia, con tanto di progetti sotterranei pubblicati già nei mesi scorsi. Oggi a confermare e rendere ancora più invasivo quello sbarco annunciato dal nostro giornale mesi fa sono i documenti che pubblichiamo, a partire da una mappa ufficiale “nascosta” tra le carte di una procedura rimasta blindata e preclusa ai più nel Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibile. A Roma, nel crocevia di Porta Pia, infatti, si sta copiosamente lavorando a pianificare nientemeno che il futuro del mare sardo. Per scovare il documento devi chiedere supporto agli hacker più esperti. Quando il prelievo dalle casseforti informatiche di Stato è compiuto ti imbatti nel «Piano di gestione dello Spazio Marittimo Sub Area Mo/11 Piattaforma continentale e ZPE Tirreno occidentale e Sardegna Occidentale». Un vero e proprio piano regolatore del mare sardo, dal cosa si può fare, al cosa fare, dal come e dove farlo. A redigerlo è una società di Stato, la Sogesid S.p.A., declinata in tre direttrici di missione: Ingegneria, Territorio, Ambiente. Un piano non casuale, né nei tempi tantomeno nella scelta della localizzazione d’avvio. Del resto si sa: lo Stato, quando si tratta della Sardegna, opera con la riservatezza che il più delle volte si manifesta in blitz preconfezionati.

Il dispaccio di Stato

Il dispaccio del Ministero di Enrico Giovannini viene battuto dal “telegrafo” di Porta Pia all’alba del sette febbraio scorso. La comunicazione è formale, senza enfasi: «È aperta la fase di consultazione del Rapporto preliminare ambientale relativo al piano di gestione dello spazio marittimo Tirreno e Mediterraneo occidentale», tradotto il mare di Sardegna. I destinatari della missiva di Roma sono pochi eletti, dalle Capitanerie di Porto, braccio a mare dello Stato, gli uffici dell’Assessorato regionale dell’Ambiente e qualche altro ignoto destinatario. Il rapporto preliminare, 464 pagine di tutto e di più, quando accende i riflettori sulla Sardegna usa il tatto dei valori incontrovertibili della natura e dell’ambiente, sino a declinare la fattibilità delle più nefaste attività belliche.

Prudenza & azzardi

Insomma, un mix di prudenza e spregiudicatezza, di onestà intellettuale e di condizionamento istituzionale. Del resto cosa ci si può aspettare da una società di Stato se non il perseguimento dell’obiettivo prefissato dal Governo in carica? Il piano è ambiguo, come si conviene all’equilibrismo di Palazzo. Un dato incontrovertibile, però, emerge nell’analisi: «L’area del Tirreno Occidentale e Sardegna Occidentale è caratterizzata dall’alto valore ambientale riconosciuto da vari strumenti di protezione e gestione, primi fra tutti la ZPE - Zona di protezione ecologica del Mediterraneo, strumenti che necessitano di essere coordinati, integrati e rafforzati, per garantire la tutela, nel lungo termine, dei servizi ecosistemici che quest’area fornisce a beneficio dell’intero sistema ambientale e socio-economico del Mediterraneo Occidentale». Non mezze frasi, ma la chiara esortazione a «rafforzare» la protezione del mare sardo. Guarda caso, poi, se ci si sposta a sud dell’Isola, nel versante est e ovest, le prospettive si fanno più “energetiche”. Per il piano del Governo, oltre alla «peculiare condizione di sfruttamento delle risorse profonde come i gamberi rossi», «l’area possiede una vocazione rispetto al potenziale di sfruttamento di fonti energetiche rinnovabili, sia rispetto all’eolico che all’energia ondosa. Tale vocazione va preservata e rafforzata nella direzione della transizione energetica verso lo sviluppo del settore delle energie marine rinnovabili». Dunque, secondo il piano del Governo, per quell’area a mare c’è una “vocazione” ad essere trafitta da pale eoliche, per lo sfruttamento, a favore di svizzeri, americani, olandesi, di quel vento impetuoso. Qui, guarda caso, come per un incantesimo, per far spazio all’invasione eolica, spariscono peculiarità ambientali, traffici commerciali, pesca e persino le esercitazioni militari.

Capitano di Vascello

Tra i primi a rispondere al dispaccio di Stato è Mario Valente, il Comandante della Capitaneria di Porto di Cagliari. Non passano nemmeno 48 ore dalla missiva del Ministero delle Infrastrutture che il Capitano di Vascello inoltra la risposta. Non può usare toni allarmistici, capisce dove il Governo vuole “legare” le pale eoliche, ma da uomo di mare non può sottrarsi da un vero e proprio S.O.S. Il rischio è un vero e proprio Far West dove il primo che si sveglia chiede di occupare distese infinite di mare. Lo scrive senza mezze misure: «La rappresentazione grafica di tali impianti evidenzia, a mero parere dello scrivente, la necessità di un’individuazione a monte delle zone da destinare alle centrali eoliche offshore per evitare di compromettere aree di pesca consolidate o rotte di traffici marittimi». Il richiamo dell’uomo di vascello è esplicito: di questo passo si rischia l’anarchia eolica nel mare sardo. E il Comandante della Capitaneria lo ribadisce con fermezza: «Considerato che la pianificazione è finalizzata a prevenire conflitti e ad accrescere le sinergie tra le varie attività marittime, anche al di fuori delle acque territoriali, si ritiene auspicabile, già nella predetta pianificazione, l’individuazione delle aree marittime principalmente fruibili per tale scopo e che meno interagiscano con i trasporti e le attività di pesca». Come dire, per adesso, all’orizzonte del mare sardo, si intravvede solo un vero e proprio Far West eolico.

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