L’infinita telenovela sulle concessioni balneari sarde diventa all’improvviso un thriller. Dopo anni di polemiche, bacchettate dell’Unione europea, rinvii, sentenze e impugnazioni sulla validità e la durata delle assegnazioni demaniali ai titolari di chioschi e stabilimenti, arriva l’ennesima pugnalata a un settore che sperava almeno di sfruttare l’ultima proroga data in tutta Italia fino al 2024 prima di azzerare tutto e mettere a bando i permessi di sfruttamento dei litorali.

Sentenza

A seminare il panico è infatti bastata una sentenza della Cassazione che ha confermato il sequestro di uno stabilimento di Genova, reo di avere una “vecchia” autorizzazione rilasciata dal Comune nel 2008 (prima del Decreto legge del 2009 che ha introdotto le proroghe tacite) e quindi escluso dall’estensione delle concessioni sino al 31 dicembre 2023 sancita lo scorso novembre dal Consiglio di Stato.

Insomma, dalla Liguria i giudici supremi potrebbero aver scavato un solco profondissimo che forse segnerà il destino delle strutture balneari sarde, per la stragrande maggioranza autorizzate prima del 2009, e quindi potenzialmente “fuorilegge”.

Paure e speranza

L’Isola quindi trema. E se tra i titolari c’è chi non nasconde la rabbia per l’ennesima batosta assestata a un comparto che in Sardegna dà lavoro a migliaia di persone; altri preferiscono non fasciarsi la testa prematuramente confidando in un intervento del Governo contro la decisione della Cassazione definita «incomprensibile».

«Non ci aspettavamo di certo una sentenza del genere – ammette Mario Isoni, presidente regionale di Federbalneari –, ma è ovvio che si tratta dell’ultimo di una lunga serie di accanimenti contro un settore che vuole solo lavorare con regole certe che non ci sono. Non ci resta quindi che aspettare il riordino delle concessioni nel 2024, con la speranza che arrivi maggiore chiarezza. Resta infatti un mistero come la Regione, in un solo anno e mezzo, possa gestire migliaia di concessioni con un ufficio che attualmente impiega soltanto tre addetti. Per di più, anche se l’assessorato lavorasse a tempo di record per completare gli iter burocratici, la palla passerebbe ai Comuni per le autorizzazioni finali. Alla fine sarà perciò probabilmente necessaria un’ulteriore proroga anche dopo il 2023».

Attesa

Maria Annunziata Abis, a capo della cooperativa Golfo degli Angeli, che gestisce numerosi stabilimenti sul litorale cagliaritano del Poetto, preferisce aspettare prima di pronunciarsi. «La sentenza sul lido di Genova rappresenta un caso a sé che non necessariamente farà giurisprudenza. Anzi, in più punti la decisione della Cassazione va contro precedenti sentenze. Purtroppo, l'incertezza normativa cui ci ha condannato il Governo, sta generando queste situazioni assurde, non degne di un paese civile».

L’imprenditrice ricorda anche che una buona notizia potrebbe arrivare dal Parlamento al lavoro su un emendamento per dare più garanzie ai titolari delle strutture beneficiarie di concessioni. «Da anni non abbiamo certezze e questo ha di fatto congelato lo sviluppo del settore. Chi mai potrebbe infatti investire in strutture che presto potrebbero passare di mano?».

Claudio Del Giudice, numero uno in Sardegna del Sindacato balneari della Confcommercio, se la prende con la classe politica «che fino a ora non ha avuto il coraggio di prendere di petto il delicato capitolo delle concessioni balneari». «Abbiamo da tempo chiesto di non mettere in un unico calderone tutte le imprese, che hanno esigenze e situazioni diverse tra loro. Ma sarebbe un’impresa titanica e il tempo strige per incassare i fondi del Pnrr. Una fretta della quale alla fine gli unici a pagare le conseguenze sono i concessionari, tutelati in tutta Europa e invece trattatati come privilegiati in Italia».

Luca Mascia

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