"La vita entra in conflitto con qualcosa che vita non è". È con questa frase che si racchiude il senso del saggio di Virginia Woolf, che affronta una tematica importante: le donne e il romanzo.

"Se vuole scrivere romanzi una donna deve avere del denaro e una stanza tutta per sé".

La condizione di povertà letteraria a cui erano esposti gli scritti femminili, viene esaminata dalla Woolf nelle diverse epoche storiche. Si parte dal cinquecento, in cui le donne potevano scrivere solo delle lettere, fino ad Aphra Behn, prima donna che ha ricevuto un compenso economico per i suoi scritti. Tuttavia, si dovrà attendere la fine del settecento, affinché la scrittura al femminile possa divenire una vera e propria attività intellettuale.

Si trattava, però, principalmente di romanzi, nonostante l'impulso originario riguardasse la poesia. Questo perché, come ci fa notare la Woolf, anche le scrittrici più famose non possedevano una stanza tutta per loro, uno spazio esclusivo da dedicare alla scrittura, in quanto costrette a scrivere nel soggiorno comune, dove venivano frequentemente disturbate, motivo per cui erano preclusi i testi che richiedevano maggiore concentrazione, come la poesia: "le donne non hanno mai una mezz'ora di tempo che possono considerare propria".

La copertina del libro
La copertina del libro
La copertina del libro

La Woolf fa emergere come anche Jane Austen fosse costretta a nascondere i suoi manoscritti, coprendoli con un foglio di carta assorbente, per paura che la scrittura risultasse disdicevole agli occhi dei visitatori, poiché l'educazione di una donna doveva riguardare solo la sfera emotiva, le relazioni, l'accudimento. La donna che nasceva col dono della poesia era una donna infelice, in conflitto con se stessa, che desiderava uno spazio tutto per sé, precluso dalle prescrizioni sociali: "A lei il mondo non diceva, come agli uomini: 'scrivi pure, se vuoi, per me non fa alcuna differenza'. Il mondo, sganasciandosi dalle risate le diceva: 'Scrivere? E a che ti serve scrivere?".

La Woolf rimarca come qualsiasi donna, nata nel sedicesimo secolo con il talento per la scrittura, si sarebbe sentita "per metà strega e per metà maga", in quanto contrastata, ostacolata e derisa dagli altri. La donna con quel determinato talento, ci racconta infatti, che era solita nascondersi dietro il nome di un uomo, dissimulando la sua identità nell'anonimato. Per questo motivo, la Woolf enfatizza l'importanza di un atto creativo congiunto, tra uomo e donna, che abbatta le differenze di genere: "Qualunque cosa scritta con quel consapevole pregiudizio è destinata a morire. Non è più fertile. Per quanto brillante ed efficace [...] non può crescere nella mente degli altri. Una qualche forma di collaborazione deve necessariamente aver luogo nella mente, tra la donna e l'uomo, prima che l'arte della creazione possa realizzarsi".

LA PUBBLICAZIONE - "Una stanza tutta per sé" è un saggio di Virginia Woolf, pubblicato da diverse case editrici, edito da Feltrinelli Editore, nel 5 giugno 2013. Tratto da due conferenze tenutesi, nel 1928, per un pubblico di studentesse, questo saggio che celebra l'importanza di uno spazio per sé e di un'autonomia economica, non è lontano dalla realtà odierna delle tante donne a cui questo spazio manca; perché, come nei recenti lockdown, hanno dovuto fare i conti con uno spazio condiviso o perché non hanno l'indipendenza economica, per poter essere libere di scegliere la propria felicità. È un saggio che richiama alla luce anche quelle donne talentuose, divenute l'ombra dei loro partner, in quanto dipendenti da un'idea di amore fusionale che le rende anonime ai loro stessi occhi. Donne disposte a sacrificare la propria felicità per gli altri, che non si mettono mai al primo posto e non si ricavano quella stanza tutta per sé: uno spazio fisico e metaforico, in cui potersi dedicare ai propri hobby o alle passioni, per conoscersi, ritrovarsi o più semplicemente per imparare ad amarsi.

Un'opportunità e uno spazio che le donne dovrebbero destinare solo a se stesse.
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