Il Dna degli antichi abitanti della Sardegna come chiave per ricostruire 6.000 anni di storia: dalle loro relazioni con i Fenici e i Cartaginesi fino agli incontri con i Romani e al periodo medioevale.

Sono i contenuti della ricerca, pubblicata sulla prestigiosa rivista "Nature Communications", condotta fra Italia, Stati Uniti e Germania e coordinata da Francesco Cucca, dell'Università di Sassari e del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr), e John Novembre, dell'università di Chicago.

I ricercatori hanno analizzato il Dna estratto dai resti di 70 individui, conservati in oltre 20 siti archeologici sardi; su questa base hanno ricostruito il periodo che va dal Medio Neolitico, oltre 6.000 anni fa, al Medioevo e li hanno confrontati con i dati genetici della popolazione attuale.

"Sebbene lo studio evidenzi contributi genetici da altre popolazioni a partire da circa 3.000 anni fa, la popolazione sarda è quella che ha più continuità genetica con la popolazione vissuta nello stesso territorio in epoca preistorica, da oltre 6.000 anni", spiega Cucca. Questo, aggiunge, "è un elemento indispensabile per comprendere perché è stata riscontrata una somiglianza tra la popolazione sarda e i resti ossei del Nord Europa risalenti al Neolitico:si deve al fatto che i sardi di oggi sono simili ai loro progenitori, che erano a loro volta simili alle popolazioni vissute in Europa dal Neolitico fino all'Età del bronzo".

(Unioneonline/v.l.)
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