Ci vuole coraggio e incoscienza a buttarsi da un aereo con un paracadute mentre tutto attorno esplodono i colpi della contraerea. Lo stesso coraggio ci vuole a camminare per le vie di una città bombardata incontrando gli occhi terrorizzati dei sopravvissuti alle bombe. Eppure per Robert Capa, nato a Budapest nel 1913 e divenuto cittadino americano, quel coraggio va trovato perché la guerra non può essere documentata da troppo lontano. Se si vuole la foto perfetta bisogna andare il più vicino possibile all’azione.

Capa si è comportato così durante la guerra civile spagnola, quando ha colto con uno scatto divenuto famoso la morte di un miliziano antifranchista. Così intende fare durante il grande conflitto per eliminare dall’Europa la minaccia di Hitler e Mussolini. Nella Seconda guerra mondiale segue come fotografo gli Alleati in Nord Africa, si fa paracadutare in Sicilia e risale l’Italia, a ridosso della linea del fronte. È in Normandia con le prime ondate di sbarco, nella Parigi appena liberata, a Lipsia e nei campi di concentramento. Sono queste le avventure che vedono coinvolto il grande fotografo nel volume per i più giovani "Una giusta distanza” (Einaudi Ragazzi, 2024, pp. 160), scritto a quattro mani da Luca Cognolato e Silvia Del Francia.

L’obiettivo di Capa inquadra la guerra, mettendo a fuoco la sofferenza dei civili, mostrando l’orrore sul volto dei bambini, ritraendo i tedeschi catturati.

Armato solo della sua macchina fotografica, corre gli stessi rischi di quei soldati che forse non torneranno mai a casa. Si immerge nella guerra sempre di più, convinto così facendo che la sua macchina fotografica colga la realtà in tutta la sua complessità. Ripensa a quello che è stato a lungo il suo mantra: «Se le tue foto non sono abbastanza buone, non sei abbastanza vicino».

La copertina del libro
La copertina del libro
La copertina del libro

Lentamente quelle parole gli sembrano una spacconata, l’entusiasmo incosciente di un giovane che ha scambiato la guerra per un’avventura. Da vicino si colgono i dettagli, ma sfugge il quadro d’insieme, si racconta solo una parte della verità, una porzione troppo minima per essere la realtà con tutte le sue sfaccettature.

Cognolato e Del Francia ci raccontano allora la scoperta della giusta distanza, quella che non banalizza i fatti, non li sensazionalizza. Quella distanza che Robert Capa trova lasciando un poco da parte le sue ambizioni di fotografo e mettendo la sua umanità, la sua sensibilità al servizio della macchina fotografica.

Comincia allora a fotografare non più soggetti, paesaggi ed eserciti, ma donne, uomini, bambini e anziani, esistenze ridotte in rovina oppure cariche di speranza nonostante la guerra.

Arriverà anche a smettere di scattare nei lager tedeschi, consapevole che a volte la giusta distanza è semplicemente impossibile e rimane solo il silenzio e magari una preghiera.

© Riproduzione riservata