Spettacolo dal vivo, sette Regioni contro il Ministero: «Scelte opache, colpiti innovazione e pluralismo»
Chiedono l’azzeramento delle commissioni e un confronto reale: «Il sistema è in crisi, servono trasparenza e partecipazione»Per restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Il mondo dello spettacolo dal vivo italiano è in fermento. Dopo la pubblicazione dei nuovi decreti di assegnazione del Fondo Nazionale per lo Spettacolo dal Vivo, sette Regioni – Campania, Emilia-Romagna, Puglia, Sardegna, Toscana, Umbria e Valle d’Aosta – lanciano un appello urgente: «Serve un confronto vero tra Ministero e territori, prima che sia troppo tardi».
Il grido d’allarme arriva da un fronte istituzionale compatto che denuncia un cambio di paradigma pericoloso nella gestione dei fondi pubblici destinati al settore.
Secondo gli assessori alla Cultura firmatari del documento, le nuove regole introdotte dal Decreto Ministeriale 463 del dicembre 2024 premiano logiche di mercato e penalizzano la sperimentazione artistica, l’inclusione e la funzione sociale della cultura.
In altre parole: innovazione e rischio vengono messi da parte, a vantaggio del solo calcolo di biglietti venduti e incassi.
Le conseguenze sono già visibili. Decine di compagnie, festival e centri di produzione si ritrovano esclusi dai finanziamenti o gravemente ridimensionati. Tra i casi più eclatanti: il Santarcangelo dei Teatri che si vede dimezzato il punteggio di valutazione, il Fuorimargine di Cagliari retrocesso da centro di produzione a festival, la Sardegna Teatro privata della rassegna danza, il Teatro della Toscana declassato da Teatro Nazionale a Tric. E poi festival storici come Inequilibrio, Umbria Factory, BIG di Bari, tutti fortemente penalizzati o completamente esclusi.
Il rischio, avvertono gli assessori, è la paralisi: spettacoli annullati, compagnie costrette a fermarsi, centinaia di lavoratori culturali senza prospettiva.
Ad aggravare la situazione, le dimissioni di tre membri delle commissioni consultive – in rappresentanza di Anci, Upi e Conferenza delle Regioni – che denunciano l’assenza di una reale condivisione nelle scelte e l’esclusione delle istituzioni locali dai processi decisionali.
«Una crisi di legittimità e di rappresentanza – scrivono – che mina alla radice l’equilibrio tra valutazione tecnica, equità e co-responsabilità».
Particolarmente dura la posizione della Sardegna, che vede esclusi sei progetti di danza su nove dal triennio 2025-2027.
L’assessora regionale alla Cultura, Ilaria Portas, non nasconde l’amarezza: «È un attacco diretto al nostro comparto. Non comprendiamo le ragioni di queste decisioni che colpiscono il 60% delle nostre progettualità e mettono a rischio continuità lavorativa e diritti dei professionisti. Alziamo il livello del confronto e difendiamo insieme il futuro della cultura».
Le Regioni chiedono a gran voce l’azzeramento delle attuali commissioni ministeriali, ritenute sbilanciate e poco rappresentative, e l’apertura di un tavolo di confronto istituzionale per ridefinire in modo partecipato i criteri di valutazione. «Solo così – concludono – si potrà ricostruire fiducia e garantire un futuro solido e pluralista allo spettacolo dal vivo italiano».